2.10.09

Quale futuro per l'Abruzzo?

Come è il futuro energetico dell’Abruzzo? Non buono a giudicare dalle omissioni e dai ritardi che stanno caratterizzando le azioni del Governo regionale in questo settore.
Il dato di partenza è che la Regione Abruzzo non ha ancora approvato lo strumento di pianificazione di settore, il Piano Energetico Ambientale Regionale che la precedente Giunta predispose, ma non fece approvare, e sul cui destino l’attuale Giunta non ha ancora fatto chiarezza.
Nel concreto, però, mentre in Abruzzo non si decide, altrove si decide per l’Abruzzo.
La deriva petrolifera colpisce la nostra regione il cui territorio è al 50% interessato da concessioni per ricerche ed estrazioni di idrocarburi. È dell'altroieri la notizia del ritiro dalla competente commissione del Consiglio regionale della legge sulle royalties che non avrebbe impedito la realizzazione di una raffineria in Abruzzo, né tanto meno avrebbe posto un freno all’estrazione di petrolio in mare e sulla terra ferma.
In pratica la Regione ha perso mesi di tempo senza ottenere nulla, predisponendo un testo normativo talmente inefficace da doverlo addirittura ritirare (nonostante fosse stato presentato dallo stesso Presidente Chiodi e dal capogruppo del principale partito di governo).
Nel frattempo si avvicina il 31 dicembre 2009, termine di efficacia della cosiddetta legge blocca Centro Oli (legge peraltro impugnata dal Governo nazionale davanti alla Corte Costituzionale).
L’attuale Governo regionale sembra non aver compreso che per l’Abruzzo si sta delineando un futuro nero e non sembra impegnato ad impedirlo. Le dichiarazioni di principio di contrarietà alla realizzazione di un Centro Oli ad Ortona non sono più sufficienti, perché il problema non è la localizzazione di un Centro Oli in un sito piuttosto che un altro, ma individuare una strategia per impedire che l’Abruzzo scivoli verso la deriva petrolifera.

E come se non bastasse è mancata anche la difesa dell’Abruzzo dal pericolo di creare una centrale nucleare sul nostro territorio e sul quello limitrofo. Lo scorso 11 settembre WWF, Greenpeace e Legambiente hanno invitato tutte le regioni italiane a ricorrere davanti alla Corte Costituzionale per fermare la legge n. 99/2009 che centralizza le procedure per la scelta di siti dove costruire centrali nucleari, militarizzando di fatto le aree scelte dal Governo nazionale ed esautorando le Regioni e gli Enti locali da qualsiasi possibilità di intervenire nei processi decisionali.
Ebbene, mentre 12 regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Molise che rappresentano circa il 60% del territorio italiano) hanno deciso di impugnare la legge, ed altre come Veneto, Sicilia e Sardegna hanno già manifestato formalmente la loro contrarietà ad ospitare centrali, il nostro Governo regionale ha preferito guardare dall’altra parte, rinunciando di fatto a rivendicare il proprio diritto a decidere se e dove far realizzare una centrale nucleare in Abruzzo.
È questo il futuro che si vuole per l’Abruzzo?
È così che si difendono gli interessi degli abruzzesi?