L'intervento di Filomena Ricci, delegata regionale del WWF Abruzzo, e Dante Caserta, vicepresidente nazionale del WWF Italia, pubblicato su Il Centro il 17 gennaio scorso.
La cronaca giornalistica di questi ultimi giorni ci restituisce un’immagine surreale della nostra regione. Da un lato il totale fallimento della gestione e della manutenzione persino delle infrastrutture principali (quelle di secondo piano sono allo sfascio da tempo), dall’altro la presentazione di pesanti infrastrutturazioni in montagna.
A fronte di una mancanza di neve e di intere settimane con temperature ben al di sopra della media stagionale, invece di pianificare interventi per il contrasto all’innalzamento della temperatura e per l’adattamento ai cambiamenti climatici ormai in atto, frotte di amministratori locali e regionali presentano nuovi faraonici progetti di impianti sciistici.
Per tutte le vette dell’Appennino abruzzese, anche se sono all’interno di aree naturali protette di valenza internazionale, si mettono in cantiere nuove seggiovie, nuove piste da sci e, siccome non c’è neve, nuovi impianti di innevamento artificiale. Nonostante le stazioni sciistiche siano in perdita, nonostante la maggior parte continuino ad essere chiuse a gennaio per mancanza di neve, nonostante non si trovi nessun imprenditore disposto a investire di tasca propria su attività che sopravvivono solo grazie ad investimenti pubblici di milioni e milioni di euro ogni anno, dalla Regione arriva l’impegno a costruire nuovi bacini sciistici che, se realizzati, andranno e distruggere aree sino ad oggi incontaminate. Si arriva a prevedere un trenino ad idrogeno per collegare stazioni sciistiche mentre abbiamo un trasporto pubblico che vede i pendolari sempre più vessati tra pullman fatiscenti e treni soppressi…
L’immagine che ne viene fuori è fin troppo abusata: i concertisti che continuano a suonare mentre il Titanic affonda.
Non sapevano fare altro i concertisti, non sanno fare altro i nostri amministratori che propongono investimenti su un modello di sviluppo ambientalmente insostenibile e ormai economicamente esaurito da oltre 20 anni.
Ma la domanda che dovremmo porci è questa: noi abruzzesi che esprimiamo questa classe dirigente, sempre uguale nonostante l’abituale avvicendamento quinquennale tra centrodestra e centrosinistra, siamo in grado di chiedere qualcosa di nuovo? Esiste una società civile capace di ottenere dalla politica di porre al centro dello sviluppo la tutela dell’ambiente, patrimonio indispensabile per la nostra vita e il nostro benessere e da cui dipende qualsiasi crescita economica e sociale? Siamo in grado di trasformare la sacrosanta partecipazione alle marce dei Fridays for future in impegno costante e giornaliero per progettare insieme un presente e un futuro diversi?