30.7.19

Che fine ha fatto il Commissario per la sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso?

 
Secondo quanto previsto dalla legge di conversione del Decreto-legge n. 32/2019, cosiddetto Sbloccacantieri, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro Infrastrutture e Trasporti e sentito il Presidente della Regione Abruzzo, avrebbe dovuto nominare entro il 3 luglio scorso il Commissario straordinario per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso.
Siamo però arrivati alla fine di luglio e del Commissario non vi è traccia.
L’ultimo accenno alla vicenda risale al 1° luglio scorso quando il Presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, dichiarava: “Il commissario per l’acquifero del Gran Sasso sta arrivando, mi risulta che Ministero e Governo si stiano adoperando per la sua nomina”. Evidentemente questo adoperarsi, al quale non è estraneo neppure il Presidente Marsilio visto che deve essere coinvolto nella nomina, non ha prodotto fino ad ora grandi risultati.
Eppure nei mesi che hanno preceduto l’approvazione dell’emendamento dello Sbloccacantieri vi era stata grande agitazione nelle forze politiche, soprattutto dopo la minaccia della chiusura del traforo autostradale. L’autostrada non è stata chiusa, ma i problemi di un acquifero che rifornisce 700.000 abruzzesi rimangono tutti.
Come Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle Associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia - GADIT, FIAB, CAI e Italia Nostra, pur non essendo pregiudizialmente contrari, abbiamo più volte ribadito le nostre critiche all’emendamento governativo che ha introdotto la nomina di questo nuovo Commissario:
  • mancanza di garanzie su una reale partecipazione ai processi decisionali;
  • fondi insufficienti (120 milioni di euro in tre anni) rispetto alle richieste contenute nella delibera della Giunta regionale n. 33/2019 “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso” (172 milioni di euro);
  • nessuna chiarezza circa gli interventi da fare;
  • nessun impegno concreto sull’allontanamento delle sostanze pericolose stoccate all’interno dei Laboratori dell’INFN;
  • introduzione di deroghe alle norme poste a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Certo non pensavamo di dover aggiungere a questi problemi anche un inspiegabile ritardo.
Invitiamo il Presidente della Regione e i parlamentari eletti in Abruzzo a far sentire la loro voce per capire cosa sta succedendo.
Nel frattempo il Presidente Marsilio potrebbe far partire la Cabina di coordinamento che deve essere da lui presieduta e che ha compiti di comunicazione e informazione nei confronti delle popolazioni interessate, di coordinamento tra i diversi livelli di governo coinvolti e di verifica circa lo stato di avanzamento degli interventi di messa in sicurezza del sistema idrico del Gran Sasso. E potrebbe anche aprire questa Cabina alla partecipazione delle associazioni che da sempre seguono la vicenda e che invece la Giunta regionale precedente ha voluto escludere.

8.7.19

Al lavoro per l’Orso bruno marsicano

In queste settimane l’Oasi WWF Riserva regionale Gole del Sagittario di Anversa degli Abruzzi (AQ) è particolarmente impegnata nelle azioni per la tutela dell’Orso bruno marsicano.
Con la bella stagione può verificarsi che esemplari di Orso si avvicinino a stazzi, apiari o pollai alla ricerca di cibo. Per evitare predazioni è bene che le arnie delle api, così come le strutture che ospitano pecore, galline, conigli, ma anche cavalli, siano dotate di recinti elettrificati: si tratta di leggeri fili alimentanti con piccoli pannelli solari che, quando gli orsi si avvicinano e li sfiorano, rilasciano una debole scossa elettrica che, senza arrecare danni, li fa allontanare.
In queste settimane sono stati distribuiti ad Anversa degli Abruzzi un recinto a tutela delle pecore e uno a tutela delle api, mentre un altro sarà allestito la prossima settimana. A Luco dei Marsi, dove si erano registrate varie incursioni, dopo aver incontrato il Sindaco, l’Oasi ha già già messo in opera un recinto a metà giugno mentre la prossima settimana ne installerà uno a tutela dei cavalli di un allevatore: una vera e propria sfida perché si dovranno proteggere circa 2500 metri di recinto. A Trascacco, invece, è stato dato ad un pastore un recinto per la tutela delle sue pecore. E altre richieste stanno arrivando anche in queste ore.
“Stiamo lavorando dentro e fuori la nostra Oasi”, dichiara Sefora Inzaghi, direttrice dell’Oasi WWF Gole del Sagittario. “È un lavoro molto impegnativo perché oltre a portare i recinti nei vari paesi, dobbiamo anche aiutare gli allevatori a montarli e metterli in funzione. Però cerchiamo di accontentare tutti perché ci rendiamo conto che è assolutamente necessario aiutare coloro che scelgono di continuare a vivere e lavorare in questi luoghi. È possibile garantire la convivenza tra uomo e orso, proteggendo questo splendido animale e al tempo stesso assicurando il protrarsi di queste attività”.
L’Oasi distribuisce in comodato d’uso gratuito questi recinti che sono stati acquistati grazie a fondi messi a disposizione dal WWF Italia, dalla Riserva stessa e dalla Regione Abruzzo grazie alla legge n. 15/2016.
“L’Oasi WWF delle Gole del Sagittario, così come altre aree protette presenti nell’areale dell’Orso bruno marsicano, a cominciare dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise grazie al quale questa specie è sopravvissuta fino ai giorni nostri”, aggiunge Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia, “rappresentano il migliore esempio che con qualche finanziamento e una giusta pianificazione si può garantire la tutela dei grandi carnivori anche in territori dove sono ancora presenti le attività tradizionali delle nostre montagne. Con un lavoro in sinergia tra Istituzioni, aree protette e associazioni è possibile ottenere buoni risultati senza mettere in atto le catture che possono comunque rappresentare un pericolo per animali come l’Orso, oltre a destinarli ad una vita in cattività”.
 
IL PROGETTO ORSO2X50
Per la tutela dell’Orso bruno marsicano il WWF Italia ha lanciato il Progetto “Orso2x50”. L’Orso bruno marsicano è una delle specie più iconiche e rappresentative del nostro Paese, ma, nonostante sia protetto sia da leggi italiane che europee, ne sopravvivono solo 50 esemplari nell’Italia centrale, principalmente raggruppati nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Una popolazione così ristretta e isolata in un territorio dalle dimensioni ridotte, se non si agisce subito, è destinata all’estinzione! Per garantire un futuro all’Orso bruno marsicano, chiedendo aiuto a tutti gli attori presenti sul territorio (Comuni, Regioni, Aree Protette, Enti Scientifici e Associazioni), abbiamo lanciato una sfida ambiziosa: raddoppiare il numero di esemplari di Orso bruno marsicano entro il 2050. 

Arriva la scadenza per denunciare il possesso di specie esotiche. Cosa fare?

 
Tra meno di due mesi, il 31 agosto, scadrà (e questa volta sono improbabili altre proroghe) il termine utile per mettersi in regola per tutti coloro che allevano animali da compagnia inseriti nell’elenco delle specie esotiche invasive varato dall’Unione Europea che dovranno denunciarne il possesso ai sensi del Decreto legislativo 230 del 15.12.2017, n. 230, con il quale la normativa nazionale è stata adeguata al Regolamento UE n. 1143/2014.
Le specie di flora e di fauna elencate nel decreto sono una cinquantina. Tra queste, ad esempio, lo scoiattolo grigio nordamericano, diverse specie di gamberi, la rana toro e, soprattutto, la testuggine palustre americana Trachemys scripta, con le sue varie sottospecie (orecchie rosse e orecchie gialle) che hanno dominato per decenni il mercato degli animali da compagnia. Prima o poi comunque l’elenco diventerà presumibilmente assai più lungo con il varo dell’elenco nazionale delle specie invasive in corso di elaborazione da parte del Ministero dell’Ambiente.
Con l’avvicinarsi della scadenza WWF e Societas Herpetologica Italica (SHI) ricordano a tutti i cittadini di mettersi in regola, anche per evitare di incorrere nelle pesantissime sanzioni previste dalla legge:
  • la mancata denuncia di possesso è punita con sanzioni tra 150 e 20.000 euro;
  • per la violazione dei divieti di introduzione, detenzione, trasporto, utilizzo/scambio/cessione e riproduzione si va da 1.000 a 50.000 euro, con aumenti sino al triplo se dalla violazione dovesse derivare la necessità di applicare misure di eradicazione rapida o di gestione o di ripristino degli ecosistemi danneggiati;
  • il reato più grave, il rilascio in ambiente, è punibile invece con arresto sino a tre anni e sanzioni tra 10.000 e 150.000 euro.
Per la denuncia è sufficiente compilare, eventualmente con l’aiuto del proprio veterinario, un modulo scaricabile on line e inviarlo al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. L’attestazione dell’invio, tramite PEC, fax o raccomandata postale, autorizza automaticamente il proprietario a continuare a detenere il proprio animale da compagnia.
I proprietari così autorizzati sono in ogni caso obbligati a una corretta detenzione con misure adeguate per impedire la fuga e la riproduzione degli animali.
In alternativa chi volesse rinunciare a tenersi le Trachemys, potrà affidarle, come recita il Decreto, a strutture pubbliche o private autorizzate, individuate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano (art. 27, comma 5, D.Lgs. n. 230/2017).
Qui sorgono però i problemi: nella gran parte delle regioni italiane di queste strutture non c’è al momento traccia per cui l’affidamento è una strada difficile da percorrere. I cittadini tuttavia si possono mettere in regola presentando comunque la denuncia di possesso e riservandosi di consegnare gli animali ai centri regionali non appena saranno attivati. Ed è questa la strada consigliata da WWF ed SHI: ci si mette in regola, non si fa danno all’ambiente e agli stessi animali da compagnia e si evita di rischiare sanzioni.
Discorso analogo per i Sindaci che hanno nei propri territori comunali laghetti e fontane nei quali sono presenti testuggini esotiche anche della specie oggi ritenuta invasiva. In molti casi questi animali sono il risultato della liberazione illegale fatta da ignoti che dopo aver acquistato le testuggini, non sapendo come gestirle, se ne sono sbarazzati. Il D.Lgs. n. 230/2017 prevede che l’obbligo di denuncia riguardi anche gli enti pubblici. I Comuni dovranno quindi procedere a un monitoraggio di tutti i laghetti e le aree umide in genere presenti sul proprio territorio per riscontrare l’eventuale presenza di testuggini e procedere anche loro a denunciarne la presenza compilando l’apposito modulo.
Se viene verificata la non idoneità al confinamento o la riproduzione degli animali è inoltre prevista sempre la confisca degli animali a seguito della quale il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dispone il rinvio nel Paese di provenienza (nei rari casi in cui ciò sia davvero possibile) oppure, in alternativa, l’affido a strutture pubbliche o private autorizzate o persino la soppressione.
C’è dunque poco da scherzare. Procedure di gestione e sanzioni possano apparire in effetti complicate e molto rigide, ma va anche considerato che l’introduzione di specie alloctone (cioè non del luogo) costituisce una delle principali cause di distruzione della biodiversità oltre a rappresentare, in alcuni casi, un vero e proprio flagello non solo ambientale, ma anche economico (vedi il caso della nutria, del pesce siluro, ecc.).
Ricapitolando:
  • i privati cittadini così come i Comuni per mettersi in regola possono compilare e spedire il modulo (hanno tempo fino al 31 agosto 2019) e saranno tranquilli. Nel caso in cui vogliano affidare l’animale in possesso ai centri di detenzione regionali dovranno attenderne la realizzazione;
  • le Regioni e le Province autonome sono chiamate a realizzare centri di detenzione o a convenzionarsi con strutture private. 
SHI e WWF sollecitano Regioni e Province autonome inadempienti ad adeguarsi a quanto previsto per la creazione e gestione di centri di detenzione, consultando il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e confrontandosi con le associazioni scientifiche e ambientaliste, e cercare così una soluzione, in proprio o attraverso una convenzione, per mettersi al passo con gli obblighi di legge. Del resto, anche in questo caso, vige la regola che una buona gestione della cosa pubblica si misura meglio con il rispetto delle norme e con l’aiuto concreto offerto ai cittadini e agli enti locali anche nelle piccole cose piuttosto che con progetti faraonici spesso devastanti.
Per saperne di più si possono consultare sul web le linee guida elaborate dal Ministero dell’Ambiente con il supporto dell’ISPRA e della SHI.
Sullo stesso argomento può essere utile anche consultare le più estese raccomandazioni.
Per consultare l’elenco completo delle specie esotiche di rilevanza unionale si veda invece qui.