30.12.15

Qualità dell’aria e diritto alla salute

 
“Il diritto alla salute - come ha recentemente affermato la Presidente del WWF Italia Donatella Bianchi - viene prima di ogni altro interesse economico e garantirlo è un dovere del mondo politico e istituzionale. Per combattere l’inquinamento atmosferico, come è avvenuto per i cambiamenti climatici, servono decisioni drastiche e strategie mirate basate su criteri scientifici e nuovi modelli di mobilità e di organizzazione urbana”.
 
L’EMERGENZA EMISSIONI
Oggi si parla di emergenza poiché i limiti tollerabili degli inquinanti presenti nell’aria sono stati da tempo superati. Questo è avvenuto anche in conseguenza di condizioni climatiche peculiari. Ad innalzare il livello di smog nei centri urbani ha infatti certamente contribuito un mese di dicembre senza vento ed eccezionalmente siccitoso in cui è caduto il 95% di acqua in meno rispetto alla media del periodo, dopo un novembre con piogge praticamente dimezzate (-49% nella media italiana con punte di -80% al Nord). La “colpa” non è tuttavia soltanto dei cambiamenti climatici in atto. Secondo il WWF con le scelte dei vari governi che si sono succeduti l’Italia ha perso almeno 10 anni, durante i quali si sarebbero dovuti investire fondi per sbloccare l’immobilismo e l’arretratezza del trasporto pubblico con interventi coraggiosi sulla mobilità atti a rendere vivibili le città, soprattutto le grandi città, oggi soffocate dallo smog. L’aria irrespirabile di questi giorni è il frutto diretto di questo ritardo che provoca ripercussioni economiche e sociali oltre che ambientali. Ancora oggi però - il WWF lo ha denunciato con una nota diffusa ieri l’altro a livello nazionale - non vediamo a livello governativo piani di investimento a lungo termine per il potenziamento dei trasporti pubblici nelle grandi aree metropolitane né interventi coerenti a questo scopo in sede locale.
L’inquinamento ha invece raggiunto nel frattempo livelli preoccupanti. Ancor più se si considera che gli standard dell’Unione Europea (e quindi anche dell’Italia) per il PM 10 e per il PM 2.5 sono tuttora ben distanti dalle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Unione Europea fissa infatti a 40 microgrammi per metro cubo la media annuale di riferimento per il PM 10, mentre l’O.M.S. indica il limite precauzionale a 20 microgrammi per metro cubo; per il PM 2.5 l’Unione indica come media annua il limite di 25 microgrammi per metro cubo, contro i 10 microgrammi per metro cubo raccomandati dall’O.M.S. Questo vuol dire che applicando i limiti indicati dall’O.M.S. la situazione appare notevolmente più drammatica di quanto non si percepisca.
Le micro polveri (PM sta per Particulate Matter o Materia Particolata cioè in micro particelle) sono estremamente pericolose per la salute umana, a causa della capacità di penetrazione nel nostro organismo soprattutto del PM 2,5 costituito da polveri che sono quattro volte più piccole di un globulo rosso. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima in 3,7 milioni l’anno le morti dovute a cause direttamente prodotte dall’inquinamento atmosferico. “Ecco perché - lo ha sottolineato lunedì scorso la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi - gli interventi di urgenza decisi dalle amministrazioni comunali hanno lo stesso valore di un ‘codice rosso’ da pronto soccorso dove l’inquinamento va ridotto drasticamente e in poco tempo. Gli interventi di questi giorni dunque sono necessari, ma non risolvono certo la cronicità della malattia/inquinamento: per questa occorrono misure strutturali ben più complesse”.
 
UNA CURA A LUNGO TERMINE
Una vera soluzione al problema potrà aversi soltanto con una efficace programmazione che metta al primo posto la salute dei cittadini.
 
PIANIFICAZIONE DEI TRASPORTI PUBBLICI. Nel settore dei trasporti l’abbattimento delle emissioni è legato a tre fattori principali: l’incremento dell’efficienza dei veicoli, l’aumento dell’utilizzo di energia “pulita” o almeno poco inquinante, il migliore utilizzo delle reti di trasporto attraverso una pianificazione urbanistica oculata e il potenziamento dei mezzi pubblici. Occorre in primo luogo affrontare il problema in un quadro di area vasta, che vada oltre i confini comunali. Bisogna che le amministrazioni comunali, con un ruolo propulsivo e di coordinamento garantito dalla Regione, vadano oltre antiche e dannose visioni campanilistiche coordinando i trasporti urbani e interurbani in una ottica di efficienza e di riduzione delle emissioni attraverso una adeguata programmazione che preveda la graduale sostituzione dei mezzi obsoleti in favore di mezzi a emissioni zero o comunque a emissioni ridotte, a cominciare da quelli elettrici e/o ibridi, da impiegare con corsie preferenziali in alternativa al traffico privato e non in alternativa al traffico pedonale e ciclabile. In questo quadro sarebbe fondamentale, attraverso la rete esistente intelligentemente potenziata, un rilancio del trasporto ferroviario, con frequenti corse a costi ridotti (biglietto unico a tempo integrato con le linee su gomma), che colleghi le aree maggiormente interessate da flussi quotidiani di persone (università, ospedali, ecc.).
Si tenga conto del fatto che oggi la preferenza che molti danno all’auto privata rispetto ai mezzi pubblici è direttamente connessa a una serie di disservizi molti dei quali sono direttamente legati al traffico in eccesso: tempi di percorrenza eccessivi, mancato rispetto degli orari, mezzi obsoleti e scarsamente confortevoli.
 
TRAFFICO PRIVATO. Vanno potenziate, in particolare nelle aree pianeggianti o modestamente elevate, le piste ciclabili in condizioni di sicurezza, anche a livello metropolitano. Una pista lungo i fiumi, ad esempio, può essere utilizzata anche da pendolari per la mobilità quotidiana.
Va scoraggiato con adeguati controlli l’impiego di vetture a forte impatto ambientale. Sui 49.150.466 veicoli circolanti in Italia (dati ACI 2014), più di 11 milioni sono di classe zero, 1 e 2 (le più inquinanti) e almeno 15 milioni di classe 3 e 4, oltre a 6,5 milioni di motocicli. La percentuale di veicoli con standard meno inquinanti è ancora troppo bassa. Resta poi sempre il problema dello ‘spazio’ disponibile nelle città per i veicoli privati: l’impatto numerico, anche se di veicoli meno inquinanti, va gestito secondo criteri di sostenibilità.
Servirà anche una campagna informativa per ottenere una piena collaborazione della cittadinanza: non tutti hanno ben chiari i principi della mobilità sostenibile e i vantaggi che tale scelta comporta per il benessere e la salute di ciascuno di noi. Occorre inoltre andare oltre le strategie sino a oggi seguite a livello nazionale, che privilegiano piani strategici e investimenti consistenti sulle lunghe tratte, sia stradali che ferroviarie. La gran parte della mobilità che quotidianamente coinvolge i cittadini si basa infatti su distanze nell’ordine di qualche decina di chilometri in una sorta di pendolarismo di area vasta, che determina un incredibile flusso di traffico concentrato, per quanto riguarda il nostro territorio, in gran parte all’interno della grande area metropolitana già indicata.
 
NON SOLO TRAFFICO. Un’altra esigenze che l’attuale situazione impone è quella di procedere in modo sistematico al controllo delle caldaie anche stabilendo azioni di responsabilità nei confronti di quanti non fanno manutenzioni che garantiscano di mantenere le emissioni al di sotto dei limiti consentiti. Ma non solo sui privati: una grave incongruenza, registrata da chiunque abbia avuto modo di frequentare uffici pubblici, è il riscaldamento esagerato di tali ambienti, cui spesso si pone “rimedio” tenendo finestre aperte, con spreco di denaro e inutile inquinamento dell’aria. Una situazione analoga si registra anche in diversi esercizi commerciali.
Tra le fonti di inquinamento non va dimenticato l’apporto negativo delle industrie, per le cui emissioni sono indispensabili accurati controlli, né quello dell’ipotizzato inceneritore che, ovunque collocato in Abruzzo, rappresenterebbe un evidente ulteriore fattore di peggioramento per la qualità dell’aria e che i sindaci, quali primi tutori della salute dei cittadini, devono apertamente osteggiare programmando in alternativa una efficiente gestione dei rifiuti basata in forma prioritaria sulla riduzione, riuso, recupero e riciclo.
 
PIANIFICAZIONE URBANISTICA. “Piantare alberi nella città – citiamo dal sito del Comune di Verona – è una operazione che offre molteplici vantaggi” ambientali, igienici, climatici, estetici, sociali e culturali. “Il vantaggio più immediato è l’assorbimento degli inquinanti (…). Le ricerche effettuate sull’argomento hanno evidenziato che un ettaro di superficie a bosco trattiene in un anno 50 tonnellate di polveri”. Il WWF chiede: quanta superficie a verde e in particolare quanti alberi sono stati sacrificati negli ultimi anni nelle nostre città in favore del cemento? E quanti boschi urbani esistono nell’area metropolitana vasta? Qualche pianta qua e là sui marciapiedi e nelle isole pedonali, pur rappresentando un lodevole sforzo, non basta e i dati di questi giorni lo dimostrano. Nel pianificare il proprio futuro le nostre città devono riscoprire a livello urbanistico il valore del verde diffuso e delle isole senza traffico e devono pianificare di concerto con le città confinanti allo scopo primario di garantire la salute dei cittadini.