28.6.10

Abruzzo: che fine ha fatto la “regione dei parchi”?

Da Mimì D’Aurora (Responsabile del Coordinamento Parchi della Cgil Abruzzo), Massimo Pellegrini (Presidente dell’Istituto Aree Protette Abruzzo - WWF) e Luigi Piccioni (Storico dell’ambiente, Dipartimento di Economia e Statistica dell’Università della Calabria), una interessante riflessione sull'esperienza ed i risultati della Regione dei Parchi.

L’Abruzzo è da sempre il “piccolo” Abruzzo, l’Abruzzo marginale, l’Abruzzo che non è né carne né pesce, che non è né Nord né Sud, che politicamente non è propriamente né “rosso” né “bianco” né “nero”, la regione che altrove si ha spesso difficoltà a identificare con uno stereotipo, una città, una lingua.
Bene, questo Abruzzo ha storicamente legato la propria immagine a due soli slogan: il primo - “Abruzzo forte e gentile” - coniato negli anni Ottanta dell’Ottocento a Milano, apparentemente elogiativo, ma che ribadiva in sostanza questa indeterminatezza di fondo, e l’altro - “La regione dei parchi” - creato oltre cent’anni dopo dagli abruzzesi stessi basandosi al contrario su un dato di fatto - materiale e culturale - reale e altamente significativo.
Lo slogan “Abruzzo regione dei parchi” nasceva infatti nel 1989 e veniva ufficialmente adottato nel cuore di una battaglia politica e istituzionale che vedeva sindacati, intellettuali, partiti, parchi esistenti, associazioni ed enti locali della regione appenninica attivamente impegnati nella costruzione di un’ampia rete di aree protette già preconizzata nella legge regionale del 1980, ma divenuta ancor più fattibile grazie all’avanzato iter della legge quadro nazionale sulle aree protette. Lo slancio corale dell’Abruzzo si stava rivelando anzi uno straordinario propellente per l’approvazione di una legge altamente a rischio, difficile, di cui si discuteva inutilmente da trent’anni ma che non tutti volevano, anzi molti osteggiavano.
La battaglia fu coronata da un successo ampio. La legge quadro anzitutto passò di un soffio, nel 1991, anche grazie all’impressione suscitata dalla raccolta di 30.000 firme abruzzesi in sostegno della creazione dei nuovi parchi; entro la metà del decennio la superficie protetta raggiungeva il 28% del territorio, un primato nazionale tanto più impressionante considerando che al momento della nascita dell’istituto regionale tale superficie era inferiore al 3%; attraverso progetti ambiziosi come ARVE-Abruzzo Regione Verde d’Europa e successivamente APE-Appennino Parco d’Europa i parchi, le associazioni e gli enti locali si candidavano a guidare un ampio processo di riconversione ecologica dell’economia montana non solo abruzzese; il turismo naturalistico e più in generale il turismo “sostenibile” diveniva una sfida condivisa, una priorità della politica regionale.
Sottolineare il concetto di “Abruzzo regione dei parchi” significava dunque da un lato rivendicare e valorizzare questa straordinaria eredità e dall’altro continuare a impegnarsi per rendere la tutela ambientale e lo sviluppo sostenibile una delle priorità culturali e istituzionali di tutti gli abruzzesi.
Lo scenario che si presenta davanti ai nostri occhi quindici, venti anni dopo induce a chiedersi cosa rimane di quella eredità, di quell’impegno: è ancora possibile parlare di “regione dei parchi” nel momento in cui si fa astrazione dalle pure e semplici cifre della superficie protetta o del numero degli enti esistenti? Ha ancora senso pensare a una “regione verde” come paradigma e come progetto, interessante anche al di là dei confini regionali, oppure non lo ha più?
Ma lasciamo parlare i fatti.
Un primo dato, e forse il più esplicito è quello costituito dalle scelte effettuate dalla Regione nell’allocare le risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate 2007-213. Quasi a simboleggiare l’azzeramento di un percorso compiuto con la realizzazione del sistema di Parchi abruzzesi e l’affermazione di una nuova gerarchia di priorità strategiche per i territori montani, non viene previsto neanche un euro per progetti da realizzare all’interno dei parchi mentre si impegnano ben 37,5 milioni di euro per sei progetti di nuovi impianti di risalita, finalizzati a “migliorare l’accessibilità e la mobilità nei centri abitati e nelle aree montane attraverso modalità di trasporto sostenibile (filovie, funivie, ecc)”. Un ritorno in piena regola, insomma, a quella politica degli anni ‘60 e ‘70 che individuava nel “modello Roccaraso” (impianti di risalita, seconde case, etc.) l’unica via da seguire per la rinascita delle aree montane.
Ma non si tratta di un caso isolato. Lo stesso tipo di impostazione sta alla base della programmazione 2007-2013 dei fondi comunitari e nazionali (POR-FESR, FSE, PSR, FAS). Nel caso del PSR le aziende agricole ricadenti all’interno dei parchi mancano di ogni priorità o di ogni attribuzione di punteggi sostanziali che ne privilegi l’accesso agli aiuti comunitari. A fronte di circa 40 progetti finanziati per le aree protette abruzzesi nella programmazione DOCUP 2000-2006 oggi non vi sono risorse messe a disposizione degli Enti Parco per finanziare progetti tesi a promuovere l’incontro fra tutela della natura e sviluppo sostenibile realizzando nel contempo una migliore attrattività e competitività del territorio. Le poche risorse a favore di riserve e aree Natura 2000, invece, compensano a malapena i drastici ridimensionamenti precedenti (nel 2010 un quarto delle risorse del 2002).
Tutto ciò pare configurare un consapevole abbandono del progetto strategico che faceva del sistema dei parchi abruzzesi un volano di sviluppo regionale, non solo nelle aree montane, proprio nel momento in cui la crisi economica dovrebbe indurre a percorrere nuove strade, a sperimentare nuovi modelli di sviluppo economico, a proseguire nella ricerca iniziata pionieristicamente quasi trent’anni fa anticipando molte tematiche che si sarebbero affermate solo in seguito.
Di fronte a questi duri fatti la retorica regionale continua a tenere le aree protette come un fiore all’occhiello, ma senza ormai fondamenti concreti. Il Documento di Programmazione Economico Finanziaria della Regione non manca infatti di proclamare che “centrale nella strategia di pianificazione territoriale regionale è la messa in rete delle aree protette” e che “i Parchi, vanto del nostro territorio, dovranno essere dotati di maggiori risorse economiche ed umane”, ma lo fa nel momento stesso in cui tutti i fondi disponibili fino al 2013 sono stati impegnati altrove.
A questo già drammatico e crescente scarto tra proclamazioni strategico-programmatiche e concreto disimpegno da parte della Regione, magari in favore di politiche di segno opposto, fa riscontro la grave situazione degli organismi dirigenti degli Enti Parco ove l’intesa politica sulle nomine sembra ormai mettere del tutto in ombra la loro reale efficacia.
Una parte consistente dei parchi abruzzesi riesce infatti a funzionare soprattutto grazie ai sacrifici del personale, una parte consistente del quale è stato stabilizzato dal precedente governo, mentre sul fronte degli organismi istituzionali la situazione è contrassegnata dall’improvvisazione e dalla precarietà. Al momento attuale l’unica area protetta dove, sia pur molto lentamente e faticosamente, si è riusciti a conquistare modalità di funzionamento normali è il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con presidente, direttore, consiglio direttivo, comunità del Parco tutti regolarmente insediati e soprattutto rispondenti a buoni standard professionali e di rappresentatività democratica. Il Parco del Gran Sasso-Monti della Laga, fra i più estesi d’Italia, un territorio immenso da tutelare e promuovere, da anni è inspiegabilmente commissariato e privo di organi istituzionali di ogni livello: Presidente, direttivo, Comunità del Parco mentre la stessa Direzione è provvisoria. Il Parco della Majella, l’unico con un direttore stabile dal 1997 nominato con ripetute proroghe e riconferme, da tempo non ha una Comunità del Parco funzionante, manca di Consiglio Direttivo dal novembre 2007 ed il Presidente, da anni coordinatore del PdL aquilano e attuale capogruppo in Consiglio regionale, al di à di ogni altra considerazione non può che esercitare con difficoltà i tre diversi ruoli. Tra i grandi parchi ultima, ma non meno grave è l’incredibile vicenda del commissariamento del parco regionale del Sirente-Velino, operata con il semplice inserimento di una riga nella finanziaria regionale, all’insaputa degli organi legittimamente designati e senza alcun motivo reale.
È del tutto evidente che in questo modo da un lato viene esclusa la partecipazione delle comunità locali e delle forze sociali, molte delle quali vere pioniere dei parchi stessi, alla programmazione e al governo dei territori sottoposti a tutela, e da un altro lato si deteriorano gravemente sia l’operatività che la funzione che i parchi possono svolgere come portatori di un modello di sviluppo sostenibile.
Per quanto riguarda la Regione è necessario aggiungere che il Servizio Parchi è privo di dirigente, che l’Ufficio Parchi può disporre di quattro soli dipendenti, che nelle 25 riserve naturali regionali non è in servizio neppure un dipendente a tempo indeterminato e che si sta smantellando la direzione preposta a sovrintendere il carattere di sostenibilità ambientale della nostra agricoltura con l’eliminazione dell’unico Servizio Agroambientale che possedeva, seppur limitate, competenze in materia. Anche i progetti che testimoniavano di una volontà strategica della Regione, progetti che avevano tra l’altro contribuito a fare la storia dei parchi in Italia sono in dismissione: l’Abruzzo era stato l’originario capofila di APE-Appennino Parco d’Europa e ora rimane capofila del solo segmento dell’Italia centrale, un segmento peraltro svuotato dai continui tagli di fondi e incapace, a differenza del segmento settentrionale, di svolgere anche le minime funzioni di animazione e raccordo interistituzionale. Quasi a simboleggiare ironicamente questo svuotamento, a metà dicembre la Regione ha inaugurato la sede ufficiale dell’organismo appenninico … a Scerne, 281 metri sul livello del mare, praticamente sulla costa.
Nel percorso compiuto fino ad oggi le aree protette hanno dimostrato di poter influire positivamente sulla qualità del territorio, dell’economia e della cultura locale e regionale in quanto portatrici di un progetto che tiene insieme biodiversità, storia, cultura, tradizioni, buone pratiche di sostenibilità, attività economiche (agricoltura, ecoturismo, manutenzione del territorio, servizi, ecc), nuove forme di gestione del territorio e meriterebbero non solo che si continuasse a valorizzare questo loro ruolo, ma che si tornasse a farne un elemento di positiva contaminazione rispetto al territorio circostante, nello spirito delle battaglie e delle impostazioni affermatesi nel corso degli anni ‘80. Quel che sta succedendo invece è che sembra essere passata l’idea inversa, secondo la quale siccome l’ambiente lo si tutela nei parchi nel resto del territorio è possibile fare qualsiasi cosa: parallelamente alla stentata e confusa vita delle aree protette, infatti, la qualità dell’ambiente sul territorio regionale è andata progressivamente e pesantemente degradando sia sotto il profilo della qualità dell’aria e dell’acqua sia sotto quello urbanistico.
Non mancano, d’altro canto, responsabilità dirette degli Enti Parco che oggi, salvo qualche eccezione, avrebbero oltretutto bisogno di nuova linfa per collocare la loro missione su un terreno più avanzato sottolineando, accanto alla tutela naturalistica e ambientale (che deve comunque rimanere la funzione primaria), la loro funzione di luogo del dialogo interistituzionale, soggetto propulsore ed animatore dello sviluppo locale sostenibile.
Si sta verificando sempre più spesso, infatti, che i Parchi nazionali manchino agli appuntamenti della programmazione e pianificazione della Regione limitandosi a una “gestione secondo le proprie competenze”, sia territoriali che normative e non è di conseguenza un caso se in più di una occasione i potenziali danni ambientali o i rischi di non rimanere esclusi dai finanziamenti comunitari sono stati sollevati non dagli enti parco, ma dalle associazioni ambientaliste o di categoria.
Se si pensa inoltre alle iniziative messe in atto dai grandi parchi ci si accorge che in termini sia di conservazione attiva che di sviluppo ecocompatibile sono spesso le piccole riserve naturali a dare l’esempio, soprattutto quando la gestione è affidata a cooperative ricche di capacità professionali e voglia di fare. I centri di visita, i musei e le aree faunistiche dei parchi ricalcano infatti quanto realizzato da Franco Tassi negli anni ’70, manca a volte la fantasia o la capacità di attingere alle idee innovative che vengono sviluppate in altre nazioni europee con grandi vantaggi non solo per la conservazione, ma anche per le economie locali. E così buona parte dei fondi (decine di milioni di euro) per investimenti vanno a creare o ristrutturare edifici, rifugi, cantoniere e caselli ferroviari che in maggioranza chiudono a pochi giorni o mesi dalle solenni inaugurazioni restando come piccole cattedrali nel deserto.
Detto questo, va comunque sottolineato che nonostante le difficoltà operative e la perdurante mancanza di indirizzi gestionali da parte del Ministero dell’Ambiente i grandi parchi abruzzesi rappresentano ancora un esempio d’avanguardia per alcuni campi di intervento ed attività specifiche, un esempio purtroppo sottovalutato da parte della Regione e di molti Enti Locali. È questo il caso delle azioni intraprese per garantire corrette forme di risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica, per aiutare la zootecnia di montagna, per la gestione dei giardini botanici, ma anche per la valorizzazione e la promozione dei prodotti tipici e nel recupero e diffusione di antichi cultivar. In tutti questi casi i parchi hanno certamente realizzato molto, riempiendo spesso vuoti e ritardi della Regione. Nel campo della ricerca e del monitoraggio della biodiversità inoltre i parchi hanno sicuramente colmato enormi lacune conoscitive che altrove invece rimangono tali o vengono ridotte solo grazie alle scarse iniziative delle Università o di gruppi di volontari.
La “regione dei parchi” versa quindi in un grave stato di colpevole crisi, sia operativa che d’identità, ma non ha del tutto disperso le sue potenzialità e le motivazioni che l’hanno fatta nascere non solo non sono superate ma stanno riguadagnando attualità.
In questo periodo, infatti, nel quale le risorse finanziarie destinate ai parchi dal MATTM diminuiscono costantemente, le Comunità Montane perdono ruolo e finanziamenti, la Regione ed i Comuni sopravvivono con risorse sempre più scarse, la disoccupazione nelle aree industriali alle porte dei parchi avanza ad un ritmo allarmante è ancora più importante che in passato saper “usare” i parchi come soggetti attivi di una programmazione economica ed una pianificazione di larga scala. Non più quindi ulteriori enti di gestione con competenze e risorse autonome, ma veri e propri attori alla pari degli altri enti territoriali in un rapporto mutuo di sana collaborazione e di piena implementazione delle reciproche risorse, come non sempre sta avvenendo in Abruzzo.
Buoni esempi in tal senso vengono invece da altre nazioni europee e persino da altre regioni italiane come il Trentino dove la partecipazione e la concertazione permettono di ottimizzare non solo gli interventi di valorizzazione del territorio ma anche quelli di conservazione come la reintroduzione dell’Orso bruno che vede da anni la partecipazione attiva non solo degli enti parco ma anche della Provincia Autonoma, delle Comunità locali, delle Associazioni venatorie ed Ambientaliste. Ed i risultati si vedono: oggi in Trentino, dove la specie era praticamente estinta, vivono più o meno tanti orsi quanti ne sopravvivono in Abruzzo…
Perché - dunque - non deve essere di nuovo questa la sfida del sistema delle aree protette abruzzesi? Perché enti parco, associazioni ambientaliste, enti locali, partiti, sindacati, comitati di cittadini non guardano criticamente in faccia a una realtà che si muove inerzialmente e spesso nella direzione sbagliata e non provano a riprendere su questi argomenti una discussione e una progettazione da troppo tempo interrotte?
Questo - da semplici cittadini - è il nostro auspicio, nella speranza che venga raccolto.

23.6.10

Al Consiglio regionale sul petrolio, niente di fatto

Dopo due ore di discussione ed una pausa di 45 minuti per una riunione dei capigruppo, il Consiglio regionale non ha votato alcuna risoluzione sul petrolio poiché la maggioranza, intervenuta solo attraverso il Presidente della Giunta, Gianni Chiodi, ha chiesto più tempo per approfondire alcune tematiche.
Circa 200 persone, in rappresentanza di oltre 30 sigle, hanno sostato davanti al consiglio, mentre una piccolo delegazione è stata fatta entrare nell'aula dove si svolgeva il consiglio.
Al termine del consiglio, rappresnetanti delle associazioni hanno incontrato il Presidente Chiodi ribadendo la volontà di incontrarlo per consentire un confronto sulle complesse tematiche. Chiodi ha assicurato che l'incontro - richiesto da appena si insediò l'attuale maggioranza in Regione - si svolgerà a breve.
Il movimento che si batte contro la deriva petrolifera però non cede di un passo ed è pronto a tornare al prossimo consiglio regionale.

Aggiornamento emendamento Tancredi

Smentito dalla sua stessa maggioranza, il Sen. Paolo Tancredi ha di fatto ritirato l'emendamento che riapriva i termini del condono, estendendoli anche alle aree naturali protette.
Ha detto che non aveva letto bene quello che aveva firmato...

21.6.10

Mercoledì 23 giugno: tutti a L'Aquila contro la deriva petrolifera!

Nonostante l'impegno del più ampio movimento messo in campo negli ultimi anni in Abruzzo, la deriva petrolifera che sta colpendo la nostra regione ed il nostro mare non accenna ad arrestarsi!
È necessario continuare a far sentire la voce dei movimenti, delle associazioni, degli enti locali.
Il prossimo appuntamento è per mercoledì 23 giugno dalle 16 a L'Aquila al Consiglio Regionale straordinario sul petrolio convocato da consiglieri di maggioranza e di opposizione, su proposta di EmergenzaAmbienteAbruzzo, la rete di associazioni e cittadini che si battono per la tutela dell’ambiente abruzzese, promossa dal WWF.
Nel pieno rispetto dell’organo legislativo regionale, siete tutti invitati a venire a L’Aquila per assistere ai lavori del Consiglio e verificare nel concreto gli impegni che saranno presi.

Scandaloso! Il senatore teramano Paolo Tancredi chiede di riaprire i termini del condono edilizio anche nelle aree protette

Per un politico deve essere un grande onore guadagnarsi le homepage di Repubblica e Corriere della Sera, i due giornali maggiormente diffusi in Italia.
Certo che se uno se le guadagna per una proposta scandalosa come riaprire i termini del condono edilizio anche per abusi compiuti all'interno di aree protette, le cose cambiano.
In queste ore tutti i siti parlano della proposta di emendamento alla manovra economica con primo firmatario il Sen. Paolo Tancredi che con un titolo estremamente esplicito "Emendamento condono edilizio". Tale emendamento prevede il condono sugli "abusi edilizi realizzati entro il 31 marzo 2010, in aree sottoposte alla disciplina di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio", quindi nelle aree protette.
Le richieste andrebbero presentate entro il 31 dicembre 2010 anche se precedenti istanze di condono fossero state respinte. Nelle more, si legge ancora nel testo, "sono sospesi tutti i procedimenti sanzionatori amministrativi e penali già avviati, anche in esecuzione di sentenze passate in giudicato".
Il terzo condono Berlusconi aveva escluso la sanatoria nei parchi e nelle aree vincolate. Si era così limitato lo scempio nelle aree più di pregio del nostro Paese.
Riaprire il condono edilizio in Italia - il quarto in 25 anni - ed in termini persino più gravi perché smentisce le azioni della Magistratura, il valore delle aree protette, l’azione di repressione finalmente posta in essere dalla Campania dopo anni di inerzia e connivenza, rappresenta la rinuncia definitiva dello Stato di governare il territorio e tutelare beni protetti anche dalla Costituzione, quali l’ambiente ed il paesaggio. È la sconfitta totale della legalità e dei cittadini onesti, nonché un ennesimo danno economico per i Comuni che dovranno affrontare di nuovo enormi spese per i condoni.

20.6.10

Il disegno di legge Chiodi sul petrolio non tutela l'Abruzzo!

Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, ed Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo, hanno presentato in conferenza stampa a Pescara l’aggiornamento del Dossier sulla situazione degli idrocarburi in Abruzzo, evidenziando gli effetti che si avrebbero se fosse approvato il disegno di legge presentato lo scorso maggio dal Presidente Chiodi sotto il nome di “Modifiche alla L.R. 18 dicembre 2009, n. 32 recante provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale”.
Come già fatto in passato, le due associazioni hanno rielaborato e messo a disposizione di tutti (cittadini, associazioni, politici ed amministratori) esclusivamente dati ufficiali provenienti dal Ministero dello Sviluppo Economico. Il quadro che ne esce è estremamente grave, perché la deriva petrolifera dell'Abruzzo non sembra arrestarsi e le proposte di interventi legislativi che arrivano dal Governo regionale non appaiono in grado di incidere su questo processo.

Istanze, permessi, concessioni, pozzi e piattaforme:
dati e numeri sulla ricerca e la coltivazione degli idrocarburi in Abruzzo

L’aggiornamento del Dossier al 31 maggio 2010 conferma in peggio la situazione descritta in precedenza.
Ad oggi, il 51,07% di territorio abruzzese è interessato da richieste o concessioni di ricerca, estrazione o stoccaggio di idrocarburi.
Per quanto riguarda le tre province costiere, le percentuali vanno dal 66,7% del Teramano, al 67,8% del Pescarese, fino al 73,7% del Chietino, mentre più bassa appare la porzione di territorio aquilano, limitata al 29,3%.
I comuni abruzzesi che hanno parte, se non il totale, del loro territorio interessato da istanze, permessi o coltivazioni di idrocarburi sono 221 su 305, pari al 72,5%. In questi comuni risiede il 79% dell’intera popolazione abruzzese.
A questi si aggiungono 6.241,15 km quadrati di mare antistante la costa abruzzese ugualmente interessati da attività di ricerca ed estrazioni di idrocarburi.

Analisi e considerazioni sul Disegno di Legge della Giunta Regionale recante:
Modifiche alla L.R. 18 dicembre 2009 n. 32 avente ad oggetto provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale

È la quarta volta che il Consiglio regionale abruzzese disciplina la vicenda degli idrocarburi in Abruzzo. I primi due tentativi furono fatti dal Governo Del Turco con la legge n. 2/2008 e la legge di modifica n. 14/2008, dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 68 del 26 febbraio 2010.
Dopo un tentativo a firma dell’Assessore Mauro Febbo, completamente inefficace e per questo ben presto abbandonato dalla stessa maggioranza, il terzo intervento legislativo è stato con la legge n. 32/2009 che, voluta dal Governo Chiodi, è stata ugualmente impugnata davanti alla Corte Costituzionale.
La Legge Regionale n. 32/2009, in vigore fino a quando la Corte Costituzionale non si pronuncerà sulla sua legittimità, pur presentando alcuni elementi di criticità, aveva l’indubbio vantaggio di vietare le attività inerenti gli idrocarburi praticamente su tutto il territorio regionale.
Il disegno di legge di modifica della Legge Regionale, presentato dal Presidente Chiodi nel maggio scorso, rappresenta un passo indietro rispetto a quanto era stato approvato nel dicembre del 2009.
In via preliminare il disegno di legge:
1) non interviene in alcun modo sulle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi a mare;
2) si limita agli idrocarburi liquidi, senza accennare minimamente a quelli gassosi, che, pur presentando impatti sicuramente minori, non possono essere lasciati privi di alcun tipo di gestione.
Nello specifico, il disegno di legge in nessuna parte del territorio regionale vieta le attività di ricerca ed estrazione (contrariamente a quanto faceva la legge precedente del 2009), ma si limita a rinviare all’intesa tra Stato e Regione prevista dalla Legge n. 239/04, all’interno della quale la Regione farà valere le proprie competenze.
Nel far valere queste competenze, la Regione terrà presente che “la localizzazione di ogni opera relativa ad attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi liquidi presenta profili di incompatibilità” in alcune aree della Regione.
Una affermazione del tutto generica che lascia completamente aperta la partita e che non garantisce nessun territorio.
Oltretutto, le aree per cui varrebbero questi “profili di incompatibilità” sono state molto limitate rispetto a quelle della legge n. 32/2009 voluta dalla stesso Chiodi che vietava le attività legate agli idrocarburi.
Sono state eliminate le aree sismiche classificate come “zona 2”, le aree nelle categorie di pericolosità elevata (P2) e molto elevata (P3), e nelle classi di rischio elevato (R3) e molto elevato (R4) del Piano regionale per l’Assetto Idrogeologico, nonché tutte le aree tutelate di pregio legate alle produzioni agricole, lasciando così completamente scoperta tutta la fascia tra la linea di costa e la montagna che rappresenta anche la fascia su cui si è maggiormente focalizzata fino ad oggi l’attività di ricerca ed estrazione.
Come è emerso dalla semplice sovrapposizione delle aree che presenterebbero “profili di incompatibilità” e la mappa delle istanze di ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi, se il disegno di legge Chiodi fosse approvato così come è stato proposto, solo il 46,16% del territorio abruzzese interessato da attività legate agli idrocarburi avrebbe quel minimo di tutela (assolutamente insufficiente, nella sostanza) che potrebbe garantire i “profili di incompatibilità” previsti dalla legge.
Per le altre aree l’unica protezione sarebbe la valutazione di impatto ambientale, peraltro prevista dalla legge nazionale, esattamente come accade nel resto d’Italia e che fino ad oggi non è stata in grado di fermare i pozzi in Val d’Agri nella Basilicata.
Conclusioni
È chiaro che la situazione del petrolio in Abruzzo è ormai gravissima. Ritardi ed incapacità hanno fino ad oggi caratterizzato l’azione di molti, a fronte di manifestazioni chiarissime da parte della popolazione abruzzesi che solo nell’ultimo mese ha organizzato manifestazioni con migliaia e migliaia di partecipanti a San Vito Marina e Lanciano.
Il disegno di legge presentato a maggio dal Governatore Chiodi non è assolutamente in grado di affrontare nel complesso la questione, trascurando le piattaforme a mare e non incidendo sui pozzi a terra.
È necessario continuare a far sentire la voce dei movimenti, delle associazioni, degli enti locali. Il prossimo appuntamento è per mercoledì 23 giugno alle 16 a L'Aquila al Consiglio Regionale straordinario sul petrolio convocato su richiesta di numerosi consiglieri, sia di maggioranza che di opposizione, e su proposta di EmergenzaAmbienteAbruzzo, la rete di associazioni e cittadini che si battono per la tutela dell’ambiente abruzzese.
Nel pieno rispetto dell’organo legislativo regionale, delegazioni delle associazioni, organismi ed enti saranno a L’Aquila per assistere ai lavori del Consiglio e verificare nel concreto gli impegni che saranno presi.

La spiaggia in gabbia!

Scandaloso l'emendamento alla legge sul demanio marittimo che introduce una norma che condona le recinzioni degli stabilimenti balneari realizzate senza autorizzazione. Siamo alla solito blitz estivo: l'ennesimo regalo ai concessionari che non rispettano le regole.
Inoltre la portata dell'altra norma contenuta nell'emendamento, di cui si potranno avvalere tutti gli stabilimenti balneari è ancor più devastante: "Gli stabilimenti possono delimitare, con sistemi di protezione a giorno non impattanti, di altezza non superiore a metri 1,80, un'area circostante la struttura principale: il sistema di protezione dovrà essere posto a una distanza non superiore a 10 metri dal perimetro della struttura principale".
Se si calcola che sulla costa abruzzese insistono circa 600 concessioni balneari, gran parte delle quali di medio-grandi dimensioni con la norma dei 10 mt concessi su ogni lato si può stimare che arriveranno sulla spiaggia circa 100 km di recinzioni, un dato pari quasi alla lunghezza di tutta la nostra costa (140 km)!
In Europa le coste (spagnole, francesi) che riscuotono maggior successo dal punto di vista turistico sono proprio quelle più rispettose della naturalità dei luoghi. Come sempre più spesso accade noi andiamo in direzione opposta.
Dopo anni di denunce degli abusi e di battaglie per limitare l'occupazione selvaggia e restituire la vista mare ai cittadini abruzzesi assistiamo all'ennesimo colpo di mano degli amministratori regionali che ci riportano indietro ai tempi del far west demaniale evidenziando ancora una volta come la politica sia completamente asservita all'interesse delle lobby e non dei cittadini tutti.
L'assessore Di Dalmazio, oggi, “dopo aver sparato il botto”, invita le associazioni ad un confronto. Ci chiediamo: conosce l'assessore Di Dalmazio le regole della partecipazione? Il confronto si fa prima di approvare le leggi. Non dopo!
Accettiamo l'invito, ma ci aspettiamo un passo indietro della Regione rispetto a quanto già deciso. Confidiamo inoltre nell'istituzione di un serio tavolo di discussione con operatori e categorie interessate (in primis le associazioni ambientaliste che tutelano l'interesse maggioritario, quello dei cittadini) sulla revisione del Piano Demaniale Marittimo regionale, evitando scivoloni estivi così dannosi.

12.6.10

Requiem per le aree naturali protette?

Foto di Davide Ferretti
La Finanziaria colpirà anche le aree protette nonostante lo Stato spenda ad oggi per i Parchi Nazionali l'esatto equivalente di un caffè all'anno per ciascun italiano.
Per parchi nazionali, riserve statali, è previsto infatti un taglio del 50% degli stanziamenti per il 2011. Un grave colpo anche alla Strategia Nazionale per la Biodiversità!
Il Popolo dei Parchi non rimane indifferente davanti alla crisi economica e ai sacrifici necessari a superarla, ma la medicina, il rimedio, non deve essere uguale per tutti altrimenti il rischio è quello di sterminare le aree protette, che pur essendo in forte sofferenza, riescono ancora a garantire un efficace presidio a tutela della natura sul territorio!
Secondo le associazioni firmatarie, sia ambientaliste che di rappresentanza del mondo delle aree protette i già limitatissimi finanziamenti per i parchi non possono essere ulteriormente ridotti, pena la morte certa di un paziente in molti casi agonizzante.
Le aree marine protette sono senza certezza di finanziamento da molti anni, e ad oggi sembrano essere scomparsi i fondi ad esse destinati, mentre i parchi nazionali hanno uno stanziamento di bilancio estremamente esiguo.
Immaginiamo che, come già avvenuto per i beni culturali, il taglio sia avvenuto all’insaputa del Ministro. L’auspicio è che si tratti di un errore materiale, che il Ministro Prestigiacomo provvederà a recuperare, ma anche in questo caso resta l’ulteriore taglio del 10% lineare su tutte le spese, previsto per tutti i Ministeri, senza alcuna valutazione degli effetti e senza alcun sforzo di operare su realtà diverse con metro specifico.
Dal punto di vista finanziario i Parchi sono già allo stremo ed il taglio del 10%, che si somma agli analoghi tagli ripetutamente fatti negli scorsi anni, porta gli Enti Parco sotto il livello della sopravvivenza e soprattutto colpisce anche gli Enti che negli anni hanno adottato misure di risparmio.
L’eventuale taglio del 50% poi non consentirebbe neanche di ottemperare agli obblighi contrattuali in essere con il personale, per le sedi, per la sorveglianza, per la gestione dei mezzi. Insomma tutte le realtà economiche che ruotano intorno alle aree protette, le cooperative per l’educazione ambientale, per il turismo, per tutti gli altri servizi connessi alla conservazione della natura, nonché i posti di lavoro presso gli enti, subirebbero un gravissimo collasso. Pensiamo ad esempio alle decine di Parchi Naturali Regionali già ora con personale di sorveglianza insufficiente o addirittura completamente assente e ai riflessi sulle funzioni di tutela che il blocco delle assunzioni comporterebbe.
Ma quello che appare più grave è che mentre da una parte si sbandiera la necessità di far meglio funzionare l’amministrazione pubblica, dall’altra si colpisce indifferenziatamente, proibendo la realizzazione di attività strategiche per la promozione del territorio. Non si capisce, infatti, come i parchi possano aiutare territori depressi o marginali a trovare una strada autonoma per lo sviluppo sostenibile, se non si possono organizzare iniziative, convegni, fare pubblicazioni o incontrare la gente nei paese fuori dall’orario di ufficio.
Noi crediamo, invece, nel ruolo propulsivo delle aree protette, della gente dei parchi, crediamo anche che nella pubblica amministrazione ci sia tantissima gente che lavora ed opera per il bene comune, per uno stipendio che spesso non è in grado di garantire la stessa sopravvivenza di una famiglia. In questi quasi 20 anni dall’entrata in vigore della legge n. 394/91 i parchi sono stati forti attrattori di risorse comunitarie e anche private verso territori dimenticati e sono, guarda caso, tra le poche realtà italiane dove il countdown 2010 per l'arresto della perdita di biodiversità non è fallito.

LE RICHIESTE
- Chiediamo che il taglio del 50% non vada a interessare i parchi e le altre aree protette altrimenti non ci saranno nemmeno i fondi per pagare gli stipendi e le attività di conservazione delle specie e degli habitat e che venga data, soprattutto alla aree marine, maggiore certezza rispetto ai trasferimenti.
- Chiediamo che i limiti imposti alle pubbliche amministrazioni, i tagli generalizzati ai Ministeri, le riduzioni dei personale, non si applichino agli Enti Parco, che già hanno contribuito negli anni con pesantissimi tagli, o che almeno si applichino solo alle risorse finanziarie trasferite dallo Stato, altrimenti verrebbe meno qualunque stimolo anche all’autofinanziamento di questi piccoli enti che gestiscono i gioielli naturali del Paese.
- Chiediamo che nell’Anno internazionale della biodiversità, ogni attività scientifica per la tutela di fauna, flora e habitat resti esclusa dal “blocco” degli studi e delle consulenze, poiché non è possibile attivare alcuna ricerca scientifica seria senza uno studio, né attivare partnership internazionali di spessore senza missioni all’estero, oppure limitare ogni attività formativa all’esclusiva della Scuola Superiore per la Pubblica Amministrazione. Non solo, ma è fondamentale che siano assegnate ai Parchi risorse mirate a indagini e monitoraggio della biodiversità, per evitare che la Strategia Nazionale rimanga senza attuazione.

Del resto notiamo la differenza tra un Paese europeo e l’altro. Mentre la “ricca” Germania taglia le spese militari per far fronte alla crisi, la “non ricca” Italia taglia i soldi ai Parchi…

Hanno sottoscritto il documento:
WWF, Legambiente, Unione per i parchi e la natura d’Italia, Marevivo, CTS, Aidap associazine italiana direttori e funzionari aree protette, 394 associazione nazionale dipendenti aree protette, AIGAP associazione italiana guardaparco, Istituto Pangea, LIPU, Italia Nostra, FAI

Vacanza Natura

Parte oggi la stagione estiva delle Vacanze natura del WWF in Abruzzo con un’ampia serie di offerte per bambini, ragazzi, famiglie ed adulti.
27 diverse proposte di vacanze nelle aree protette della nostra regione da sempre una delle mete preferite del turismo verde.
Sono attesi un migliaio di partecipanti che vivranno un’avventura di 8/10 giorni divertendosi nei luoghi più belli d’Abruzzo: dal Parco Nazionale d’Abruzzo al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, dall’Oasi WWF del Lago di Penne all’Area marina protetta di Torre del Cerrano, oltre alle vacanze in barca a vela verso la Grecia e la Croazia.
Escursioni, osservazioni di animali, visite ai centri montani, bagni nei mari più belli, giochi in spiaggia, yoga e shiatzu: una Vacanza natura offre infinite possibilità di divertirsi per bambini, adulti e gruppi familiari desiderosi di trascorre una vacanza diversa.
Nata agli inizi degli anni ’70 l’attività delle Vacanze natura del WWF si è poi organizzata in una solida struttura professionale con una rete di operatori sul territorio per rispondere sempre meglio all’aumento continuo dei partecipanti ed offrire proposte innovative.
I Campi Avventura e le Vacanze Natura sono oggi realizzate da strutture professionali esterne che aderiscono alla “Carta di qualità dei servizi di turismo ambientale del WWF”.
Nel solo Abruzzo operano due realtà professionali che poi si appoggiano a cooperative e professionisti locali e rappresentano anche una consolidata fonte di reddito.
"Il turismo è una fonte importante di benessere e sviluppo”, dichiara Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, “ma al tempo stesso può essere una minaccia per l’integrità della natura, fonte di inquinamento e di consumo delle risorse ambientali. Per questo il WWF è attivamente impegnato nella promozione e diffusione del turismo ambientale responsabile ed è interessato a migliorare la qualità delle attività degli operatori del turismo naturalistico: vogliamo valorizzare, attraverso l’adesione ad una carta di qualità, le attività che sono improntate ai principi della sostenibilità ambientale, alla conoscenza ed al rispetto della diversità biologica e culturale del territorio”.
I programmi delle Vacanza natura si trovano sul sito http://www.campiavventura.it/.

Le offerte di vacanze natura in Abruzzo nel 2010

Campi avventura 6-11 anni
A cavallo tra gli animali dell’Oasi WWF del Lago di Penne
Orsi ed altri animali nel Parco nazionale d’Abruzzo
Sentieri selvaggi e selvagge risate nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Cavalcando nella terra dell’Orso nel Parco nazionale d’Abruzzo

Campi avventura 11-14 anni
Spedizione avventura nell’Oasi WWF del Lago di Penne
In bocca all’Orso nel Parco nazionale d’Abruzzo
Sulle tracce del Lupo nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
A cavallo nella selvaggia natura del Parco nazionale d’Abruzzo

Campi avventura 15-17 anni
Una ricerca scientifica sull’Orso nel Parco nazionale d’Abruzzo
Per cielo, per mare e per terra nell’Area marina protetta della Torre di Cerrano
A cavallo fra lupi, orsi e camosci in compagnia di tanti nuovi amici nel Parco nazionale d’Abruzzo
Un trekking sulla pista dell’Orso nel Parco nazionale d’Abruzzo
In crociera sulla rotta dei delfini tra le isole della Croazia

Vacanza Natura per famiglie
Esploratori in una natura selvaggia nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Grandi e piccoli fra cavalli, lupi ed orsi nel Parco nazionale d’Abruzzo
Natura, sport e buona cucina nell’Oasi WWF del Lago di Penne
In crociera come i pirati tra le onde verso la Grecia
Veleggiando in una mare di biodiversità verso la Croazia

Vacanza Natura per adulti
Volontari nel Parco nazionale d’Abruzzo
Vacanza natura nell’Area Marina protetta di Torre di Cerrano
Trekking sui sentieri dell’orso nel Parco nazionale d’Abruzzo
Lungo i sentieri del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Yoga e Natura nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Shiatsu e Natura nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
All’ombra della Torre nell’Area marina protetta di Torre di Cerrano
Veleggiando alla scoperta della Grecia
La Croazia in barca a vela

8.6.10

Energie alternative: se ne discute a L'Aquila

Studenti e docenti della Facoltà di Ingegneria hanno organizzato per mercoledì 9 giugno, presso l’Aula Magna della Facoltà di Ingegneria dalle ore 9 in poi, una giornata di studio dal tema: “Prospettive energetiche e sviluppo sostenibile”.
Il comitato scientifico e organizzativo formato dal Preside di Ingegneria Pier Ugo Foscolo, da Nicola Rotondale, chairman della manifestazione, dagli studenti di Ingegneria Andrea Toma e Marco Magliocco, con la giornata di studio (la seconda nel nostro Ateneo) si propone di analizzare in maniera organica le fonti di energia alternativa rispetto a quelle da sostanze fossili (gas, petrolio, ecc.) che sono, da un lato in esaurimento, dall’altro causa di preoccupazione per l’ambiente.
Questo il programma della giornata.
Prima sessione:
Giuseppe Mazzitelli dell’Enea sulle prospettive dell’energia nucleare;
Angelo Battistone dell’Enel Distribuzione sulle problematiche della connessione degli impianti di produzione di energia elettrica alle reti di distribuzione;
Armando Pasquarelli della Soave Engineering sugli impianti eolici;
Cosimo Mauro dell’Enel Divisione Ingegneria e Innovazione sull’innovazione tecnologica in Enel;
Giuseppe Sacco dell’Ateneo Roma Tre sulle politiche energetiche nell’ambiente Mediterraneo.
Seconda sessione:
Pier Ugo Foscolo prof. del dipartimento di Ingegneria chimica su processi di conversione delle biomasse;
Michele Anatone docente del DIMEG sull’utilizzo di biocombustibili liquidi in applicazioni fisse e nella mobilità;
Pierluigi Fecondo del DAU sulle tematiche sugli involucri energetici, le strategie e le soluzioni di integrazione architettonica;
Livio De Santoli, preside della Facoltà di Architettura La Sapienza, sulla pianificazione energetica delle città (le Smart Grid);
Roberto Cipollone sulla pianificazione energetica territoriale e sulla sostenibilità;
Antonio Sorgi sulle politiche energetiche della Regione Abruzzo.

Tavola rotonda sui temi affrontati nell’intera giornata moderata dalla giornalista di TVUno Roberta De Paolis:
Fernando Ferrara, segretario nazionale di Ambiente e/è vita;
Piero Angelini, responsabile energia WWF Abruzzo.

Interverranno per i saluti e per il dibattito il Magnifico Rettore dell’Ateneo dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, l’On. Alfredo Castiglione, Assessore della Regione Abruzzo, l’On. Massimo Cialente, Sindaco della città dell’Aquila.

Cosa succederebbe se ci fosse un incidente petrolifero nel Mare Adriatico?

Il gravissimo incidente alla piattaforma della British Petroleum nel Golfo del Messico ha fatto emergere tutta la pericolosità delle ricerche petrolifere in mare, rafforzando le preoccupazioni manifestate ormai da anni dall’ampio movimento che si batte contro la deriva petrolifera che sembra aver colpito l’Abruzzo.
Cosa succederebbe se ci fosse un incidente come quello verificatosi negli Stati Uniti nel Mare Adriatico? Il disastro che si verificherebbe emerge chiaramente dalla semplice sovrapposizione, nel rispetto delle proporzioni, della macchia petrolifera su una cartina del Mare Adriatico.
Si comprende chiaramente che si assisterebbe ALla morte di tutto il Mare Adriatico che, oltretutto, ha fondali molto più bassi ed un ricambio molto più limitato di quello del mare antistante le coste della Louisiana.
Ad oggi circa 6.000 km2 di mare antistante la costa abruzzese sono interessati da richieste ed autorizzazioni di concessioni per ricerca ed estrazione di idrocarburi.
“Certamente le quantità e la profondità della piattaforma nel Golfo del Messico non sono paragonabili con le situazioni che interessano la nostra costa”, dichiara Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, “ma è del tutto evidente quanto sarebbe devastante un incidente anche di più modeste dimensioni in un mare chiuso come il nostro Mare Adriatico. Non solo la costa abruzzese sarebbe devastata, ma in pratica tutta la costa adriatica verrebbe compromessa per anni ed anni”.
Il WWF torna a chiedere che si intervenga sulla situazione delle autorizzazioni che si stanno rilasciando nel mare antistante la costa abruzzese così come sulla terraferma dove circa 50% del territorio abruzzese è interessato da richiesta di ricerca, estrazione e stoccaggio di idrocarburi.

6.6.10

Tutti a Roseto degli Abruzzi per ripulire la spiaggia della Riserva del Borsacchio


Piste ciclabili e percorsi protetti: molte chiacchiere e pochi fatti

L’incidente che è costato la vita, domenica mattina, ad un ciclista sulla S.S. 16, nei pressi dell’abitato di Villa Pozzoni di Giulianova, riporta drammaticamente alla luce il problema mai risolto della sicurezza di chi sceglie la bicicletta come mezzo di trasporto o di svago.
Il CiclAT -Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano (www.abruzzoinbici.it) di cui il WWF è stato uno dei promotori, evidenzia come, in Provincia di Teramo, poco o nulla si sia fatto per la mobilità ciclistica, a parte qualche sporadico intervento di singole amministrazioni ed il clamore mediatico dell’iniziativa del Comune di Teramo relativa al bike sharing.
Occorrono, sottolinea il CiclAT, interventi strutturali a livello regionale e, dopo il drammatico avvenimento di domenica mattina, che è costato la vita ad un giovane ciclista, seguito ad altri incidenti con conseguenze, fortunatamente, minori, sempre nel territorio provinciale, è ancora più urgente che la Regione approvi la proposta di legge regionale sulla mobilità ciclistica che obbligherebbe, finalmente, i Comuni e gli altri Enti, al rispetto dell’art. 10 della Legge 366/1998, trasfuso poi nel codice della strada (artt. 13 e 14 del D.Lgs. 285/92 e s.m.i.), che prevede l’obbligo, per le strade di nuova costruzione o in caso di manutenzione straordinaria delle strade stesse, della realizzazione di percorsi ciclopedonali adiacenti la sede stradale.
Purtoppo - continua il CiclAT - in Provincia di Teramo l’unica opera che rispettava la legge, la rotonda sulla S.S. 16 che collega con la bonifica del Salinello, pur progettata con corsie ciclabili separate è stata modificata eliminando i percorsi protetti per i ciclisti. L’assurdo è che anche l’ultima rotatoria realizzata da ANAS e Provincia, sempre sulla statale 16, nel territorio di Martinsicuro, pur vicinissima al nuovo ponte tra Marche e Abruzzo, che, per ora, prevede una corsia riservata alle biciclette, non è realizzata a norma e l’incidente occorso ad un ciclista poche ore prima dell’inaugurazione, fortunatamente senza gravi conseguenze, ne è la palese testimonianza.
Il Coordinamento chiede, quindi, a tutti gli Enti di impegnarsi seriamente, al di là di facili spot propacandistici, ad una politica integrata a favore della mobilità ciclistica, tenuto conto anche dei risvolti turistici che l’uso della bicicletta ha sul territorio, visto che numerosi alberghi della costa pubblicizzano le loro strutture proponendo itinerari ciclabili su strade poco sicure prive di ogni percorso riservato per i ciclisti.
Una brutta figura a livello nazionale e internazionale per la nostra Provincia e la nostra Regione - prosegue la nota del Coordinamento - che si fregiano di vari marchi prestigiosi e di effetto (Costa Blu, Costa dei Parchi, Regione verde d’Europa, ecc.) ma che, alla resa dei conti, dimostrano una carenza di programmazione a dir poco imbarazzante. Speriamo che l’ennesima morte, che può considerarsi annunciata, apra gli occhi ai nostri amministratori che, dopo le tante, forse troppe, buone intenzioni, passino finalmente ai fatti.

CiclAT - Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano

5.6.10

Si raccolgono firme anche a Val Vomano

Questa sera, sabato 5 giugno, dalle ore 20 alle ore 24 il WWF sarà presente alla manifestazione Liberamente organizzata da Libera, Associazione il Fuoco e la Neve ed il Comune di Penna Sant'Andrea nel parco giochi di via Brigiotti a Val Vomano (frazione di Penna Sant'Andrea).
Al banchetto WWF sarà possibile firmare per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua.

3.6.10

Tavola rotonda sulla biodiversità della provincia di Teramo

Venerdì 11 giugno 2010 alle ore 16:30 presso il Centro visita della Riserva Regionale Naturale "Castel Cerreto" in via Trinità a Penna Sant'Andrea (TE).

Il WWF a Giulianova

Sabato 5 giugno, dalle ore 18, il WWF sarà presente con un proprio stand alla festa "Happy hour in piazza" in piazza Dalla Chiesa (mercato coperto) a Giulianova e raccoglierà le firme per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua.

Si firma per l'acqua a Bellante

Domani, venerdì 4 giugno, dalle ore 9 alle ore 13, il WWF sarà a Bellante nella piazza del mercato per raccogliere le firme per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua.