28.10.14

Salvaguardiamo i corsi d'acqua dall'eccessivo sfruttamento idroelettrico

L'eccessivo sfruttamento dei corsi d'acqua per scopi idroelettrici è un problema che noi teramani conosciamo fin troppo bene. Basti pensare al Fiume Vomano.
Ma non è un problema solo nostro!
Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti: è questa, purtroppo, la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese.
A soffrire non sono solo quelli principali, ma soprattutto i torrenti e rii di montagna con sempre meno corsi d’acqua alpini che mantengono ancora condizioni di naturalità elevata - cioè non perturbati da derivazioni, da alterazioni morfologiche significative e da immissione di inquinanti - mentre i restanti corpi idrici sono in gran maggioranza sfruttati da derivazioni a scopo idroelettrico e/o irriguo. Situazione che si verifica anche lungo l’arco appenninico e nel resto del territorio italiano, dove il livello di sfruttamento delle acque superficiali e la pressione sui corpi idrici sta rapidamente aumentando, al contrario di quanto richiederebbero gli obiettivi delle direttive europee.
Questo il presupposto che ha portato oltre cento tra associazioni e comitati a firmare l’Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico promosso dal CIRF, Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, presentato ieri mattina alla Camera dei Deputati insieme ai rappresentanti di WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato Bellunese Acqua Bene Comune.
In Italia sono oltre 3.000 le centrali idroelettriche esistenti e se oggi l'unica prospettiva di realizzazione di nuovi impianti viene da impianti di piccola taglia, sono rilevanti i problemi aperti nel territorio italiano. Gli incentivi per gli impianti idroelettrici non distinguono tra impianti che danneggiano i fiumi e gli ecosistemi e quelli invece integrati e che rispondono a criteri seri di sostenibilità. Inoltre l'assenza di regole efficaci di tutela dei bacini idrografici e dei deflussi idrici ha portato a una vera e propria corsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud. Sempre più spesso poi le domande di concessione di derivazione per scopo idroelettrico insistono in Parchi o in aree Natura 2000 (SIC o ZPS), in biotopi, o comunque in contesti ambientali e paesaggistici di particolare pregio e fragilità.
A denunciare i rischi di questo scenario non sono solo comitati e associazioni ambientaliste, come dimostra la procedura EU Pilot 6011/14/ENVI avviata da parte della Commissione europea nei confronti del Governo Nazionale per verificare la corretta applicazione della Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e della Direttiva “VIA” 2011/92/UE, per i bacini dei fiumi Tagliamento, Oglio e Piave. Infine, il nostro Paese è fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici dettati dalla direttiva europea 2000/60, da raggiungere entro il 2015 e la normativa nazionale sulla gestione delle acque non è ancora adeguata a tutelare compiutamente le esigenze plurime che i corsi d’acqua soddisfano (nei confronti degli ambienti umani e dell’ecosistema: non solo produzione di energia ma anche altri servizi ecosistemici quali la biodiversità, l’autodepurazione, la ricarica delle falde, il ripascimento dei litorali, lo spazio ricreativo, il turismo), ad oggi insufficientemente tenuti in considerazione nella pianificazione e gestione dei bacini fluviali.
L'energia idroelettrica svolge un ruolo importante nella produzione da fonti rinnovabili nel nostro Paese nella direzione della riduzione delle emissioni di CO2, ma oggi occorre cambiare completamente il sistema degli incentivi e le regole per valutare l'impatto degli impianti idroelettrici per garantire la tutela dei fiumi, degli ecosistemi e della biodiversità, come oggi purtroppo non avviene per una risorsa preziosissima come l'acqua.
I soggetti firmatari, estremamente preoccupati per questa situazione, avanzano al Governo, al Parlamento e alle Regioni una serie di richieste urgenti:
  • immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali; una revisione degli strumenti di incentivo da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela dei corsi d’acqua;
  • apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle centrali idroelettriche esistenti e minimizzare quello di eventuali nuovi impianti;
  • i Piani di Gestione dei distretti idrografici prevedano programmi di misure tesi alla riqualificazione dei corsi d’acqua e, più in generale, del bene comune acqua;
  • venga attuato un processo rigoroso di valutazione dell’impatto ambientale, e che si considerino in modo esplicito gli impatti cumulativi dei progetti che incidono su uno stesso bacino imbrifero;
  • venga superato il concetto attuale di DMV (Deflusso Minimo Vitale) a favore di quello di deflusso ecologico e cioè di una regola di rilascio che sia realmente in grado di garantire il mantenimento degli obiettivi di qualità ecologica di un corpo idrico e dei servizi eco sistemici da questi supportati;
  • venga garantito il rispetto dei deflussi rilasciati in alveo e l’esecuzione delle misure di mitigazione, attraverso l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla legge.
L’appello contiene richieste precise anche perché venga messo in discussione l’articolato normativo secondo il quale le opere per la realizzazione degli impianti idroelettrici, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti; che si tenga conto dell’Articolo 9 della Costituzione, e soprattutto del recente pronunciamento del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2222), che ribadisce come il “paesaggio” sia bene primario e assoluto e che la sua tutela sia quindi prevalente su qualsiasi altro interesse giuridicamente rilevante, sia di carattere pubblico che privato.
Infine, tutto questo non può prescindere da una politica della montagna, a partire dall’arco alpino, più attenta alle tematiche fluviali. Per questo le associazioni chiudono l’appello chiedendo che all’interno del confronto che vede protagonisti l’Unione Europea e lo Stato Italiano nella proposta e attuazione della Macroregione Alpina, si preveda un capitolo di impegno comunitario che salvaguardi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo i corsi d’acqua, costruendo un reale ponte solidaristico fra le esigenze delle popolazioni metropolitane e quelle che vivono stabilmente nelle realtà montane.

Non svendiamo il nostro territorio!

 
Le principali associazioni ambientaliste, WWF, Legambiente e Greenpeace, e l'assessore all'ambiente della Regione Abruzzo, Mario Mazzocca, si sono ritrovati insieme ieri per spiegare le ragioni del "no" all'articolo 38 del decreto Sblocca Italia.
Nella prestigiosa Sala dei Marmi della Provincia di Pescara tutti hanno ribadito a gran voce la loro contrarietà al decreto che potrebbe dare carta bianca agli appetiti dei petrolieri, trasformando l'Italia in una colonia per le trivelle.
Tra gli interventi, quello del vice presidente nazionale di Legambiente, Edoardo Zanchini, del delegato regionale del WWF, Luciano DI Tizio, del direttore delle campagne di Greenpeace, Alessandro Giannì.
A sottolineare la contrarietà all'articolo 38 anche il parlamentare Gianni Melilla e l'assessore regionale all'ambiente, Mario Mazzocca, che ha sottolineato il suo pieno impegno per evitare che l'Abruzzo, regione verde d'Europa, possa essere messa a rischio a causa delle trivellazioni. "Non ci attende una battaglia facile - ha detto - ma noi come Regione combatteremo fino in fondo per vincere questa difficile sfida".
Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia - dopo il voto di fiducia del 23 ottobre a Montecitorio e in attesa del voto finale del 30 - hanno quindi rilanciato la loro iniziativa apprestandosi a chiedere al Senato l’abrogazione dell’art. 38 del decreto 133/2014, appellandosi alle Regioni perché, qualora sia invece approvato, lo impugnino davanti alla Corte Costituzionale ed amplificando la mobilitazione esistente sul territorio, che si oppone alla forzatura dirigistica per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessione uniche per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi voluta dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Al programma di iniziative promosse degli ambientalisti aderiscono sindaci, rappresentanti delle giunte e dei consigli regionali, parlamentari locali, rappresentanti delle Camere di Commercio che, dopo aver garantito la propria presenza a bordo della Rainbow Warrior ai due incontri siciliani di Licata (il 12 ottobre) e di Siracusa (il 17), sono intervenuti ieri alle iniziative pubbliche convocate dagli ambientalisti oltre che a Pescara anche a Bari e Potenza.
In tutte le regioni interessate dalla mobilitazione di questi giorni (come anche nella Sardegna Nord Occidentale e nel Canale di Sicilia) sono l’ENI e le compagnie straniere - come la Northern Petroleum, la Petroceltic, la Global Petroleum, la Spectrum geo limited, la Geo Service Asia Pacific - a farla da padrone a mare, mentre a terra il dominio del’ENI è incontrastato nel nostro Paese, grazie a royalties che sono in Italia da 2 a 8 volte più basse che nel resto del mondo e a canoni di concessione ridicoli. Condizioni di favore per i petrolieri che consentono di mettere a rischio in Puglia zone costiere protette come Torre Guaceto o aree marine protette come le Tremiti; di porre sotto la servitù petrolifera su tre quarti territorio della Basilicata e di tenere in ostaggio il parco nazionale dell’Appennino lucano Val D’Agri, e di minacciare l’istituendo parco nazionale della Costa Teatina, con lo scellerato progetto della piattaforma e nave di stoccaggio galleggiante di Ombrina Mare. 
La Basilicata è la regione che subisce i maggiori impatti delle attività petrolifere a terra, dove dalle 3 concessioni petrolifere attive (a Gorgoglione, a Serra Pizzuta e in particolare, in Val d’Agri) proviene oltre il 70% del petrolio estratto in Italia. Le aree in concessione per l’estrazione di petrolio a terra occupano una superficie di circa mille chilometri quadrati, ma l’area ipotecata alle attività petrolifere potrebbe aumentare nei prossimi anni, se andassero in porto tutte le richieste, arrivando a coprire 2800 kmq circa. A preoccupare ci sono anche i 29.200 kmq dei mari italiani messi sotto scacco dalle compagnie petrolifere. Il Mar Adriatico ha 11.944 kmq interessati da 2 istanze di concessione, 17 istanze di ricerca e 7 permessi già rilasciati per l’esplorazione dei fondali marini. Il Mar Ionio vede 10.311 kmq per 16 richieste di ricerca, 1 di coltivazione e 1 permesso di ricerca già attivo. Il Canale di Sicilia ha infine 6.954 kmq interessati da 3 richieste di concessione, 10 istanze di ricerca e 5 permessi di ricerca già rilasciati.
Il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale dell’operazione caldeggiata irresponsabilmente dal Ministero dello Sviluppo Economico è assolutamente perdente per il Paese, quando si pensi che l’inquinamento sistematico e il rischio di incidente mettono a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi.
Ed è proprio sul lato dei costi per la comunità nazionale che i conti continuano a non tornare, sottolineano gli ambientalisti, che comunque valutano come la mobilitazione di queste due settimane abbia indotto la Commissione Ambiente della Camera dei deputati a introdurre prime, timide correzioni, a conferma della fondatezza delle tesi sostenute dagli ambientalisti. La Commissione ha corretto il testo dell’art. 38 del decreto Sblocca Italia presentato dal Governo riconoscendo, almeno:
a) la necessità di fare un piano delle aree in cui consentire le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi;
b) ricorrere alla procedura Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) ordinaria, derivante dal Codice Ambiente, più garantista per cittadini e enti locali, nel valutare progetti e interventi di quella derivante dal Codice Appalti;
c) verificare, prima di rilasciare le autorizzazioni, che gli operatori dimostrino, con idonee fideiussioni bancarie e assicurative, la propria capacità tecnica e finanziaria per far fronte alle operazioni di recupero ambientale.
Ma queste prime limitate modifiche introdotte alla Camera non cambiano la portata negativa delle disposizioni dell’attuale dell’art. 38 del decreto legge n. 133/2014 che il Senato dovrà correggere. Disposizioni che, ricordano Greenpeace Italia, Legambiente e WWF:
1) consentono di applicare le procedure semplificate e accelerate sulle infrastrutture strategiche ad una intera categoria di interventi, senza che vengano individuate le priorità e senza che venga chiarito se il “piano delle aree”, come previsto dalle leggi vigenti, si applichi la Valutazione Ambientale Strategica;
2) trasferiscono d’autorità nel marzo 2015 le procedure di VIA sulle attività a terra dalle Regioni al Ministero dell’Ambiente;
3) compiono una forzatura rispetto alle competenze concorrenti tra Stato e Regioni, cui al vigente Titolo V della Costituzione, non prevedendo che sono necessarie “intese forti” con le Regioni;
4) prevedono una concessione unica per ricerca e coltivazione, in contrasto con la distinzione comunitaria tra le autorizzazioni per prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi;
5) trasformano forzosamente gli studi del Ministero dell’Ambiente sul rischio subsidenza in Alto Adriatico, derivante dalle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, in “progetti sperimentali di coltivazione”;
6) costituiscono una distorsione rispetto alla tutela estesa dell’ambiente e della biodiversità, rispetto a quanto disposto dalla Direttiva Offshore 2013/30/UE e dalla nuova Direttiva 2014/52/UE sulla Valutazione di Impatto Ambientale.

24.10.14

Pescara 27 ottobre: le ragioni del nostro no alla petrolizzazione


Lunedì 27 ottobre, alle ore 10, presso la sala dei Marmi della Provincia di Pescara, WWF, Greenpeace e Legambiente si confrontano con la Regione Abruzzo sui pericoli dell'art. 38 del Decreto Sblocca Italia che favorisce le ricerche e le estrazioni petrolifere.
Siamo ormai al momento delle scelte: non partecipare ora, vuol dire accettare domani tutto quello che qualcun altro deciderà per noi e per il nostro territorio. 

Domenica 26 ottobre a Canzano

Domenica 26 ottobre il WWF Teramo e l’Associazione “Canzano in Transizione”, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, organizzano la manifestazione “Puliamo insieme il bosco di Canzano”.
Con il coinvolgimento di cittadini e volontari, restituiremo alla comunità canzanese lo spazio verde pubblico sottostante il centro storico. Una giornata di volontariato aperta a tutti a tutti per collaborare insieme al recupero ed alla valorizzazione di un bene comune.
L’appuntamento è fissato alle ore 9:30 davanti all’ex-sala prove musicali lungo il perimetro delle mura nella zona retrostante il Comune.
Alle ore 13, al termine dei lavori di pulizia, ci sarà un pranzo in comune.

23.10.14

Fenicotteri e rifiuti alla Foce del Fiume Vomano

 
 
È proprio il caso di dire che un fiume di rifiuti invade ormai l’alveo della foce del fiume Vomano.
Nella scorsa primavera, a seguito di una segnalazione del WWF, furono rimossi dal Comune di Roseto un'enorme quantità di rifiuti a poche centinaia di metri dalla foce del Vomano che ricordiamo essere anche un'oasi di protezione della fauna istituita dalla Provincia di Teramo.
Tutta l’area, dalla zona coincidente con il porticciolo fino al ponte sulla S.S.16, versa in un totale stato di abbandono ed è utilizzata come discarica da singoli cittadini ed imprese in barba ad ogni buona norma di senso civico ed in disprezzo delle leggi.
Il fenomeno è ricorrente e comporta per la pubblica amministrazione – e quindi per tutti noi cittadini che paghiamo le tasse – un dispendio di ingenti risorse finanziarie per rimuovere i rifiuti che vengono lì accumulati.
Il WWF torna quindi a suggerire alcune soluzioni agli Enti competenti che potrebbero finalmente eliminare o almeno ridurre il problema:
  • realizzazione di un terrapieno a ridosso della strada lasciando solo lo spazio per il passaggio delle macchine, al fine di non permettere la sosta e quindi lo scarico, di malintenzionati;
  • chiudere la strada con una sbarra, visto che la stessa, attraversando un’arcata del ponte ferroviario fa parte chiaramente dell’alveo del Vomano che in caso di piena potrebbe essere inondata dalle acque fluviali;
  • posizionare delle videocamere per individuare i responsabili degli scarichi;
  • riqualificare tutta l’area, considerando che si tratta di un sito di grande interesse naturalistico per l’enorme quantità di avifauna di passo e nidificante presente (circa 150 specie segnalate nel corso degli ultimi anni: Spatole, Aironi, Garzette e non da ultimo il Fenicottero rosa). La Foce del Fiume Vomano potrebbe diventare un volano turistico ed un biglietto da visita per i tanti turisti italiani e stranieri che utilizzano la ciclovia adriatica.

20.10.14

Puliamo insieme il Bosco di Canzano

 
Domenica 26 ottobre, il WWF Teramo e l'Associazione "Canzano in Transizione" organizzano la pulizia di un antico sentiero nel bosco da restituire alla collettività.
Siete tutti invitati a dare una mano!

18.10.14

Il WWF parte civile nel processo di Bussi: Accertare le responsabilità e restituire sicurezza ai cittadini


“Da quando esiste l’uomo è reato avvelenare le acque; la verità di questo processo è semplice: per i soldi, la classe dirigente di uno dei gruppi industriali più importanti del nostro Paese, ha avvelenato l’acqua destinata al consumo alimentare di oltre 700.000 persone e noi siamo qui affinché si dia Giustizia al nostro territorio”, sono state queste le parole iniziali di Tommaso Navarra, avvocato del WWF Italia, nell'arringa finale delle parti civili nel processo di Bussi.
L’Avv. Navarra ha fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 439 del codice penale (avvelenamento delle acque), richiamando i principi costituzionali richiamati nell’art. 2 (sui diritti inviolabili dell’uomo sia come persona sia nelle formazioni sociali in cui si esplica la propria personalità") e nell’art. 32 (diritto alla salute) della Costituzione Italiana e sottolineando il contributo decisivo dato dal WWF all’accertamento dei fatti attraverso la propria continua attività di denuncia e di analisi delle acque ben prima dell’intervento delle Pubbliche Autorità.
Commentano Luciano di Tizio, delegato regionale Abruzzo del WWF, e Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia: “è stata proprio la nostra Associazione, nel 2007, a rendere per prima di dominio pubblico la notizia della presenza di contaminanti nell’acqua potabile e le nostre denunce hanno avuto un peso determinante nella vicenda. Ci sembra opportuno ricordare che il WWF organizzò e pagò le analisi che confermarono, dopo le prime inascoltate segnalazioni del prof. Fausto Croce, una situazione disastrosa già ben nota da alcuni anni a chi avrebbe dovuto vigilare, ma che veniva assurdamente tenuta nascosta ai cittadini, condannati a bere acque contaminate senza neppure saperlo. Per quelle pubbliche segnalazioni venimmo accusati di procurato allarme, anche con un esposto alla magistratura firmato da chi oggi è sotto inchiesta in un altro processo satellite. Il processo di Bussi, al di là di quelle che saranno le decisioni dei giudici, ha quantomeno ristabilito la verità dei fatti e questo, dopo anni di attesa, è già un importante passo in avanti anche se non ci stancheremo mai di ripetere che la vera e completa giustizia ci sarà solo con una bonifica che restituisca, a spese di chi ha inquinato, un territorio sano agli abruzzesi”.
L’Avv. Tommaso Navarra in conclusione del suo intervento, alzando un bicchiere d’acqua e ricordando le battaglie giudiziarie già vinte a tutela delle acque del Gran Sasso d’Italia, ha chiesto solo che per gli abruzzesi “possa tornare ad essere privo di qualsivoglia preoccupazione un gesto naturale e vitale quale quello del bere l’acqua del proprio territorio”. 
Dalla prossima e per almeno sei udienze consecutive la parola passerà agli avvocati della difesa.
La sentenza è attesa entro la fine dell’anno.

Micro discarica abusiva nel Comune di Roseto degli Abruzzi

 


Il WWF Teramo, nei giorni scorsi ha segnalato al Comune di Roseto degli Abruzzi una discarica lungo la strada provinciale 22, immediatamente sotto il ponte dell'Autostrada A14.
Già in passato l'area era stata oggetto di abbandono di rifiuti ed era stata ripulita.
Se non si metterà una sbarra per chiudere l'accesso o una telecamera per riprendere i responsabili, il problema tornerà a ripetersi.

Con lo Sblocca Italia, trivelle in vista

Pericolo trivelle, in Italia come in Abruzzo.
Il Governo Renzi, con le disposizioni contenute nell’art. 38 del decreto legge Sblocca Italia, favorisce la nuova colonizzazione del nostro territorio e dei nostri mari da parte dell’industria petrolifera, invece di difendere l’interesse pubblico ad uno sviluppo economico sostenibile. Vengono ampliate le servitù petrolifere in Basilicata a 3/4 del suo territorio, viene superato il divieto in Alto Adriatico, vengono favorite le attività nel canale di Sicilia, si mette a rischio anche il Nord Ovest della Sardegna.
WWF, Greenpeace e Legambiente reagiscono rilanciando, approfondendo le loro critiche al provvedimento e dando il via ad un Programma di iniziative nei punti caldi della Penisola, anche per la mobilitazione di massa di cittadini, categorie economico-sociali, rappresentanti degli enti locali e dei parlamentari. Il programma ha avuto il via il 12 ottobre a Licata (Agrigento) a bordo della “Rainbow Warrior” ed il 17 a Siracusa mentre altri appuntamenti sono previsti nei prossimi giorni il a Pescara, Bari, e Potenza.
Gli ambientalisti hanno aperto un confronto con i parlamentari delle Commissioni Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato ed hanno presentato il loro Programma in occasione di una conferenza stampa svoltasi il 15 ottobre nella Sala Stampa di Montecitorio, introdotta dalle relazioni di Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, Stefano Lenzi, responsabile dell’Ufficio relazioni istituzionali del WWF Italia, e Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente nazionale. All’incontro è intervenuto anche il costituzionalista Enzo Di Salvatore, esponente del movimento “No Triv”.
Le tre associazioni ambientaliste osservano che l’art. 38 del decreto legge n. 133/2014 è nel solco di una strategia del Ministero dello Sviluppo Economico che tende a favorire gli interessi dei petrolieri sin dal 2010, quando ci fu la modifica del Codice dell’Ambiente (con l’art. 2 del decreto legislativo 128/2010) sull'interdizione alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi in una fascia di 12 miglia dal perimetro esterno delle aree naturali protette marine e costiere, e cerca di scardinare qualsiasi norma prudenziale, prima con l’apertura delle attività nel Golfo di Taranto, già nel 2011, poi con la sanatoria delle “procedure in corso” al giugno 2010 seppur localizzate nelle aree interdette (contenuta nell’art. 35 del “decreto sviluppo” n. 83 del 2012), e ancora con l’individuazione di una nuova area di sfruttamento, grande quanto la Corsica, tra la Sardegna e le Baleari (con il Decreto Ministeriale del 9/8/2013). 
Ma il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale di questo approccio è assolutamente perdente quando si pensi che l’inquinamento sistematico e il rischio di incidente mettono a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi. 
Gli ambientalisti hanno chiesto l’abrogazione dell’art. 38 dello Sblocca Italia e approfondiscono la loro critica, focalizzando la su alcuni aspetti del decreto.
Emarginazione delle Regioni e degli enti locali. Al contrario di quanto esplicitamente stabilito dalla giurisprudenza, in particolare dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 383/2005, si cerca di bypassare l’obbligo di “intese forti” con le Regioni, scippando oltretutto le procedure di Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) sulle attività a terra di loro competenza. Gli enti locali vengono totalmente ignorati, arretrando anche rispetto alle disposizioni dell’art. 35 del decreto legge 83/2012 che stabiliva comunque che fossero acquisito, in sede di VIA, il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree protette marine e costiere. 
Tutto è “strategico”: mano libera ai privati. Nel decreto si stabilisce che indistintamente un’intera categoria di attività di prospezione, ricerca coltivazioni di idrocarburi e stoccaggio nel sottosuolo rientrano nelle procedure accelerate e semplificate derivanti dalla legge Obiettivo che consentono, contro ogni principio precauzionale, di dare la compatibilità ambientale in appena 60 giorni anche a progetti molto impattanti e tecnologicamente delicati. Ma la corsia preferenziale viene accordata normalmente solo alle opere individuate nel Programma delle infrastrutture strategiche, mentre la norma contenuta nello Sblocca Italia dà carta bianca a tutti gli appetiti dei privati senza alcuna indicazione di priorità. 
L’Alto Adriatico non è più offlimits. Pur di riprendere le attività di produzione interrotte nel 2002 per la delicatissima situazione geologica dell’Alto Adriatico vengono avviati forzosamente, con arroganza orwelliana, “progetti sperimentali di coltivazione”, sui cui il Ministero dello Sviluppo Economico vuole dire la sua, invece di concludere gli studi necessari per verificare il grave pericolo di subsidenza (nel litorale ravennate è stato registrato recentemente un abbassamento pari a 20 mm/anno) nel quadrante tra il parallelo che passa per la foce del fiume Tagliamento e per la foce del ramo di Goro del fiume Po. Studi che dovevano essere condotti sotto la regia del Ministero dell’Ambiente (secondo quanto stabilito dalla legge 179/2002 che dettava disposizioni in materia ambientale). Non solo, la norma è scritta così male che potrebbe anche favorire forzature in altre parti del Paese.

Caprioli in pericolo

Raccogliendo le indicazioni di alcuni cittadini, nei giorni scorsi il WWF Teramo ha segnalato alle Guardie Ecologiche della Provincia ed al Corpo Forestale dello Stato la presenza di alcuni esemplari di capriolo in un'area ben definita del territorio della provincia di Teramo (che non indichiamo qui per ovvie ragioni).
Il capriolo, pur non essendo cacciabile in Abruzzo, è una specie frequentemente oggetto di bracconaggio. 
Il WWF ha quindi chiesto una particolare vigilanza nell'area.

14.10.14

Nasce la Coalizione per la prevenzione del rischio idrogeologico

Genova e la Liguria ancora una volta hanno subito i devastanti effetti dell’ennesima tragedia causata dal rischio idrogeologico.
Piogge intense che si sono riversate su un territorio fragile hanno causato l'esondazione di corsi d'acqua, frane, allagamenti e purtroppo ancora una volta vittime. Episodi che si verificano continuamente nel corso di tutto l’anno sull’intero territorio nazionale che non possono essere più tollerati e richiedono una risposta immediata ed efficace, senza continuare ad affrontare la questione sempre e soltanto dopo dichiarazioni di stato di emergenza.
Per questo le principali associazioni ambientaliste e di categoria, i Consigli nazionali degli ordini professionali e le associazioni imprenditoriali di settore, i Sindaci ed il mondo dei tecnici e della ricerca che avevano già intrapreso, dal 2013, un percorso comune per rispondere in maniera efficace alle ripetute emergenze, hanno deciso di costituire la Coalizione per la prevenzione del rischio idrogeologico.
Un organismo straordinario che vede la partecipazione di tanti soggetti competenti in materia di acque e difesa del suolo, con ruoli e compiti diversi, ma con l'obiettivo comune di condividere l’urgenza e l’importanza di azioni efficaci per la prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico nel nostro Paese.
“L’obiettivo principale della Coalizione è quello di riportare tra le priorità politiche del nostro Paese una strategia generale di governo del territorio e delle acque e un’efficace politica di adattamento ai cambiamenti climatici per la mitigazione del rischio da frane e alluvioni, facendo rientrare le misure e gli interventi da mettere in atto nella logica multidisciplinare e sistemica della pianificazione di bacino, coerentemente con quanto previsto dalle Direttive europee (Acque, Alluvioni, Habitat), definendo altresì gli strumenti inequivocabili per la loro puntuale e conforme attuazione”.
Anche gli ultimi provvedimenti normativi però sembrano andare in direzione contraria, rispetto all'attuazione di una politica ordinaria di difesa del suolo in grado di coniugare tutela dell’ambiente e riduzione del rischio idrogeologico. Il cosiddetto “Decreto sblocca Italia” si orienta diversamente da quanto è auspicabile, esautorando le comunità locali e altri soggetti da una partecipazione attiva rispetto ad opere che riguardano il proprio territorio o quello da esse amministrato.
“Chiediamo quindi quanto prima un incontro con il Governo, in particolare con il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gianluca Galletti, ed il responsabile dell’Unità di missione Italia Sicura, Erasmo D’Angelis, per presentare le proposte contenute nel documento “Prevenzione e mitigazione del rischio, le priorità per il governo del Paese”, elaborate attraverso il confronto e la partecipazione di tutti i soggetti interessati”.
Diverse sono le proposte portate avanti dalla Coalizione, tra queste:
definire con maggiore chiarezza il ruolo delle Autorità di Bacino Distrettuali, avviando urgentemente la loro costituzione, dotandole di adeguate risorse umane e finanziarie;
uscire dalla logica dei Commissari straordinari per garantire il coinvolgimento e la partecipazione dei territori per la costruzione di una concreta politica di mitigazione;
approvare rapidamente la legge sul consumo di suolo ed una sua regolamentazione al fine di favorire la cultura della riqualificazione e dei servizi ecosistemici nel rapporto aree urbane e aree rurali;
contare su risorse adeguate e spendibili in tempi certi con un sistema di regole chiare e trasparenti ed un’attenta valutazione sull’efficacia ambientale degli interventi.
La Coalizione si farà promotrice di diverse iniziative nazionali e sui territori maggiormente coinvolti, con l'intento di avviare percorsi virtuosi e soprattutto efficaci di prevenzione e mitigazione del rischio, dedicati al tempo stesso alla formazione e informazione ai cittadini.
 
Oltre al WWF, aderiscono alla coalizione: Legambiente, Coldiretti, Anci, Consiglio nazionale dei geologi, Consiglio nazionale degli architetti, Consiglio nazionale dei dottori agronomi e forestali, Consiglio nazionale degli ingegneri, Consiglio nazionale dei geometri, Inu, Ance, Touring Club Italiano, Slow Food Italia, Cirf, Aipin, Sigea, Tavolo nazionale dei contratti di fiume Ag21 Italy, Federparchi, Gruppo183, Arcicaccia, Alta Scuola, FAI, Italia, Nostra, CTS, Società italiana dei territorialisti, Lipu, Cai, Aiab, Federazione nazionale Pro Natura, Rete dei Comitati per la Difesa del Territorio

Orso ucciso a Pettorano sul Gizio: il WWF si costituirà parte civile

Il WWF Italia ha presentato una denuncia-esposto in relazione alla triste vicenda di Pettorano sul Gizio dove uno degli ultimi rari esemplari di orso marsicano è stato ucciso, secondo quando sinora noto, a colpi di fucile sparatigli alle spalle da un operaio dell’Anas e cacciatore. Nella denuncia, affidata all’avv. Michele Pezone del Foro di Chieti, la presidente Donatella Bianchi, a nome dell’associazione ambientalista, specifica di ritenersi persona offesa in quanto il WWF è notoriamente, e per statuto, portatore di quegli interessi diffusi lesi dal reato.
Non a caso proprio in questi giorni l’associazione del Panda ha lanciato una grande campagna per dire basta ai crimini di natura, contro i quali i ranger e le guardie WWF combattono una durissima battaglia in tutto il mondo. “Anche alla luce di questa campagna - commenta il delegato regionale Luciano Di Tizio - per il WWF è semplicemente doveroso perseguire reati contro l’ambiente. Nel caso specifico dell’orso marsicano siamo di fronte a una emergenza di carattere mondiale, che forse in Abruzzo non è stata ancora recepita con l’attenzione che una situazione così grave richiederebbe. Una situazione che va affrontata con mezzi e misure eccezionali”.
“Per la salvaguardia di una popolazione ai limiti della sopravvivenza – aggiunge l’avv. Pezone – bisogna spendere tutte le energie possibili e sforzarsi di far capire, anche attraverso l’applicazione delle norme di legge, come sia necessario cambiare atteggiamento, per quei pochi che non l’hanno ancora capito, nei rapporti con quello che ovunque in Italia e nel mondo è recepito come l’animale simbolo dell’Abruzzo e dei suoi Parchi nazionali”.

Calendario venatorio: il WWF rinuncia al ricorso, ma la Regione dia seguito agli impegni

È indispensabile in Abruzzo una gestione più rispettosa dell'immensa ricchezza rappresentata da un eccezionale patrimonio di biodiversità e dall’Orso in particolare. Il calendario venatorio e più in generale la politica regionale devono compiere ulteriori passi in avanti per essere in linea con le reali necessità di tutela e preservazione di questa specie e con quanto dichiarato dal governo regionale qualche settimana fa, subito dopo la perdita dell’ennesimo esemplare, avvenuta a Pettorano sul Gizio.
Chi ci governa è chiamato a tutelare con serietà e puntualità una specie di straordinario rilievo a livello mondiale come l’orso. L’intera politica di gestione del territorio, così come quella dell’attività venatoria, devono essere in linea con tale esigenza e mostrare un impegno straordinario. L’Abruzzo ha infatti la grande responsabilità e il dovere di conservare e di mantenere per le generazioni future l’unica popolazione vitale di orso bruno marsicano ancora vivente. Riconoscendo tuttavia alcuni passi positivi e l’impegno dichiarato dall’Assessore Dino Pepe, il WWF ha deciso di non ricorrere sul calendario venatorio.
“È stata – commenta il delegato regionale Luciano Di Tizio - una scelta difficile, attentamente valutata con gli esperti a livello nazionale e locale della nostra associazione e con l’avv. Michele Pezone, autore dei recenti ricorsi sulla caccia presentati alla giustizia amministrativa, tutti accolti. Alla fine è prevalsa la volontà di concedere fiducia a un governo regionale e a un assessore eletti da pochi mesi, nella speranza che le promesse vengano seguite in breve da fatti concreti. Chiarisco subito tuttavia che non abbiamo firmato una cambiale in bianco: il WWF continuerà a vigilare e chiede passi concreti per avviare una diversa e migliore gestione venatoria. Le più importanti associazioni dei cacciatori hanno del resto anch’esse firmato col Ministero dell’Ambiente un protocollo per la tutela dell’orso, riconoscendo che ci troviamo in una eccezionale situazione di rischio che richiede provvedimenti eccezionali. La prossima mossa spetta all’assessore Pepe: convochi un tavolo per avviare una discussione a tutto campo sulle problematiche che il suo assessorato è chiamato a gestire”.
Il calendario venatorio del resto, pur se di enorme importanza, rappresenta solo uno degli aspetti del problema: è necessario un maggiore e più puntuale rispetto a tutto campo degli impegni che la Regione ha assunto sottoscrivendo il PATOM, Piano per la tutela dell’orso marsicano. “Un passo avanti – conclude Massimiliano Rocco, Responsabile Specie e LIFE Arctos per il WWF Italia - è stato compiuto con gli ultimi impegni assunti e con la nomina di un rappresentante nella AG, ora ci aspettiamo che si prosegua su questa strada anche attraverso una pianificazione territoriale adeguata, con l’impegno a diversificare seriamente nello spazio e nel tempo l’attività venatoria e a non rischiare che tale pratica possa interferire con la conservazione dell’orso né di altre specie, la lepre italica ad esempio, che necessitano di interventi straordinari e di scelte che possono sembrare anche impopolari ma che consentirebbero di non perdere nessun elemento della nostra meravigliosa biodiversità regionale”.

12.10.14

Giornata nazionale del camminare


Oggi è la Giornata Nazionale del Camminare... e noi abbiamo camminato!

Come rovinare un bel cartellone


I cartelloni pubblicitari spesso rendono le nostre città meno belle.
A volte però ce ne sono anche di molto piacevoli. Uno di questi è quello di viale Crispi proprio di fronte alla Stazione Ferroviaria di Teramo. Vi è raffigurato Campo Imperatore nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Forse la foto era troppo bella e così hanno subito pensato a come rovinarla. 
La soluzione è presto trovata: attaccarci sopra con colla e nastro adesivo tanti foglietti di offerte di affitto di camere per studenti. L'effetto è raggiunto. E proprio davanti all'uscita della Stazione, capitasse mai che qualche turista avesse qualche dubbio sul senso estetico di noi teramani.
Peraltro si tratta ovviamente di affissione abusiva e per i vigili non dovrebbe essere molto difficile risalire ai responsabili, visto che su tutti i foglietti sono riportati i numeri telefonici!

5.10.14

Stop ai crimini di natura



Stop ai crimini di natura, la nuova campagna del WWF.
C'è una guerra in corso, ma nessuno ne parla. E’ una guerra che sta massacrando rinoceronti, tigri, elefanti, gorilla e tante altri animali innocenti, e che sta devastando i nostri mari e le nostre foreste.
Il bracconaggio, il traffico illegale di specie, la deforestazione, la pesca illegale sono un business da 213 miliardi di dollari, che alimenta il traffico di droga e di armi, il terrorismo e le guerre che affliggono tanti Paesi in via di sviluppo in Asia e in Africa. Sono questi i crimini di Natura: sanguinose rapine che sottraggono al nostro Pianeta enormi risorse economiche su cui fondare un futuro migliore.
In questa guerra noi del WWF siamo in prima linea: combattiamo ogni giorno e ovunque nel mondo in difesa dei nostri mari, delle nostre foreste e delle specie animali in pericolo, per garantire un futuro al nostro Pianeta e alle generazioni future.
Aiutaci a vincere questa sfida! I crimini contro la Natura sono crimini contro tutti noi e solo grazie al tuo sostegno possiamo fermare questo massacro.
Tutte le informazioni su: www.wwf.it. 

4.10.14

Il WWF risponde al Genio Civile: pronti al confronto sulla gestione dei fiumi

Foce del Tordino: che fine fanno i rifiuti spiaggiati?
“Siamo pronti al confronto con la Regione Abruzzo e con gli Uffici del Genio Civile sulla gestione dei corsi d’acqua regionali”, dichiara Claudio Calisti, Presidente del WWF Teramo.
Dopo la segnalazione degli ennesimi interventi sul Fiume Tordino che stanno comportando la distruzione della vegetazione spondale del fiume, il Genio Civile della Regione Abruzzo ha difeso gli interventi che si stanno attuando con l’esigenza di garantire la sicurezza delle aree limitrofe in caso di esondazione.
In realtà nessuno ha contestato la manutenzione dei corsi d’acqua, ma le modalità con le quali questa si svolge.
Distruggere completamente la vegetazione delle sponde dei fiumi, ammucchiando poi il materiale insieme ai rifiuti portati dal fiume e dal mare nel corso delle ultime mareggiate, è un intervento del tutto inutile, oltre che dannoso per l’ambiente.
Certo nessuno è più preoccupato del WWF per il rischio di esondazioni. Ed è per questo che l’Associazione non comprende come sia possibile che gli Enti competenti – tra cui anche la Regione, il Genio Civile e tante Amministrazioni Comunali – continuino a permettere la costruzione nelle immediate vicinanze dei fiumi di manufatti in cemento che, in caso di piena, causano sicuramente più problemi di quelli che può provocare un canneto!
“Peraltro”, prosegue Calisti, “ricordiamo che la stessa Giunta Regionale nel suo “Atto di indirizzi, criteri e metodi per la realizzazione di interventi sui corsi d’acqua della Regione Abruzzo”, approvato con Delibera n. 494 del 30 marzo 2000, dice chiaramente che negli alvei dei fiumi si deve intervenire in maniera completamente diversa da come si sta intervenendo ora, con lavori puntuali e sistematici e non con tagli indiscriminati fatti una tantum. Siamo più che disponibili a confrontarci con il Genio Civile della Regione Abruzzo su questi aspetti. Ed anzi invitiamo il Presidente della Regione, Luciano D’Alfonso, che ha dichiarato di voler avviare un’azione di tutela e riqualificazione dei corsi d’acqua abruzzesi, a promuovere un momento di confronto sul tema proprio partendo dal Tordino per il quale alcuni anni fa fu anche predisposto dalla Provincia un “Piano d’area della Valle del Tordino” che ora giace in qualche cassetto”.

2.10.14

Distruzione della vegetazione alla foce del Tordino


Questa mattina, su segnalazione di alcuni cittadini, il WWF ha effettuato un sopralluogo alla foce del Fiume Tordino dove si stanno svolgendo i lavori di “ripulitura” degli argini.
Questi lavori di “ripuilitura” consistono nella distruzione con ruspe di tutta la vegetazione presente alla foce e lungo gli argini del Fiume. Tali interventi vengono ripetuti frequentemente con la motivazione del rischio legato ad eventuali piene che potrebbero portare materiale verso la foce ostruendola e creando così il rischio di esondazioni.
Il taglio a raso della vegetazione lungo gli argini in realtà comporta due ordini di problemi che poi si ripercuotono pesantemente sia sull’ecosistema fluviale che sul tratto di litorale interessato: il fiume, senza vegetazione, perde la sua capacità autodepurativa, e, in caso di piena, la velocità delle acque aumenta determinando erosione e trasporto materiale verso il mare. Il tutto senza considerare il danno all’avifauna presente sull’area – garzette, aironi, ecc. – che vedono distrutto il loro habitat nel giro di poche ore.
La manutezione dei corsi d’acqua è sicuramente una pratica da effettuare, ma va portata avanti in maniera molto più attenta ed oculata.
Nel caso specifico del taglio che si sta realizzando in queste ore, il WWF si chiede anche che fine stanno facendo i rifiuti (pneumatici, buste e bottiglie di plastica, contenitori di vetro, ecc.) presenti da molto tempo alla foce del Tordino trasportati dal fiume o dalle mareggiate. La discarica localizzata lungo il Tordino in località Coste Lanciano, infatti, continuamente perde materiale che viene poi trasportato verso la foce e quindi verso la costa.
Lo spostamento di terra lungo gli argini ed alla foce, se non fosse stato preceduto da un’accurata bonifica dell’area interessata, comporterà l’interramento di rifiuti che, alla prima piena, verranno di nuovo messi in movimento.
Il WWF torna a chiedere, per l’ennesima volta, un piano complessivo per la gestione del Fiume Tordino che consenta di tutelare l’ecosistema fluviale e metta in sicurezza le aree attraversate dal corso d’acqua. Procedere per spot come si sta facendo da anni rappresenta solo un danno per l’ambiente e per le tasche dei contribuenti.
Il WWF ha effettuato anche una segnalazione al Corpo Forestale dello Stato.
 

1.10.14

Basta con i "Re sole"!

Ieri mattina l’Abruzzo si è svegliato con la clamorosa notizia dell’arresto dell’alto dirigente della Regione arch. Antonio Sorgi a seguito di una inchiesta della Squadra Mobile della Questura di Pescara alla quale il WWF ha collaborato con un proprio esposto: decine di documenti per centinaia di pagine che hanno fornito agli inquirenti nuovi spunti e dettagli interessanti per il prosieguo delle indagini.
A qualche ora da quell’arresto il delegato regionale dell’associazione ambientalista, Luciano Di Tizio, torna sulla notizia per chiarire la posizione del WWF: “Al di là del nostro esposto, relativo soprattutto ad altre vicende con analogo svolgimento, ma avvenute in luogo diverso rispetto a quella che ha portato all’arresto, ci preme porre l’accento sull’assurda gestione che c’è stata negli ultimi anni del Comitato per la Valutazione di Impatto Ambientale. Una gestione che dovrà essere profondamente riformata, a garanzia del rispetto delle leggi e dei diritti dei cittadini. Le singole responsabilità dovranno essere valutate dalla magistratura, ma quello che è emerso nell’inchiesta avrà comunque conseguenze sul piano politico. Non basterà tuttavia cambiare le persone, scelta inevitabile e urgente, ma occorrerà anche modificare le regole, perché nessuno mai più possa essere considerato un “re sole”. I funzionari e i politici sono al servizio della collettività e non di se stessi, e perché questo semplicissimo principio abbia seguito occorrono normative chiare e tali da consentire una vera partecipazione e una vera trasparenza. È questo quello che il WWF Abruzzo chiede con forza al nuovo governo e al nuovo consiglio regionale”.