GABRIELE MARRAMÀ E LA SUA MONTAGNA
di Giacinto Damiani e Barbara Marramà
Medico e funzionario delle Poste, Gabriele Marramà (Teramo, 1878-1966) è ricordato come uno dei primi fotografi teramani, sicuramente tra i più interessanti.
Animato da una grande passione per la documentazione e per il mezzo fotografico, egli ritrae con eccezionale sensibilità ciò che più lo attrae, la montagna, in particolare quella teramana.
La fotografia, per Marramà, rappresenta uno straordinario mezzo di espressione, col quale restituire delle visioni assolutamente personali, mai scontate, di un escursionismo montano ancora agli esordi.
Il Gran Sasso, i Monti della Laga, i Monti Gemelli sono per Marramà luoghi di profonda ispirazione e scoperta antropologica, naturalistica, paesaggistica, ma anche luoghi ideali di socializzazione e genuina fratellanza.
La sua visione di inizio secolo ci restituisce un tassello fondamentale della storia iconografica della montagna abruzzese, straordinaria testimonianza di una natura floridissima e incontaminata, di un paesaggio montano tra i più suggestivi e impervi d’Europa, tutte caratteristiche, queste, che avrebbero portato, dopo oltre settant’anni, alla nascita e sviluppo in quei luoghi di uno dei Parchi Nazionali europei tra i più estesi e importanti: il “Gran Sasso e Monti della Laga”.
Lo sguardo, la prospettiva di Marramà può apparirci oggi - e lo è stato di sicuro - estremamente lungimirante: lui aveva compreso pienamente la straordinarietà di questi luoghi che non si è mai stancato di frequentare e ritrarre, più e più volte, con immutata passione.
Nella sua mente, nei suoi occhi, nel suo cuore, era come se fosse già chiara, per questi territori, l’idea di “area protetta”, una sorta di parco ante litteram, luogo ideale dove ritemprarsi nello spirito e nel corpo, a stretto contatto con gli elementi naturali ma anche umani.
Il materiale fotografico è imponente, più che per mole per valore espressivo e documentale.
Le suggestive immagini in bianco e nero ritraggono il Paretone del Gran Sasso, il Pizzo di Moscio, le cascate e i boschi della Laga, le gite estive e invernali del C.A.I. Sezione di Teramo, del Touring Club Italiano, gli attendamenti sotto il Corno Piccolo, sull’Arapietra, le vedute mozzafiato su Campo Imperatore, escursionisti e gitanti alla scoperta degli ambienti più incontaminati della montagna o dei bellissimi centri storici montani.
Ma l’interesse fotografico di Gabriele Marramà non si esaurisce nelle cronache dell’escursionismo montano, delle ‘gite in montagna’; la sua è anche una ricerca dei fatti semplici della vita quotidiana delle genti della montagna, che lo porta a ritrarre il lavoro delle carbonaie, dei boscaioli e dei taglialegna, i pascoli d’altura, i contadini, gli artigiani al lavoro, le greggi ora in quota ora in cammino sul Tratturo teramano verso il Tavoliere.
Altro soggetto di grande interesse per Marramà è quello dei centri abitati montani, che il Nostro ritrae sempre privilegiando l’aspetto della presenza umana, della vita nel borgo, dell’incontro tra paesani e gitanti in visita.
L’aspetto ‘alpinistico’ in questa rassegna non è certamente secondario: cime innevate, passaggi e sentieri, rifugi, vengono fissati dall’obiettivo con grande senso estetico e un’attenzione alla composizione dell’immagine che sicuramente rivelano una sensibilità artistica non trascurabile. Le belle immagini in cui è visibile l’estensione, a quel tempo, del ghiacciaio del Calderone, oggi fortemente ridimensionato per le note cause di impatto antropico e climatico, rappresentano un documento di notevole interesse.
L’acqua, poi, è uno dei temi più cari a Marramà, in particolare egli ama ritrarre le cascate e i salti d’acqua, sotto i quali è sempre puntuale la presenza dell’uomo.
E infine il tema della religiosità, con le stupende immagini della devozione alla Madonnina del Gran Sasso, dei sentiti pellegrinaggi popolari, delle chiesette e degli eremi rupestri.
La montagna di Gabriele Marramà - si può dire - è fatta soprattutto di uomini e donne: escursionisti, paesani, lavoratori; la montagna è il pretesto, o se si vuole il ‘luogo ideale’, per fissare in immagini i ricordi, le curiosità, le passioni di una vita.
Un corpus documentale d’epoca sul Gran Sasso e sui Monti della Laga forse mai visto prima, per ricchezza narrativa, spessore culturale e valore documentale.