Fermate la Legge Attila! Le Associazioni ambientaliste lanciano un appello per bloccare in Abruzzo il cosiddetto Piano Casa che nella versione regionale determinerà una colata di cemento dappertutto. La legge oggi in discussione permette addirittura di costruire in parchi, borghi, nelle aree a massimo rischio industriale, nelle aree archeologiche e sugli edifici storici vincolati. Per Legambiente, LIPU, WWF, FAI e Italia Nostra è una vera e propria “Legge Attila” per le devastazioni che potrà apportare alla natura, al paesaggio, all'architettura e alla storia della regione. Un vero attacco all'identità che indigna prima come abruzzesi che come ambientalisti.
Oggi, lunedì 3 agosto, alcune delle associazioni vengono audite in Commissione regionale dove chiederanno di bloccare l'iter della legge affinché si apra un'ampia discussione con la società abruzzese sui vari aspetti del provvedimento. Se si continuerà nell'insensata corsa a cui abbiamo assistito finora vorrà dire che si vuole evitare un confronto di merito su un provvedimento che cambierà l'Abruzzo in peggio.
Le associazioni hanno presentato un documento al Consiglio Regionale in cui, oltre a presentare richieste, chiariscono l'incostituzionalità della proposta di Legge che scardina i principi fondanti della pianificazione territoriale, garantendo solo gli interessi privati e non quelli pubblici. Infatti la legge deroga a tutta la pianificazione annullando nei fatti i Piani regolatori comunali e ogni altro strumento di regolazione dell'edilizia e del governo del territorio.
Si ricorderà che l'intesa Stato-Regioni sul Piano Casa restringeva l'ambito dell'intervento alle sole villette mono e bifamiliari. In Abruzzo non è così. La legge prevede la possibilità di allargare del 20% tutti gli edifici oppure di abbatterli ricostruendoli con un premio di cubatura tra il 30% e il 65%, senza distinzioni tra quelli residenziali e quelli industriali e senza limiti di cubatura, a differenza delle leggi già approvate in altre regioni come Toscana, Emilia Romagna e Lombardia. Quindi, se un costruttore ha un palazzo di 10 piani potrà costruirne altri due. Addirittura, in alcuni casi, il diritto a realizzare queste cubature può essere trasferito su altri siti diversi dall'edificio di partenza, permettendo di cementificare nuovo suolo. Giusto per non farsi mancare nulla potrà essere cambiata la destinazione d'uso!
Una delle norme più gravi è quella che permette di applicare questa legge anche nelle aree archeologiche e sugli edifici storici. In questi casi la Sovrintendenza potrebbe opporsi ma è lecito chiedersi come faranno gli uffici regionali e locali ad istruire tutte le migliaia di pratiche che potrebbero arrivare, visto che dopo 60 giorni scatta il silenzio/assenso. Il tutto in un momento come quello post-terremoto dove le sovrintendenze hanno altro a cui pensare.
Ai Comuni viene addirittura concessa la possibilità di restringere i perimetri dei centri storici permettendo l'ampliamento del 20% degli edifici anche nei borghi di rilevante interesse storico e architettonico, superando così tutta la pianificazione preesistente come i piani di recupero. Il tutto con una semplice delibera di consiglio comunale, derogando a tutte le procedure di garanzia e partecipazione previste dalla normale pianificazione.
Inoltre si potrà costruire in tutti i parchi e le riserve abruzzesi, dove si potranno realizzare milioni di metri cubi quasi ovunque. Idem per le aree industriali a rischio di incidente rilevante, dove sarebbe invece necessario diminuire progressivamente la densità abitativa come prevedono norme precise.
Tutti gli edifici turistici potranno chiudere verande, logge ed addirittura, terrazzi, con prevedibili effetti “collage” che deturperanno le aree interessanti dal punto di vista turistico. Riusciremo a convincere i turisti stranieri a soggiornare in un territorio deturpato da centinaia di palazzi arlecchino, da edifici nelle riserve più belle e da borghi riempiti di superfetazioni “fai da te”?
Nel provvedimento mancano le sanzioni; nelle altre leggi regionali il mancato raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica e di riqualificazione edilizia determinano che i nuovi edifici siano abusivi. In Abruzzo nulla di tutto ciò è previsto. Ribadiamo, quindi, la necessità di un rinvio per emanare una legge che non porti alla deregulation edificatoria e per varare provvedimenti che contengano chiare e precise norme sul risparmio energetico e sulla bioedilizia, con stringenti forme di verifica e controllo sugli obiettivi da raggiungere.
Oggi, lunedì 3 agosto, alcune delle associazioni vengono audite in Commissione regionale dove chiederanno di bloccare l'iter della legge affinché si apra un'ampia discussione con la società abruzzese sui vari aspetti del provvedimento. Se si continuerà nell'insensata corsa a cui abbiamo assistito finora vorrà dire che si vuole evitare un confronto di merito su un provvedimento che cambierà l'Abruzzo in peggio.
Le associazioni hanno presentato un documento al Consiglio Regionale in cui, oltre a presentare richieste, chiariscono l'incostituzionalità della proposta di Legge che scardina i principi fondanti della pianificazione territoriale, garantendo solo gli interessi privati e non quelli pubblici. Infatti la legge deroga a tutta la pianificazione annullando nei fatti i Piani regolatori comunali e ogni altro strumento di regolazione dell'edilizia e del governo del territorio.
Si ricorderà che l'intesa Stato-Regioni sul Piano Casa restringeva l'ambito dell'intervento alle sole villette mono e bifamiliari. In Abruzzo non è così. La legge prevede la possibilità di allargare del 20% tutti gli edifici oppure di abbatterli ricostruendoli con un premio di cubatura tra il 30% e il 65%, senza distinzioni tra quelli residenziali e quelli industriali e senza limiti di cubatura, a differenza delle leggi già approvate in altre regioni come Toscana, Emilia Romagna e Lombardia. Quindi, se un costruttore ha un palazzo di 10 piani potrà costruirne altri due. Addirittura, in alcuni casi, il diritto a realizzare queste cubature può essere trasferito su altri siti diversi dall'edificio di partenza, permettendo di cementificare nuovo suolo. Giusto per non farsi mancare nulla potrà essere cambiata la destinazione d'uso!
Una delle norme più gravi è quella che permette di applicare questa legge anche nelle aree archeologiche e sugli edifici storici. In questi casi la Sovrintendenza potrebbe opporsi ma è lecito chiedersi come faranno gli uffici regionali e locali ad istruire tutte le migliaia di pratiche che potrebbero arrivare, visto che dopo 60 giorni scatta il silenzio/assenso. Il tutto in un momento come quello post-terremoto dove le sovrintendenze hanno altro a cui pensare.
Ai Comuni viene addirittura concessa la possibilità di restringere i perimetri dei centri storici permettendo l'ampliamento del 20% degli edifici anche nei borghi di rilevante interesse storico e architettonico, superando così tutta la pianificazione preesistente come i piani di recupero. Il tutto con una semplice delibera di consiglio comunale, derogando a tutte le procedure di garanzia e partecipazione previste dalla normale pianificazione.
Inoltre si potrà costruire in tutti i parchi e le riserve abruzzesi, dove si potranno realizzare milioni di metri cubi quasi ovunque. Idem per le aree industriali a rischio di incidente rilevante, dove sarebbe invece necessario diminuire progressivamente la densità abitativa come prevedono norme precise.
Tutti gli edifici turistici potranno chiudere verande, logge ed addirittura, terrazzi, con prevedibili effetti “collage” che deturperanno le aree interessanti dal punto di vista turistico. Riusciremo a convincere i turisti stranieri a soggiornare in un territorio deturpato da centinaia di palazzi arlecchino, da edifici nelle riserve più belle e da borghi riempiti di superfetazioni “fai da te”?
Nel provvedimento mancano le sanzioni; nelle altre leggi regionali il mancato raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica e di riqualificazione edilizia determinano che i nuovi edifici siano abusivi. In Abruzzo nulla di tutto ciò è previsto. Ribadiamo, quindi, la necessità di un rinvio per emanare una legge che non porti alla deregulation edificatoria e per varare provvedimenti che contengano chiare e precise norme sul risparmio energetico e sulla bioedilizia, con stringenti forme di verifica e controllo sugli obiettivi da raggiungere.