Il disegno di legge n. 119 di riforma della legge quadro sulle aree naturali protette (Legge n. 394/91) per il quale il Senato ha approvato la
dichiarazione d’urgenza nei giorni scorsi conferma purtroppo il prevalere degli interessi particolari
e privati nella gestione del patrimonio naturale e culturale del Paese.
Il
disegno di legge presentato dal Senatore D'Alì soddisfa senz’altro gli interessi
di cacciatori e
cavatori e quanti altri interpretano i parchi essenzialmente come
ostacolo ai propri particolari interessi e considerano le norme di tutela solo
un vincolo all’utilizzo delle risorse naturali. Purtroppo la somma degli
interessi particolari, anche degli agricoltori, non corrisponde mai
all’interesse pubblico generale del Paese.
Le maggiori
Associazioni ambientaliste, che seguono l'iter di questa riforma sin dalla precedente legislatura, hanno criticato la decisione del Senato di procedere con
urgenza all’esame del disegno di legge presentato dal Senatore
D'Alì, che ripropone
integralmente il testo raffazzonato e
improvvisato approvato dalla Commissione Ambiente del Senato al termine della
scorsa legislatura.
Con questa dichiarazione di urgenza, il
ddl n. 119 diventa purtroppo il testo di riferimento per la riforma della legge
quadro sulle aree naturali protette e si allontana così
la possibilità di un sereno confronto sulla riforma della legge, esasperando
ulteriormente il conflitto tra le Associazioni ambientaliste e chi, caparbiamente, continua a sostenere e difendere i contenuti della riforma proposta dal Senatore
D’Alì. Una riforma che allontana i parchi dalla loro missione prevalente: la
conservazione della natura.
Con l’adesione del CTS si allarga nel frattempo il fronte delle Associazioni ambientaliste che criticano i contenuti, le modalità ed i tempi di questa riforma.
CTS, FAI, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Pronatura, Touring Club Italiano e WWF Italia considerano infatti grave procedere alla modifica della normativa di riferimento per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nel nostro Paese senza una adeguata analisi e riflessione sullo stato di applicazione della legge quadro ed una attenta valutazione sulla gestione attuale dei parchi.
Con l’adesione del CTS si allarga nel frattempo il fronte delle Associazioni ambientaliste che criticano i contenuti, le modalità ed i tempi di questa riforma.
CTS, FAI, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness, Pronatura, Touring Club Italiano e WWF Italia considerano infatti grave procedere alla modifica della normativa di riferimento per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette nel nostro Paese senza una adeguata analisi e riflessione sullo stato di applicazione della legge quadro ed una attenta valutazione sulla gestione attuale dei parchi.
Le otto Associazioni
chiedono al Parlamento l’avvio di un ampio confronto con tutte le parti
interessate sul rilancio del ruolo dei parchi e delle riserve
naturali per garantire una
efficace conservazione del patrimonio naturale del Paese e si adopereranno già
dai prossimi giorni per presentare e far comprendere a senatori e deputati le
ragioni del loro dissenso sui contenuti del disegno di legge D’Alì.
Le ragioni della contrarietà
Le maggiori Associazioni
ambientaliste non condividono le proposte di riforma della Legge 394/1991
presenti nel disegno di legge n. 119 del Senatore D’Alì per almeno 4
motivi:
1. perché verrebbero rivisti gli
equilibri, in modo evidente e comprensibile anche
per i non addetti ai lavori, tra
coloro che rappresentano negli enti di
gestione interessi nazionali generali e chi rappresenta interessi
particolari e privati. Nessuno intende contrapporre i legittimi interessi
delle comunità locali alle esigenze di tutela della natura, ma è quanto mai
opportuno nel nostro Paese assicurare il rispetto di quella gerarchia di valori
ribadita in più occasioni dalla Corte Costituzionale per la quale la tutela
dell’ambiente dovrebbe prevalere sempre su qualunque interesse economico
privato;
2. è piena d’insidie la distinzione
artificiosa che si vorrebbe introdurre tra attività venatoria e controllo della
fauna selvatica, pur con la supervisione dell’ISPRA, l’Istituto di ricerca del Ministero dell’Ambiente. Si
prevede di fatto un diretto coinvolgimento dei cacciatori nella gestione
della fauna all’interno delle aree naturali protette. La normativa attuale già
consente interventi da parte degli Enti Parco per la gestione dei problemi che
alcune specie, essenzialmente il cinghiale, possono determinare se presenti in
sovrannumero. La riforma prevista rischia di
aprire le porte alla caccia nei parchi per interessi lontani dalla
conservazione della biodiversità nel nostro Paese;
3. manca, inoltre, come indispensabile
premessa ad ogni ipotesi di riforma della legge attuale, una seria analisi
dei problemi nella gestione dei parchi in relazione al ruolo centrale che
dovrebbero svolgere per la tutela della natura. Risale infatti al 2002, cioè alla seconda Conferenza nazionale sulle aree
naturali protette di Torino, l’ultima occasione di ampio confronto e dibattito
sul nostro sistema nazionale di parchi e riserve naturali;
4. c’è infine da rilevare
che,
in assenza di una seria
valutazione sullo stato delle nostre aree naturali protette le proposte di
riforma della Legge entrano esclusivamente nel merito delle rappresentanze negli
Enti di gestione, delle procedure di nomina di Presidenti e Direttori, di
possibili meccanismi di finanziamento attraverso royalty che rischiano di determinare pesanti condizionamenti
nella gestione delle risorse naturali dei territori protetti e nella gestione
della fauna attraverso un discutibile quanto inopportuno coinvolgimento del
mondo venatorio.