31.7.20

Appello per la tutela del Parco regionale Sirente-Velino


“È inaccettabile che in questo momento storico, in cui la riflessione sul concetto di ecologia globale è alla base del necessario e urgente ripensamento antropico e geopolitico mondiale, la Regione Abruzzo voglia ridurre il Parco regionale Sirente Velino. Un Parco che … costituisce un motivo di interesse naturalistico e una prestigiosa e multiforme opportunità sul piano della valorizzazione turistico-ambientale. Un territorio di fondamentale importanza per la biodiversità italiana dove vivono animali come il Lupo, l’Orso marsicano, il Cervo, il Camoscio d’Abruzzo, l’Aquila reale, l’Avvoltoio grifone, la Coturnice e tanti altri”.
Così si apre l’appello che cinquanta autorevoli personalità del mondo della scienza e della cultura hanno indirizzato al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio per scongiurare il taglio del Parco Sirente Velino: dopo la prima di Fulco Pratesi, fondatore e presidente onorario del WWF Italia, seguono le firme di chi si occupa dello studio di specie e habitat, anche di quelli abruzzesi, come i professori Sandro Pignatti e Sandro Lavori, di chi ha raccontato l’Abruzzo o da questa regione ha tratto ispirazione per le proprie opere come Dacia Maraini e Donatella Di Pietrantonio, e ancora di professori e rettori universitari, giornalisti e i presidenti delle aree protette nazionali presenti in Abruzzo. Tutti uniti contro l’ipotesi di tagliare oltre 8.000 dei 54.000 ettari dell’unico parco regionale, tassello fondamentale della tutela della natura appenninica. Una proposta avanzata dalla Giunta regionale che dovrebbe arrivare in consiglio a breve e che, come ha ben descritto Serena Giannico sul Manifesto di giovedì scorso, sta sollevando una forte resistenza da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno già raccolto quasi 85.000 firme in una petizione on-line, e di un comitato di cittadini che venerdì scorso ha organizzato un primo, partecipato sit-in di protesta davanti alla sede del Parco a Rocca di Mezzo (AQ).
Il metodo seguito è ben collaudato: in questi anni il Parco è stato abbandonato dalla politica regionale che ha già tagliato il suo perimetro, lo ha lasciato con pochi fondi e senza guida commissariandolo dal 2015. Ciò ha provocato il malcontento anche tra chi aveva visto nell’area protetta un’occasione per contrastare il drammatico spopolamento di queste montagne. Malcontento che viene ora cavalcato dalla lobby dei cacciatori desiderosa di vedere aumentati i territori di caccia. Ogni scusa è buona per dare la colpa al Parco: i danni dei cinghiali (che guarda caso sono stati immessi nel passato a scopo venatorio), i ritardi della ricostruzione post terremoti, la mancanza di servizi essenziali nei paesi… 
Di fronte ai propri fallimenti, gli amministratori scelgono di non governare, ma di individuare un capro espiatorio nell’area naturale protetta, che nella maggior parte dei casi non ha alcuna competenza per affrontare questi problemi e che comunque gli stessi amministratori hanno lasciato senza guida e senza fondi. E se oggi è la Lega a tagliare, in passato è stato il PD: un gran lavoro di forbici di destra e di sinistra, per quanto questa distinzione assuma ormai una scarsa rilevanza visti i continui cambi di casacca.
Un parco frammentato è un parco debole sul cui territorio potranno riprendere forza anche i progetti più devastanti. “Il Parco Sirente Velino subisce molte altre minacce”, sottolinea Filomena Ricci, delegata del WWF Abruzzo. “La Regione ha già autorizzato la costruzione di 7 nuove piste da sci all’interno del suo territorio dove è presente anche una Zona di Protezione Speciale dell’Unione Europea. I nuovi impianti danneggeranno la copertura erbosa costituita da elementi vegetali protetti e di pregio e metteranno in pericolo specie faunistiche tutelate. Ma il vero nodo è la scelta politica alla base del progetto: si continuano a spendere soldi pubblici per opere che non porteranno reali benefici alle comunità in un territorio che nei prossimi anni sarà sempre meno innevato a causa dei cambiamenti climatici in atto. Il tutto in nome di una visione antica e superata dello sviluppo della montagna”.
Non è un caso che l’appello sottolinei il valore non solo conservazionistico dell’area protetta, ma anche culturale, storico ed economico: su queste montagne si combatte una battaglia tra un passato che ritorna e un futuro che non riesce ad arrivare. 

(articolo originariamente pubblicato il 30 luglio scorso sull'ExtraTerrerestre, supplemento ecologista che esce ogni giovedì con il Manifesto)

La gestione dell’acqua in Abruzzo fa… acqua da tutte le parti


Gestione dell’acqua in Abruzzo: cominciamo col dire che nella regione è rimasto sostanzialmente inapplicato il referendum del 12 e 13 giugno 2011 quando circa 27 milioni di italiani si recarono alle urne per una consultazione alla quale partecipò il 55% degli elettori con una schiacciante maggioranza (95%) a favore dell’acqua pubblica e contro l’energia nucleare.
In Abruzzo votò oltre il 57% degli aventi diritto, con una percentuale superiore alla media nazionale. Ciò nonostante a nove anni di distanza dal referendum il servizio idrico è rimasto nelle mani di società per azioni, fortemente condizionate dai partiti politici: un mix micidiale ben lontano dalla gestione comune e partecipata che era stata la richiesta degli italiani. Queste società, benché a capitale pubblico, mantengono un’impostazione privatistica con l’obiettivo di realizzare profitti lucrando su un bene comune come l’acqua a scapito della qualità del servizio, della risorsa naturale e delle tasche dei cittadini che vedono aumentare le bollette. Sulle tariffe si è consumato forse il più grande tradimento del referendum del 2011. Uno dei quesiti referendari chiedeva infatti di abolire la cosiddetta “remunerazione del capitale investito”, un privilegio che rappresentava almeno il 7% (ma con punte ben più alte) della tariffa. Formalmente questa percentuale è stata eliminata dopo il referendum, ma è rimasta con altri nomi e gli italiani continuano a pagare per qualcosa che in realtà avrebbero abolito da quasi un decennio.
Il tutto in cambio di un servizio decisamente scadente e che difetta in trasparenza.
Nel Teramano da mesi poi si combatte una battaglia all’interno dei comuni (e dei partiti) per il controllo della Ruzzo Reti SpA con balletti di cifre sulla reale situazione economica della società che gestisce l’erogazione dell’acqua in gran parte della provincia- Poi, a dispetto della nomina di un commissario, rimane tuttora irrisolta la questione della sicurezza delle falde, minacciata dalla prossimità con i laboratori del Gran Sasso e le gallerie autostradali. In più alle associazioni, che hanno costituito un Osservatorio permanente in difesa di un primario bene comune, non è stato finora consentito di accedere tempestivamente alle informazioni né tantomeno di partecipare alle scelte. Identico discorso può essere fatto per il versante aquilano dove opera la Gran Sasso Acqua SpA.
Nel Chietino la situazione è a dir poco paradossale: sino a qualche giorno fa esistevano due società pubbliche di diritto privato, una per la gestione della rete idrica, la SASI SpA, e l’altra, ISI srl, proprietaria delle reti, residuo di una indecente scelta politica che in tal modo (all’epoca in tutta la Regione) aveva moltiplicato consigli di amministrazione e poltrone. Ebbene altrove le società di patrimonio sono scomparse da anni mentre a Lanciano (sede di entrambe le aziende) lo scioglimento dell’ISI è stato formalizzato solo da poco, con un buon decennio di ritardo (l’iter iniziò nel 2011). Tutto questo mentre la provincia di Chieti (la SASI SpA la gestisce tutta meno il capoluogo e il suo immediato hinterland) vanta numeri da record in quanto a guasti nella rete di distribuzione, in condizioni precarie per vetustà e mancanza di manutenzione. La settimana scorsa il Vastese e diverse altri comuni sono rimasti a lungo a secco proprio per questo e l’intervento si è limitato al solito a… metterci una pezza riparando il tratto rotto della condotta, in attesa che i tubi cedano altrove.
Non che con l’ACA SpA vada meglio: l’azienda acquedottistica che gestisce per intero la provincia di Pescara e alcuni comuni in quelle di Teramo e Chieti (capoluogo compreso) sta già effettuando razionamenti, con riduzione di portata e richieste insistenti agli utenti perché limitino i consumi, ma poi quando c’è una perdita lascia che l’acqua scorra via per due intere giornate, come abbiamo recentemente denunciato, prima di provvedere alla riparazione. Per non dire delle “pezze” messe sull’asfalto lasciando buche e avvallamenti, diretta conseguenza dello scorrimento dell’acqua sotto l’asfalto, nella totale indifferenza dei Comuni che si lamentano spesso dell’ACA SpA (qualche giorno fa ad esempio è intervenuto il sindaco di Chieti), ma poi non fanno nulla per costringerla a un servizio migliore.
Del resto la quantità delle perdite, secondo dati ufficiali del Governo, è semplicemente impressionante: degli 8,3 miliardi di metri cubi immessi nelle reti nazionali, ben 3,45 miliardi, pari al 41,4%, si disperdono prima di arrivare ai rubinetti. L’Abruzzo - insieme a Friuli, Umbria, Lazio, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Sardegna e Sicilia – è da questo punto di vista tra le regioni peggiori, con uno spreco che supera il 60%, in aumento rispetto al 2012. Servirebbe un investimento per rifare le condotte, invece si continua con la scelta, a lungo termine assai più costosa, di tamponare le falle e andare avanti così. Tanto il peso economico ricade per intero sulle spalle dei cittadini.
Questo discorso vale a maggior ragione per la Puglia, che vorrebbe intubare e trasferire nelle proprie obsolete reti acqua prelevata dalle sorgenti del Pescara (per inciso: area tutelata dalla Comunità Europea per le sue importanti peculiarità naturalistiche): quella regione spenderebbe certamente di meno e con migliori risultati riparando le proprie condotte invece di impoverire la portata del maggior fiume abruzzese con danni enormi, diretti e indiretti, anche per la qualità delle acque di balneazione. Facendo investimenti mirati a riparare la rete, potrebbe forse avanzare qualche soldo anche per un corso di aggiornamento sull’ambiente fluviale, sul ciclo dell’acqua e sulle direttive europee da riservare a quei dirigenti dell’Acquedotto Pugliese che hanno candidamente affermato che l’acqua del Pescara viene “sprecata” perché va dalle sorgenti al mare...

27.7.20

A pranzo in compagnia dell’Orso marsicano


Grazie all’Oasi WWF - Riserva Naturale Regionale Gole del Sagittario da oggi è possibile “incontrare” l’Orso bruno marsicano fermandosi in uno qualsiasi degli esercizi di ristorazione di Anversa degli Abruzzi (AQ): una tovaglietta con belle immagini e testi essenziali aiuterà a conoscere l’orso.
“Abbiamo consegnato gratuitamente le tovagliette dell’orso a bar e ristoranti del paese”, spiega Sefora Inzaghi, Direttrice dell’area naturale protetta. “Sulle nostre tovagliette, invece delle solite pubblicità, gli avventori troveranno informazioni sull’orso e sulle buone norme di comportamento da tenere nel caso di un incontro con il plantigrado, sempre possibile in questo territorio. La grafica delle tovagliette è stata realizzata nell’ambito della campagna Orso 2X50 del WWF Italia che punta al raddoppio della popolazione di Orso bruno marsicano entro 2050. Le tovagliette saranno distribuite nell’areale della specie, ma in attesa che procedere su larga scala, abbiamo pensato di iniziare a sperimentarle proprio qui. Le prime stampe sono state possibili grazie a fondi residui che la Regione Abruzzo ci ha affidato per attività di prevenzione: è fondamentale lavorare in questo senso perché la conoscenza è lo strumento migliore per favorire la convivenza tra uomo e orso, possibile e facilmente realizzabile con l’impegno di tutti”.
Da sempre l’Oasi WWF Riserva Naturale Regionale delle Gole del Sagittario lavora a un programma di sensibilizzazione per le popolazioni locali e per i turisti che vengono a trascorrere le loro vacanze nelle terre in cui abita anche l’orso. Un lavoro finalizzato a ridurre le occasioni di conflitto: si donano e si installano recinti elettrici per la difesa del bestiame, delle colture di pregio e degli apiari; si recuperano alberi da frutta selvatici; si installano dissuasori ottici e luminosi sulle strade per ridurre il rischio di incidenti.
“L’Oasi di Anversa degli Abruzzi, anche grazie all’impegno e alla sensibilità degli amministratori comunali, è al centro delle attività del WWF Italia per la tutela dell’Orso marsicano”, conclude Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia. “Da qui, proprio in questi giorni, si organizzano le giornate di volontariato della nostra campagna “Volontari per l’Orso” che sta richiamando giovani e meno giovani da tutta Italia e che durante l’estate e fino all’inizio dell’autunno ci permetterà di intervenire in vari comuni dell’Abruzzo, del Lazio e del Molise per aumentare le misure di prevenzione danni e di sensibilizzazione. La collaborazione tra istituzioni, associazioni, operatori turistici e volontari è fondamentale per garantire la salvezza di questo splendido animale”.



25.7.20

Consumo di suolo: dati preoccupanti anche per l’Abruzzo dal Report ISPRA 2020


Nei giorni scorsi l’ISPRA ha presentato l’edizione 2020 del Report “Consumo del suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” da cui emerge come la corsa del cemento in Italia non si arresta. Nel momento in cui nasciamo abbiamo già la nostra porzione di cemento: 135 mq per ogni neonato. L’aumento del consumo di suolo non va di pari passo con la crescita demografica e in Italia cresce più il cemento che la popolazione: nel 2019 i 57 milioni mq di nuovi cantieri e costruzioni (2 mq al secondo) si registrano in un Paese che vede un calo di oltre 120.000 abitanti nello stesso periodo. 
La copertura artificiale avanza anche nelle zone più a rischio del Paese: nel 2019 risulta ormai sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media P2 (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata P3 (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni). L’Abruzzo, secondo i dati ISPRA pubblicati negli anni precedenti, su un’estensione di 10.831 kmq presenta un’area a pericolosità frana di 1.678,2 kmq (15,5%, ben oltre la media nazionale ferma all’8,4%) e ha poi oltre il 90% di comuni interessati da aree a pericolosità da frana P3 e P4 e/o idraulica P2: di 305 comuni, ben 304 sono quelli a pericolosità frana elevata o molto elevata e pericolosità idraulica media.
Fortunatamente nel 2019 si è costruito meno nelle aree naturali protette anche se dei 61,5 gli ettari di suolo compromesso, ben 10,3 ettari sono concentrati in Abruzzo.
Pesante l’occupazione delle coste, già cementificate per quasi un quarto della loro superficie: qui il consumo di suolo cresce con un’intensità 2-3 volte maggiore rispetto a quello che avviene nel resto del territorio. In un precedente studio dell’ISPRA del 2018 dalla linea di costa entro i primi 300 metri, l’Abruzzo col 36,6% di suolo consumato si collocava tra le regioni con la percentuale più alta mentre in collina segnava addirittura il primato nazionale col 21,7%.
In generale, secondo i dati del Report ISPRA 2020 l’Abruzzo è al 4,96% di territorio consumato e si posiziona ancora sotto la media nazionale, ma il dato è in crescita: in termini di incremento percentuale rispetto alla superficie artificiale dell’anno precedente, nella nostra regione si registra il secondo valore più elevato (+0,39%), subito dopo la Puglia (+0,40%), e prima di Sicilia (+0,37%) e Veneto (+0,36%). L’incremento di consumo di suolo pro-capite regionale è stato di 1,60 mq/abitante contro la media nazionale di 0,9 mq.
Sempre nel confronto tra il 2018 e il 2019, l’Abruzzo nell’incremento di percentuale di consumo di suolo registra lo 0,39%, quasi il doppio della media nazionale che è allo 0,24%.
Tra le province italiane, Teramo con lo 0,57% raggiunge il quarto posto tra quelle che hanno registrato l’incremento percentuale maggiore rispetto al valore del 2018 dopo Cagliari (+0,98%), Messina (+0,64%) e Verona (+0,62%).
Pescara risulta essere tra i capoluoghi di provincia con la maggiore percentuale di superficie artificiale rispetto ai confini amministrativi (51%), anche se viene segnalato il dato positivo di circa mezzo ettaro recuperato grazie alla rinaturalizzazione di alcuni piazzali in terra battuta.
Con la situazione descritta è evidente che la Regione Abruzzo dovrebbe applicare una politica urbanistica che punti al controllo del consumo inteso però non in termini assoluti, bensì in ragione di un bilancio, tra suolo occupato e recuperato, che tenga conto anche delle variazioni qualitative degli usi del suolo oltre che quantitative. Va approvata una norma regionale, coordinata con le normative urbanistiche vigenti (da aggiornare, peraltro: la legge urbanistica regionale è del 1983!), che disciplini l’uso del suolo nell’ottica conservativa di recupero e rigenerazione dell’edificato esistente e dei suoli a vario titolo impermeabilizzati. Non è possibile contenere il consumo di suolo senza avere un quadro esaustivo della situazione attuale e dei trend in atto: per questo è fondamentale avere contezza del bilancio netto tra suolo occupato e recuperato, dato che si può ottenere solo introducendo meccanismi di contabilizzazione del fenomeno. La procedura di VAS degli strumenti urbanistici potrebbe rappresentare il dispositivo per dare efficacia a tale forma di monitoraggio. A ciò deve accompagnarsi una maggiore manutenzione del territorio (e non solo delle infrastrutture) basata su criteri di rinaturalizzazione e ripristino della funzionalità ecologica. In particolare, la Regione dovrebbe favorire il recupero della capacità di ritenzione delle acque nelle zone di montagna e collinari, promuovendo il mantenimento e, ove possibile, l’aumento della superficie boschiva strutturata e di qualità e rinaturalizzando i corsi d’acqua montani per garantire una reale riduzione del rischio idrogeologico. Deve essere netta l’opposizione a qualsiasi nuova costruzione negli alvei fluviali ed è fondamentale recuperare e ampliare, nei fondovalle e nelle pianure, le zone di esondazione naturale dei fiumi per consentire un’adeguata gestione dei sempre più frequenti devastanti e improvvisi eventi di piena.

13.7.20

Volontari del Panda al lavoro per l'Orso marsicano



“Camminare in un bosco dove sai che cammina anche l’Orso marsicano è una grande emozione, per questo voglio fare la mia parte affinché l’Orso ci sia oggi e domani”, ci racconta Simona arrivata da Casallattico, in provincia di Frosinone; a farle da eco c’è anche Valeria di Avezzano la quale ci confessa che a portarla fin qui sono “l’amore, la passione verso questo animale, ma soprattutto il desiderio di dare il proprio contributo nel costruire dialogo e convivenza tra uomo e orso” e poi “non dimentichiamo che l’Orso bruno marsicano fa parte integrante dell’ecosistema dell’Appennino centrale e della sua biodiversità”, ci ricorda Samuele da Roma. Queste sono solo alcune delle voci dei volontari WWF per l’Orso, ragazzi provenienti da tutta Italia, che hanno risposto all’appello lanciato dall’Associazione con la campagna Orso2x50.


Nei giorni scorsi è stata avviata la stagione estiva 2020: sono state tantissime le persone che hanno scritto al WWF Abruzzo per diventare volontari per l’Orso e molti di loro sono già stati impegnati nelle prime giornate di attività che li hanno visti montare recinti elettrificati a difesa di un apiario e di piccoli animali da cortile e ripulire, rendendo così facilmente accessibile all’Orso, un frutteto in montagna. Le azioni si svolgono essenzialmente nelle aree di connessione esterne ai territori protetti, in virtù del fatto che la conservazione del plantigrado deve essere garantita dall’espansione della specie anche al di fuori delle aree di storica frequentazione. Le attività all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise sono patrocinate dall’Ente.


Nonostante l’emergenza COVID-19, il WWF non ha voluto rinunciare all'impegno preso con la campagna Orso 2x50 nei confronti della tutela e salvaguardia di questo meraviglioso e unico animale, anche se le attività, per adeguarsi alle norme di cautela, sono state quest’anno ripensate e organizzate per piccoli gruppi e in singole giornate. I volontari saranno impegnati fino al prossimo autunno in azioni di prevenzione del conflitto tra uomo e grandi carnivori, come il montaggio di recinti elettrificati, il recupero di frutteti selvatici, la pulizia di sottopassi, l’informazione e la comunicazione di buone pratiche di comportamento.
“Sono solo una cinquantina gli individui di Orso bruno marsicano presenti in natura. Con il progetto Orso2x50 vogliamo darci come obiettivo quello di raddoppiarne la popolazione raggiungendo i 100 individui entro il 2050”, spiega Filomena Ricci, delegata regionale del WWF Abruzzo. “Garantire un futuro all'Orso vuol dire, da un lato, lavorare per aumentare l'areale della specie nell'Appennino centro-meridionale e, dall'altro, ridurre quanto più possibile i casi di mortalità della popolazione. Il verificarsi di danni, di natura essenzialmente economica, alle attività antropiche a opera del plantigrado, rappresenta la principale causa di conflitto tra orso e uomo. Di conseguenza un’efficace gestione del “conflitto” attraverso un’adeguata strategia di prevenzione, informazione, nonché il coinvolgimento delle categorie professionali maggiormente interessate, rappresenta sicuramente un elemento indispensabile per la conservazione dell’Orso bruno marsicano e per la sua accettazione da parte delle comunità locali”.
“È in questa direzione che la Riserva Naturale Regionale e Oasi WWF Gole del Sagittario di Anversa degli Abruzzi, unica Oasi WWF in Italia ad avere fra le proprie presenze faunistiche anche l’Orso bruno marsicano, ha da sempre lavorato, sia con fondi propri che con fondi regionali all’interno e recentemente anche all’esterno del confine amministrativo di propria competenza”, ricorda Sefora Inzaghi, Direttrice dell’area protetta. “Per questa sua peculiarità, ha da sempre rappresentato anche il braccio operativo del WWF Italia in tema di Orso bruno marsicano, nel passato anche per le attività relative all’ormai concluso Life Arctos, oggi come fondamentale supporto per l’Associazione”.
Ad affiancare i volontari sul campo, oltre al personale dell’Oasi WWF delle Gole del Sagittario, la Direttrice Sefora Inzaghi e Lavinia Canestrani, ci sono Vanessa Ponziani, da anni prezioso supporto per i campi dell’Associazione del Panda e Gabriele Mastropietro, referente grandi carnivori per il WWF Abruzzo.


11.7.20

55.000 firme per il Parco Regionale Sirente Velino (e continuano a crescere!)


Sono più di 55.000 le firme sulla petizione on-line lanciata da un fronte molto ampio di Associazioni contro la riduzione del Parco regionale Sirente Velino! E il numero continua a crescere a un ritmo sorprendentemente veloce. La petizione si può firmare qui
La politica regionale non può ignorare l’interesse e l’attenzione nati intorno alla mobilitazione per il Parco Sirente Velino, l’Abruzzo è nell’immaginario collettivo la Regione della natura protetta e ben conservata e da qui bisogna ripartire per una nuova stagione di vitalità per il Parco regionale.
Si ricorda che con la proposta di Legge “Nuova disciplina del Parco naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini” la Giunta regionale ipotizza un taglio di 8.000 ettari dal perimetro del Parco, senza nessuna analisi né ambientale né economica e sociale a supportare tale azione..
Le Associazioni non si limitano a chiedere di fermare l’assurda proposta di riduzione del perimetro del parco regionale, ma quello che vogliono è un rilancio dell’area protetta, un progetto che porti innanzitutto a conclusione il periodo del commissariamento, scandalosamente troppo lungo, veda l’approvazione del piano del Parco, nomini un Presidente esperto in materia di gestione ambientale e politiche di sviluppo territoriale.
Questo hanno ribadito le Associazioni audite nei giorni scorsi in II Commissione dal Consiglio regionale e che continueranno a sostenere nelle prossime consultazioni… e con loro altri 55.000 cittadini che chiedono tutela per il Parco Sirente Velino, terra di aquile, orsi, camosci e grifoni, ma anche proposte serie di crescita culturale, sociale ed economica per i Comuni e le popolazioni nel Parco vivono e lavorano.

Le Associazioni: WWF Abruzzo, Italia Nostra – Consiglio delle Sezioni d’Abruzzo, CAI Abruzzo, LIPU, Salviamo l’Orso, Ambiente e/è Vita, Mountain Wilderness, ENPA, Altura, 
Fare Verde Abruzzo, FederTrek, Federazione Nazionale Pro Natura, Cooperativa Ecotur, 
Orso and Friends, GUFI, Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Dalla Parte dell’Orso, Appennino ecosistema, Co.n.al.pa. Onlus Abruzzo

6.7.20

Nuovi colori nella Spiaggia del Fratino e del Giglio di mare


In questi giorni la Spiaggia del Fratino e del Giglio di mare di Alba Adriatica si arricchisce di nuovi colori. Sono quelli dei colori e dei disegni dei bambini dell’Istituto per l’infanzia del Plesso di Bivio Corropoli dell’Istituto Scolastico Comprensivo Corropoli – Colonnella – Controguerra. Bambini di tre anni che hanno lavorato con le loro maestre ad un progetto sulla tutela del Fratino sulla costa teramana. Hanno colorato e realizzato disegni su pietre che sono state posizionate lungo la delimitazione della spiaggia e serviranno per indicare questo prezioso tratto di costa che, grazie alla collaborazione tra il WWF Teramo e l’Amministrazione comunale, è stato tutelato da alcuni anni.
“Siamo veramente felici di queste collaborazioni con le scuole del nostro territorio”, dichiara Fabiola Carusi, promotrice del Progetto della Spiaggia del Fratino e del Giglio di Mare e referente WWF del Progetto Salvafratino Abruzzo. “La scelta delle classi di Corropoli di partecipare al progetto con la straordinaria creatività dei bambini ci riempie di orgoglio. Sosteniamo da sempre l’importanza di creare sinergie intorno a questo nostro piccolo intervento di conservazione costiera. Un piccolo intervento che quest’anno è stato replicato a Roseto degli Abruzzi grazie alle Guide del Borsacchio e che stiamo lavorando per portare anche a Giulianova con i volontari del Progetto Salvafratino”.