Con un sit-in in piazza Primo Maggio a Pescara anche l’Abruzzo è stato toccato dalla campagna “Spiagge e mare Plastic Free” lanciata dal WWF Italia per salvare il mare e le coste dalla plastica.
Questa mattina i volontari dell’Associazione hanno allestito nel centro del capoluogo adriatico la mostra “Il mare del futuro?”, una esposizione del tutto particolare frutto della raccolta simbolica di materiale spiaggiato lungo il litorale abruzzese. L’iniziativa, che ha il patrocinio della Regione Abruzzo Settore Ambiente e del Comune di Pescara, è all’interno delle azioni del progetto GenerAzioneMare che il WWF Italia ha lanciato lo scorso anno per la difesa delle coste e dei mari italiani.
“L’Italia è al centro del Mar Mediterraneo, un mare piccolo rispetto agli Oceani, appena l’1% dei mari del mondo, ricco di biodiversità, ma con un’impronta umana insostenibile per l’inquinamento da plastica: nel bacino del Mediterraneo si concentra infatti il 7% della microplastica globale”, ha dichiarato Dante Caserta, Vicepresidente del WWF Italia. “Il Mare nostrum si sta trasformando in un mare di plastica e l’impatto sulle specie marine e sulla salute umana è enorme come abbiamo testimoniato nel nuovo report “Mediterraneo in trappola: salvare il mare dalla plastica” lanciato dal WWF Italia nelle scorse settimane. Non possiamo permettere che il Mediterraneo soffochi nella plastica: i danni che stiamo facendo al mare si stanno ripercuotendo su noi stessi”.
Il report del WWF delinea un quadro estremamente grave.
In Europa viene prodotto ogni anno un enorme quantitativo di rifiuti plastici: ben 27 milioni di tonnellate di cui solo un terzo è riciclato! La metà di quelli prodotti in Italia, Francia e Spagna finisce ancora in discarica mentre una percentuale consistente è abbandonata nell’ambiente. Il risultato è che centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti invadono il Mar Mediterraneo alterando pericolosamente gli equilibri ecosistemici e la biodiversità marina.
Lungo le coste mediterranee vivono 150 milioni di persone che producono tra i maggiori quantitativi di rifiuti solidi urbani procapite al mondo (208/760 kg/anno). E con la stagione turistica si genera un aumento del 40% dell’inquinamento da plastica. I rifiuti plastici sono trasportati dai grandi fiumi come il Nilo, l’Ebro, il Rodano, il Po che sfociano in mare dopo aver attraversato aree densamente popolate.
La plastica rappresenta oggi il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo e proviene in ordine da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Tra le radici profonde dell’inquinamento da plastica ci sono ritardi e lacune nella gestione dei rifiuti nella gran parte dei Paesi del Mediterraneo.
La plastica è un nemico invasivo e spietato, difficile da quantificare (e quindi da sconfiggere) e che ormai è entrato nella catena alimentare.
Le microplastiche, frammenti più piccoli e insidiosi, raggiungono nel Mar Mediterraneo concentrazioni record di 1,25 milioni di frammenti per chilometro quadrato, quasi 4 volte superiori a quelle registrate nell’Isola di plastica dell’Oceano Pacifico settentrionale. Questi frammenti piccolissimi, presenti anche in moltissimi detergenti, entrano nella catena alimentare minacciando così un gran numero di specie animali e mettendo a rischio anche la salute umana.
Le macroplastiche invece feriscono, strangolano e causano spesso la morte di animali come tartarughe e uccelli marini: un grave pericolo per le 134 specie tra pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini che vivono nel Mar Mediterraneo. Nello stomaco di tutte le specie di tartarughe presenti nel bacino si ritrova la plastica con il caso limite di un individuo in cui sono stati trovati ben 150 diversi frammenti!
Inoltre la plastica galleggiante è una vera e propria spugna che assorbe i contaminanti marini, come pesticidi e ftalati, che poi rilascia nello stomaco degli organismi che la ingeriscono. Ogni singolo frammento di plastica può essere colonizzato da alghe, microrganismi e batteri, anche pericolosi come i vibrioni, tanto da creare un vero e proprio nuovo ecosistema chiamato plastisfera: il 78% di questi contaminanti è tossico, persistente e si accumula nei tessuti animali.
L’ingente presenza di plastica oltre che per la biodiversità e la salute è una grave minaccia anche per importanti settori economici del Mar Mediterraneo, soprattutto pesca e turismo. Il fenomeno costa al settore della pesca dell’Unione Europea circa 61,7 milioni di euro l’anno in quanto determina minori catture, e quindi minori entrate, danni a imbarcazioni e attrezzi da pesca, nonché riduzione della domanda da parte dei consumatori preoccupati dalla presenza di plastica nel pesce.
“Quello che accade in tutto il Mar Mediterraneo, accade anche nel mare davanti alla costa abruzzese”, dichiara Luciano Di Tizio, delegato del WWF Abruzzo. “Il materiale che abbiamo raccolto sulle nostre spiagge in questi ultimi giorni e che è alla base della mostra “Il mare del futuro?” ne è una prova. In pratica con le mareggiate e le correnti il mare ci restituisce una parte dei rifiuti che noi buttiamo. E non a caso abbiamo voluto fare questo sit-in proprio nella città più grande della regione, una dei centri più importanti del Mar Adriatico: vogliamo far vedere a tutti i danni che comportamenti sbagliati stanno producendo al nostro mare, per far capire anche quanto è importante agire subito per correre ai ripari”.
E proprio per questo il WWF ha lanciato una petizione con quattro richieste al Governo e al Parlamento:
- impegnarsi affinché venga alla luce al più presto la Direttiva europea che vieta 10 prodotti di plastica monouso;
- si introduca una cauzione sugli imballaggi di plastica monouso;
- sia vietato l’uso di microplastiche in tutti i beni di consumo;
- vengano finanziati la ricerca e il recupero delle reti da pesca di plastica fantasma che vengono tuttora abbandonate in mare.