13.10.10

Piero Angela e le questioni energetiche

Un'intervista a Piero Angela apparsa recentemente su L'Unione Sarda offre al consigliere regionale del WWF Abruzzo, Piero Angelini, l'occasione per qualche considerazione sul ritorno al nucleare in Italia.
Sull’Unione Sarda è stata pubblicata un’intervista a Piero Angela sul tema dell’energia in generale e dell’atomo in particolare. Angela risponde da giornalista e da uomo di scienza: con imparzialità ed oggettività, elementi con cui innegabilmente ha sempre svolto il proprio lavoro, al punto da farne un marchio di fabbrica. D’altronde, il suo è uno stile conosciuto e riconosciuto un po’ da tutti, anche per la dote dell’equilibrio. E con il medesimo equilibrio si esprime sulla possibilità che l’Italia torni all’energia nucleare.
Eppure una serie di aspetti non mi convincono come qui proverò a dimostrare.
Angela parte dalla premessa che esiste una ineludibile necessità di energia che poteva essere affrontata (almeno parzialmente) prima e meglio, coibentando le case, adottando il risparmio energetico e migliorando l’efficienza, dalle linee di trasmissione fino agli stessi elettrodomestici.
Tutti propositi che si possono realizzare, ma che, secondo il conduttore di Superquark, non sono in grado di risolvere il problema generale: serve più energia, perché non si tratta solo di far avere corrente a tutti e non rischiare dei blackout, ma di avere abbastanza energia da non rallentare lo sviluppo industriale e di averne abbastanza da abbassare i costi per tutti, privati e imprese.
In realtà, a mio avviso, non serve più energia, perché il problema è il tipo di energia cui attingere. Il Paese comunque non è a rischio blackout. Il mancato (o meglio rallentato) sviluppo non è dipeso dalla disponibilità di energia a “basso costo” e l’energia non ha mai inficiato le potenzialità del Paese in gran parte espresse in anni non lontani. L’energia è sicuramente uno dei fattori della produzione, ma non è mai stato il principale. In fatto di competitività incide in termini molto relativi, ora più che in passato visto che da tempo sono scomparse, o fortemente ridotte, le grandi industrie energivore (acciaierie, chimica di base ecc.).
Angela continua sostenendo che se le aziende non reggono la competizione internazionale devono delocalizzare. E questo ha evidenti ripercussioni occupazionali.
In realtà la delocalizzazione delle fabbriche è avvenuta per ben altri motivi: la possibilità di sfruttare la manodopera a basso costo e con minore o nessuna tutela.
Secondo Piero Angela il nucleare è la scelta migliore rispetto alle altre perché ha il vantaggio di non essere inquinante: niente CO2. Inoltre permetterebbe all’Italia di affrancarsi dalla dipendenza di altri Paesi produttori di materie prime di cui non disponiamo.
Ma a ben vedere nel conto della CO2 non si tiene conto di quella spesa per le attività estrattive dell’uranio, del riprocessamento, delle decommissioning, della costruzione dei siti per lo stoccaggio delle scorie ed il loro monitoraggio…
Quanto alle materie prime, è noto che l’Italia non dispone di uranio che dovrà essere acquistato all’estero, in un mercato polarizzato al rialzo con l’aumento della domanda in fieri e la scarsità della risorsa.
Piero Angela dice poi che attorno all’atomo esistono pregiudizi ancora legati al terrore post Chernobyl, giustificati, ma da superare.
Su questo si dovrebbe ammettere che il “pregiudizio” viene alimentato dai rischi che tuttora permangono sulla sicurezza e la mancanza di trasparenza.
Nell’intervista Angela si esprime anche a favore di altre fonti, come l’eolico, sostenendo però che queste possono essere solo una parte della soluzione.
Poi lancia una provocazione: impianti di media e piccola taglia. Ma tali impianti risolvono i problemi locali, di media e piccola taglia. Il problema generale, e industriale, rimane.
Gli impianti di piccola e media taglia risolvono i presupposti a base delle “smart-grid”, una gloria italiana con la quale si rivoluziona in maniera copernicana il modo di produrre e di utilizzo dell’energia. Non più il “modello lineare” vigente (centro produttivo e collegamento rigido unidirezionale con l’utilizzatore), ma lo scambio continuo fra produzione e utilizzazione, attraverso la rete a maglia decentrata polidirezionale (omopolare). Quindi:
rete molto corta, fra produzione-utilizzo con il dimensionamento dei conduttori proporzionalmente molto ridotto;
migliore stabilità della tensione;
recupero “dell’intasamento dei KW sulla rete autostradale dell’energia”, quella a 220-380 KV, prodotta e/o importata, con recupero delle disponibilità di rete.
Si riducono così drasticamente le distanze attuali da coprire con il trasporto “massivo” fatto con le “autostrade” ad alta ed altissima tensione, tese da un capo all’altro del Paese, per allacciare i poli delle attuali, mastodontiche produzioni, da Nord a Sud. Con forte riduzione dei costi di trasporto (minori perdite per gli effetti Jaule, Corona e pellicolare) e dei costi di trasformazione, per elevazione da media ad alta tensione in prossimità del polo produttivo e abbassamento da alta a media tensione una volta giunti nel posto di utilizzo con la vigente distribuzione.
Per risolvere il problema generale, quindi, occorrono si grandi centrali ma che producano molto e che inquinino poco o pochissimo. Ben vengano quindi, anche secondo Piero Angela, tutte le soluzioni possibili.
Ricordo a me stesso e a comunicatori del livello di Angela, dal piccolo al grande, l’onere che si ha quando si fa informazione, specie in una materia delicata e complessa quale l’energia per il Paese, passata improvvisamente alla ribalta, a causa degli interessi coinvolti, dei costi ecc. con la indesiderabile e aprioristica divisione tra i pro e i contro il nucleare. Importante invece, secondo me, conservare il distaccato ed indipendente punto di vista. Adoperandosi, infine, per chiarire tutte le possibilità che il Paese ha di fronte a tali impegnative scelte. Indicare anche alternative molto promettenti quali il solare termodinamico o a concentrazione, che dà energia anche di notte o col nuvoloso. Nel campo, al di là del piccolo impianto sperimentale di Priolo, in Sicilia, il Paese rispetto ad altri in Europa e nel mondo è in coda.
Da ultimo, una personale consolazione, molto prima della fusione nucleare, sarà tramontata l’epoca degli impianti termoelettrici mastodontici attuali o ipotizzati con la così detta “Rinascita nucleare”.