Nelle ultime settimane si continua da più parti ad invocare la ripulitura (eufemismo utilizzato per intendere l’asportazione di tutta la vegetazione spondale) del Fosso Calvano nel Comune di Pineto perché si teme che, in caso di forti piogge, si possano creare problemi al deflusso delle acque.
Medesime richieste stanno riguardando i corsi d’acqua di tutta la provincia.
Sembra quasi che, in caso di piene, il pericolo deriverebbe dalle piante presenti lungo le sponde dei corsi d’acqua e non dalle centinaia e centinaia di metri cubi di cemento che si continuano a costruire negli alvei e delle zone di espansione di fiumi e torrenti.
Nel caso specifico, il pericolo sembrerebbe venire dalle piante presenti lungo il Calvano (che peraltro è stato ripulito solo l’anno scorso, almeno nel tratto terminale) e non dall’impermeabilizzazione del suolo seguita, ad esempio, alla realizzazione della zona artigianale in c.da Cannuccia nel bel mezzo di un bacino idrografico già fortemente pericoloso!
Possibile pensare che diano più problemi delle piante che delle costruzioni in cemento?
Si è completamente impermeabilizzata una gran fetta di territorio ed il risultato è che l’acqua, scorrendo più velocemente sul cemento, viene a valle con una velocità maggiore rispetto a prima.
Nelle ultime piene la vegetazione spondale presente lungo il Calvano non ha fatto altro che appiattirsi sul letto lasciando scorrere l’acqua che è stata in qualche modo rallentata nel suo decorso proprio dalle piante. Al contrario, tagliare a raso la vegetazione presente lungo le rive di un corso d’acqua non fa altro che accelerare la velocità con cui l’acqua arriva a valle travolgendo poi tutto.
Invece di spendere soldi ogni anno per far tagliare piante, sarebbe ora che si impedisse di costruire lungo il Fosso Calvano ed i suoi emissari e che si investissero quei soldi per adeguare gli attraversamenti in alveo (ponticelli) alle maggiori portate dei torrenti causate dall’aumentata cementificazione a monte.
E visto che ormai molte costruzioni sono state fatte, se si vuole veramente agire efficacemente per evitare danni alle cose ed alle persone in caso di piena, si dovrebbero realizzare aree di espansione e vasche di contenimento in varie zone come il Fosso Calvano sotto la Contrada Cavone (case Colleluori) e nell’area subito a valle del Vulcanello di fango, e in altre zone di Pineto come quella tra la piccola frazione di Villa Fumosa e l’abitato di Quartiere dei poeti, e nella zona di Corfù nell’area sulla sinistra orografica del torrente Foggetta lato collina: questi piccoli bacini andrebbero tenuti con pochi cm di acqua durante l’anno (servendo anche come aree di sosta per gli uccelli acquatici migratori e luoghi di attrazione per i turisti) ed in casi di piena fungerebbero da bacini di raccolta per le piogge torrenziali che lì smorzerebbero il loro impeto.
Sono decenni che si è capito che i corsi d’acqua non possono essere trattati come canali di scolo, eppure, ogni volta si continuano a fare gli stessi errori!
Per una corretta gestione del territorio e per prevenire possibili danni in caso di forti piogge, a Pineto come nel resto della provincia, dovremmo:
- creare le condizioni affinché gli agricoltori avviino operazioni colturali pluriennali in modo che i terreni siano coperti da vegetazione (erba medica e prati pascolo) più a lungo possibile;
- creare delle fasce di rispetto lungo i corsi d’acqua affinché questi possano esondare senza danno;
- evitare la ripulitura spondale che mette solo a nudo il terreno non più trattenuto dalle radici esponendolo alla forza dell’acqua;
- evitare di far costruire piazzali (come è successo a Borgo Santa Maria sia sul Fosso Calvano che sull’affluente Sabbione);
- costruire delle vasche di espansione per rallentare il decorso delle acque;
- evitare l’intubamento dei fossi che, una volta intubati, non possono più essere ripuliti;
- riaprire i canali realizzati nel secolo scorso che permettevano il deflusso delle acque dalla collina al mare e che oggi sono tombati sotto a palazzine, strade e piazzali;
- rinforzare gli argini più esposti, soprattutto in prossimità dell’abitato di Borgo Santa Maria, con opere di ingegneria naturalistica;
- evitare altre costruzioni in alveo e in collina;
- evitare il declassamento di aree classificate R4 (a forte rischio idrogeologico) per meri interessi di sviluppo urbanistico così come è successo nell’area a sud del quartiere Corfù andato completamente sott’acqua nell’ultima alluvione.
Medesime richieste stanno riguardando i corsi d’acqua di tutta la provincia.
Sembra quasi che, in caso di piene, il pericolo deriverebbe dalle piante presenti lungo le sponde dei corsi d’acqua e non dalle centinaia e centinaia di metri cubi di cemento che si continuano a costruire negli alvei e delle zone di espansione di fiumi e torrenti.
Nel caso specifico, il pericolo sembrerebbe venire dalle piante presenti lungo il Calvano (che peraltro è stato ripulito solo l’anno scorso, almeno nel tratto terminale) e non dall’impermeabilizzazione del suolo seguita, ad esempio, alla realizzazione della zona artigianale in c.da Cannuccia nel bel mezzo di un bacino idrografico già fortemente pericoloso!
Possibile pensare che diano più problemi delle piante che delle costruzioni in cemento?
Si è completamente impermeabilizzata una gran fetta di territorio ed il risultato è che l’acqua, scorrendo più velocemente sul cemento, viene a valle con una velocità maggiore rispetto a prima.
Nelle ultime piene la vegetazione spondale presente lungo il Calvano non ha fatto altro che appiattirsi sul letto lasciando scorrere l’acqua che è stata in qualche modo rallentata nel suo decorso proprio dalle piante. Al contrario, tagliare a raso la vegetazione presente lungo le rive di un corso d’acqua non fa altro che accelerare la velocità con cui l’acqua arriva a valle travolgendo poi tutto.
Invece di spendere soldi ogni anno per far tagliare piante, sarebbe ora che si impedisse di costruire lungo il Fosso Calvano ed i suoi emissari e che si investissero quei soldi per adeguare gli attraversamenti in alveo (ponticelli) alle maggiori portate dei torrenti causate dall’aumentata cementificazione a monte.
E visto che ormai molte costruzioni sono state fatte, se si vuole veramente agire efficacemente per evitare danni alle cose ed alle persone in caso di piena, si dovrebbero realizzare aree di espansione e vasche di contenimento in varie zone come il Fosso Calvano sotto la Contrada Cavone (case Colleluori) e nell’area subito a valle del Vulcanello di fango, e in altre zone di Pineto come quella tra la piccola frazione di Villa Fumosa e l’abitato di Quartiere dei poeti, e nella zona di Corfù nell’area sulla sinistra orografica del torrente Foggetta lato collina: questi piccoli bacini andrebbero tenuti con pochi cm di acqua durante l’anno (servendo anche come aree di sosta per gli uccelli acquatici migratori e luoghi di attrazione per i turisti) ed in casi di piena fungerebbero da bacini di raccolta per le piogge torrenziali che lì smorzerebbero il loro impeto.
Sono decenni che si è capito che i corsi d’acqua non possono essere trattati come canali di scolo, eppure, ogni volta si continuano a fare gli stessi errori!
Per una corretta gestione del territorio e per prevenire possibili danni in caso di forti piogge, a Pineto come nel resto della provincia, dovremmo:
- creare le condizioni affinché gli agricoltori avviino operazioni colturali pluriennali in modo che i terreni siano coperti da vegetazione (erba medica e prati pascolo) più a lungo possibile;
- creare delle fasce di rispetto lungo i corsi d’acqua affinché questi possano esondare senza danno;
- evitare la ripulitura spondale che mette solo a nudo il terreno non più trattenuto dalle radici esponendolo alla forza dell’acqua;
- evitare di far costruire piazzali (come è successo a Borgo Santa Maria sia sul Fosso Calvano che sull’affluente Sabbione);
- costruire delle vasche di espansione per rallentare il decorso delle acque;
- evitare l’intubamento dei fossi che, una volta intubati, non possono più essere ripuliti;
- riaprire i canali realizzati nel secolo scorso che permettevano il deflusso delle acque dalla collina al mare e che oggi sono tombati sotto a palazzine, strade e piazzali;
- rinforzare gli argini più esposti, soprattutto in prossimità dell’abitato di Borgo Santa Maria, con opere di ingegneria naturalistica;
- evitare altre costruzioni in alveo e in collina;
- evitare il declassamento di aree classificate R4 (a forte rischio idrogeologico) per meri interessi di sviluppo urbanistico così come è successo nell’area a sud del quartiere Corfù andato completamente sott’acqua nell’ultima alluvione.