Nella foto Maria Rita D'Orsogna
Questa mattina a Pescara, presso il Caffè Letterario, si è svolta una conferenza stampa di “Emergenza Ambiente Abruzzo”, rete di associazioni e comitati che si battono per la tutela ambientale della nostra regione.
Alla conferenza erano presenti, Maria Rita D’Orsogna, professoressa dell’Università della California di Los Angeles, Francesco Stoppa, professore dell’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, e Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia.
Oggetto della conferenza stampa è stato un appello rivolto ai consiglieri regionali affinché nell’ultimo consiglio regionale dell’anno, previsto per domani, mercoledì 30 dicembre, procedano ad una modifica della legge 18 marzo 2009, n. 32 “Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale”, approvata dal Consiglio regionale d’Abruzzo, finalizzata a bloccare le incombenti richieste di trivellazione sul mare Adriatico, a soli cinque chilometri dalla costa.
Fin dal momento della sua presentazione da parte del Presidente Chiodi, le Associazioni, pur apprezzando la legge regionale per quanto riguarda la tutela delle aree a terra, avevano subito richiesto che la norma fosse integrata con la tutela del tratto di mare antistante la costa abruzzese che è interessata per oltre 5.600 km quadrati da richieste e concessioni già in atto per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.
Emergenza Ambiente Abruzzo chiede di utilizzare l’ottimo strumento del Piano di Gestione Integrata della Zona Costiera, previsto da una Direttiva Europea e dalla normativa italiana, e già utilizzato con successo dalla Regione Emilia Romagna per limitare il proliferare di piattaforme davanti alla propria costa.
Allo stesso tempo si era suggerito di prevedere strumenti di valutazione complessiva delle attività di ricerca sugli idrocarburi come la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Sanitario che, non essendo stati oggetto di censura da parte del Governo nazionale al momento dell’impugnativa dinnanzi alla Corte Costituzionale della legge n. 2 del 2008 (cd. Legge blocca Centro Oli), potevano essere opportunamente reinseriti nella nuova normativa.
Purtroppo la proposta di prevedere la tutela anche del mare, pur presentata durante la discussione da alcuni gruppi in Consiglio regionale, non è stata accolta dalla maggioranza, lasciando la legge monca ed assolutamente inefficace per bloccare la deriva petrolifera a mare.
Una deriva petrolifera innegabile di cui si vedono ormai gli effetti.
A pochi km dalla costa teatina tra San Vito e Ortona è in arrivo “Ombrina mare 2”, una gigantesca piattaforma petrolifera con permesso di coltivazione, della compagnia inglese MOG (Mediterranean Oil & Gas).
Il 3 Dicembre 2009 il progetto di “Ombrina mare 2” è stato sottoposto al Ministero dell’Ambiente per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Piattaforme come questa rimangono in esercizio per un minimo di 20/30 anni e, secondo quanto dichiarato agli organi di stampa internazionali dalla stessa Società proponente, saranno scavati altri 4 pozzi, oltre a quello già esistente, per estrarre petrolio e gas.
Del resto questo è solo l’ultimo atto di una serie di richieste di concessioni che riguardano il nostro mare.
A settembre, infatti, la società canadese Vega Oil e la società irlandese Petroceltic hanno avanzato una richiesta per trivellare a 7 km dal porto di Ortona con il progetto “Elsa 2”.
Ad ottobre la stessa Petroceltic ha avanzato richiesta per trivellare in altri 2 permessi a 5 km dalla costa a largo di Casalbordino e Vasto.
Presto arriveranno anche le richieste per trivellare il teramano.
Da quanto sta avvenendo nel nostro mare, l’Abruzzo ha tutto da perdere e nulla da guadagnare: il turismo, la pesca e l’agricoltura, oltre che la salute delle persone, saranno compromessi in cambio di royalties nulle per la regione e bassissime per lo Stato.
Le Associazioni ambientaliste, i comitati locali, le associazioni di categoria, enti locali, alcune realtà economiche e singoli cittadini stanno continuando ad intervenire nei procedimenti autorizzativi, presentando osservazioni in sede di Valutazione di Impatto Ambientale, ma è evidente che non si può continuare ad affrontare tale problematica in questo modo.
Occorrono provvedimenti definitivi che solo la classe politica regionale può chiedere ed ottenere. Il prossimo consiglio regionale del 30 dicembre può essere l’occasione per presentare – in sede di approvazione della legge finanziaria – una modifica integrativa della legge approvata due settimane fa ed avviare così l’Abruzzo tutto, terra e mare, verso un futuro sostenibile.
Alla conferenza erano presenti, Maria Rita D’Orsogna, professoressa dell’Università della California di Los Angeles, Francesco Stoppa, professore dell’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, e Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia.
Oggetto della conferenza stampa è stato un appello rivolto ai consiglieri regionali affinché nell’ultimo consiglio regionale dell’anno, previsto per domani, mercoledì 30 dicembre, procedano ad una modifica della legge 18 marzo 2009, n. 32 “Provvedimenti urgenti a tutela del territorio regionale”, approvata dal Consiglio regionale d’Abruzzo, finalizzata a bloccare le incombenti richieste di trivellazione sul mare Adriatico, a soli cinque chilometri dalla costa.
Fin dal momento della sua presentazione da parte del Presidente Chiodi, le Associazioni, pur apprezzando la legge regionale per quanto riguarda la tutela delle aree a terra, avevano subito richiesto che la norma fosse integrata con la tutela del tratto di mare antistante la costa abruzzese che è interessata per oltre 5.600 km quadrati da richieste e concessioni già in atto per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi.
Emergenza Ambiente Abruzzo chiede di utilizzare l’ottimo strumento del Piano di Gestione Integrata della Zona Costiera, previsto da una Direttiva Europea e dalla normativa italiana, e già utilizzato con successo dalla Regione Emilia Romagna per limitare il proliferare di piattaforme davanti alla propria costa.
Allo stesso tempo si era suggerito di prevedere strumenti di valutazione complessiva delle attività di ricerca sugli idrocarburi come la Valutazione Ambientale Strategica e la Valutazione di Impatto Sanitario che, non essendo stati oggetto di censura da parte del Governo nazionale al momento dell’impugnativa dinnanzi alla Corte Costituzionale della legge n. 2 del 2008 (cd. Legge blocca Centro Oli), potevano essere opportunamente reinseriti nella nuova normativa.
Purtroppo la proposta di prevedere la tutela anche del mare, pur presentata durante la discussione da alcuni gruppi in Consiglio regionale, non è stata accolta dalla maggioranza, lasciando la legge monca ed assolutamente inefficace per bloccare la deriva petrolifera a mare.
Una deriva petrolifera innegabile di cui si vedono ormai gli effetti.
A pochi km dalla costa teatina tra San Vito e Ortona è in arrivo “Ombrina mare 2”, una gigantesca piattaforma petrolifera con permesso di coltivazione, della compagnia inglese MOG (Mediterranean Oil & Gas).
Il 3 Dicembre 2009 il progetto di “Ombrina mare 2” è stato sottoposto al Ministero dell’Ambiente per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA).
Piattaforme come questa rimangono in esercizio per un minimo di 20/30 anni e, secondo quanto dichiarato agli organi di stampa internazionali dalla stessa Società proponente, saranno scavati altri 4 pozzi, oltre a quello già esistente, per estrarre petrolio e gas.
Del resto questo è solo l’ultimo atto di una serie di richieste di concessioni che riguardano il nostro mare.
A settembre, infatti, la società canadese Vega Oil e la società irlandese Petroceltic hanno avanzato una richiesta per trivellare a 7 km dal porto di Ortona con il progetto “Elsa 2”.
Ad ottobre la stessa Petroceltic ha avanzato richiesta per trivellare in altri 2 permessi a 5 km dalla costa a largo di Casalbordino e Vasto.
Presto arriveranno anche le richieste per trivellare il teramano.
Da quanto sta avvenendo nel nostro mare, l’Abruzzo ha tutto da perdere e nulla da guadagnare: il turismo, la pesca e l’agricoltura, oltre che la salute delle persone, saranno compromessi in cambio di royalties nulle per la regione e bassissime per lo Stato.
Le Associazioni ambientaliste, i comitati locali, le associazioni di categoria, enti locali, alcune realtà economiche e singoli cittadini stanno continuando ad intervenire nei procedimenti autorizzativi, presentando osservazioni in sede di Valutazione di Impatto Ambientale, ma è evidente che non si può continuare ad affrontare tale problematica in questo modo.
Occorrono provvedimenti definitivi che solo la classe politica regionale può chiedere ed ottenere. Il prossimo consiglio regionale del 30 dicembre può essere l’occasione per presentare – in sede di approvazione della legge finanziaria – una modifica integrativa della legge approvata due settimane fa ed avviare così l’Abruzzo tutto, terra e mare, verso un futuro sostenibile.






È incredibile che il Genio Civile sia così pronto a tagliare le piante presenti sui fiumi paventando chissà quali grandi rischi in caso di piena, ma non abbia mai niente da dire quando alle conferenze di servizi vengono approvate opere in cemento di centinaia di metri cubi in pieno alveo fluviale.


Da un punto di vista tecnico le Associazioni, dopo aver analizzato nel dettaglio i contenuti, hanno espresso la necessità di integrare e migliorare la proposta di legge in sede di discussione in Consiglio regionale in quanto la norma presenta alcune imprecisioni terminologiche, non risolve il problema delle concessioni di estrazioni già rilasciate e, soprattutto, non reca alcun riferimento alla situazione a mare, dove gli interessi delle compagnie petrolifere sono maggiori e più pressanti.
La mobilitazione della società abruzzese è ad un passo dal segnare un nuovo importante punto a tutela del territorio, come era già accaduto con il terzo traforo del Gran Sasso, la distribuzione di acqua dai campi pozzi a valle della megadiscarica di Bussi o con il prelievo di acqua da fiumi abruzzesi per venderla alla Puglia: è ora indispensabile compiere un ulteriore sforzo per rendere realtà le volontà manifestate e gli impegni assunti. 











Nella mattinata, tre classi dell’Istituto Gianni Rodari hanno partecipato ai laboratori didattici sul tema con l’aiuto degli educatori del WWF.
