29.4.20

Centri riuso e raccolta rifiuti a Roseto: buona iniziativa, localizzazione da rivedere


Come spesso accade quando non si costruisce un percorso partecipato coinvolgendo i cittadini sulle scelte da effettuare, nei giorni scorsi si è acceso un dibattito nella città di Roseto degli Abruzzi sulla realizzazione di un nuovo Centro per il riuso e di un nuovo Centro per la raccolta dei rifiuti urbani in località Fonte dell’Olmo.
Domani, infatti, i progetti di questi nuovi impianti arrivano in consiglio comunale per l’approvazione.
Si tratta di due opere molto utili per la gestione del ciclo dei rifiuti perché ne facilitano il corretto smaltimento, il riuso e/o l’avvio al riciclo da parte dei cittadini.
Però, anche se si tratta di impianti che, se ben gestiti, non presentano particolari problemi, trattandosi comunque di centri deputati al trattamento di rifiuti, ciò che non convince è la localizzazione individuata dall’Amministrazione Comunale. In località Fonte dell’Olmo, infatti, sorgono i principali impianti sportivi cittadini e l’area è destinata dal Piano Regolatore Generale comunale a “Verde pubblico attrezzato” (F1). L’approvazione dei due centri dovrà quindi essere preceduta da una variante al PRG comunale e non è mai una buona cosa quando si decide di scavalcare la pianificazione generale per realizzare un’opera puntuale.
Invitiamo l’Amministrazione comunale a ritardare di qualche settimana l’approvazione degli interventi, dando così modo di valutare ipotesi alternative di localizzazione o comunque meglio illustrare le ragioni della sua scelta, a maggior ragione se, come risulta, si tratta di fondi regionali attivati nel 2013 di un Fondo PAR FSC Abruzzo 2007/2013.

24.4.20

I gechi si mettono in posa!

Geco comune
WWF Abruzzo e Societas Herpetologica Italica Sezione Abruzzo e Molise (SHI), lanciano una azione di citizen science rivolta a tutti i cittadini: scoprire, fotografare e segnalare i gechi che vivono di solito sui muri esterni delle nostre abitazioni.
Con l’espressione citizen science (scienza dei cittadini) si indicano le attività di ricerca scientifica cui partecipano semplici cittadini: una prassi sempre più diffusa che, grazie al numero consistente di persone che vi prendono parte, consente spesso risultati di rilievo. Quello che WWF e SHI propongono è di effettuare una mappatura della presenza aggiornata dei gechi a livello regionale.
"I gechi – spiega il coordinatore regionale della SHI Marco Carafa - sono piccoli sauri che cacciano prevalentemente nelle ore crepuscolari, ma che si possono osservare, su muri e pareti verticali, anche in pieno sole. Sono totalmente innocui, a dispetto di quanto a volte si sente dire. In Abruzzo ne sono segnalate due specie: Hemidactylus turcicus, detto geco verrucoso, con abitudini più spiccatamente notturne, e Tarentola mauritanica, o geco comune, molto più diffuso. Si trovano lungo la fascia costiera e collinare della regione, ma spesso anche nelle zone interne, a volte persino in alta montagna. Confidiamo nei cittadini per una mappatura più completa della loro presenza".

Geco verrucoso
"In questi giorni in cui siamo tutti in casa o nelle sue immediate vicinanze per gran parte della giornata - aggiunge Filomena Ricci, delegato WWF Abruzzo – abbiamo l’occasione per essere più vicini alla natura. Perché non approfittarne anche per dare un nostro contributo alla scienza? Si tratta davvero di un piccolissimo sforzo ma se lo faremo in tanti sarà possibile ottenere risultati importanti per la conoscenza e la salvaguardia di animali che abbiamo sempre davanti agli occhi ma dei quali sappiamo ancora troppo poco e su cui c’è tanto da scoprire, col contributo di tutti. La nostra iniziativa regionale si inquadra nell'ambito della campagna "Natura dalla finestra" per raccogliere segnalazioni di piante, fiori, insetti, uccelli, mammiferi: un modo semplice per passare un po' di tempo e dare una mano alla ricerca".
Le segnalazioni, preferibilmente corredate da una foto, devono indicare l’ora e la data dell’avvistamento e il posto preciso, se possibile con le coordinate GPS oggi facilmente rilevabili con un telefonino. Vanno inviate via mail a chietipescara@wwf.it indicando nell’oggetto “segnalazione gechi”. Nel caso il segnatore non voglia essere citato deve specificarlo nella mail: i dati raccolti saranno infatti utilizzati per testi scientifici nei quali tutti i cittadini partecipanti saranno ringraziati per il loro prezioso contributo. Il lavoro è coordinato da Nicoletta Di Francesco, erpetologa e responsabile conservazione della Sezione locale SHI oltre che presidente del WWF Chieti-Pescara.

20.4.20

L'Abruzzo ri-nasca come Regione Verde d'Europa!


L'attuale pandemia sta mettendo in crisi la nostra civiltà e quelle che credevamo ne fossero le colonne (democrazia, capitalismo, globalizzazione) ed evidenza le molte criticità del rapporto uomo-natura legate al nostro modo di produrre e consumare, ai nostri stili di vita e disuguaglianze sociali. Papa Francesco, la cui immagine in una Piazza S. Pietro deserta figurerà nei libri di storia che parleranno di questi momenti, ha consegnato al mondo una frase che ci deve aiutare a riscrivere il futuro: “Pensavamo di vivere sani in un mondo malato”.
Il passaggio di patogeni dagli animali selvatici all'uomo è stato facilitato dalla progressiva distruzione e modificazione degli habitat naturali, mentre l’inquinamento e modelli di sviluppo ormai superati (cemento, petrolio e discariche) hanno contaminato le basi della nostra salute. Errori fatali, dettati spesso dalla non conoscenza o peggio dalla ricerca della ricchezza per pochi a scapito della salute di tanti. Ma ora sappiamo che nessuno è salvo, siamo tutti sulla stessa barca e possiamo sopravvivere solo insieme, senza dimenticare nessuno.
Adesso che ci avviciniamo alla fase 2, dobbiamo far tesoro di questo duro insegnamento e affrontare la ripartenza in sicurezza con al centro il valore della vita e modelli economici, sociali e ambientali sostenibili, volti a superare povertà e disuguaglianze.
«Dentro questo quadro - dichiara Filomena Ricci, delegato regionale del WWF - l’Abruzzo deve ri-nascere regione Verde d’Europa, con la forza della sua natura e dell’economia circolare. Le aree protette, con il loro grande patrimonio di biodiversità e di ecosistemi naturali, restano lo strumento principale per preservare la nostra salute e il nostro benessere. Sono un laboratorio di sostenibilità applicata e devono tornare a essere uno dei pilastri dell’Abruzzo che verrà». 
Occorre un’azione coordinata dai Parchi nazionali, eccellenze di conservazione riconosciute a livello internazionale, con il pieno coinvolgimento delle aree protette regionali. Nello studio presentato lo scorso dicembre a Pescara, coordinato dal Prof. Marino dell’Università del Molise che considerava solo 4 riserve (Calanchi di Atri, Gole del Sagittario, Monte Genzana e Lecceta di Torino di Sangro), emergeva che il “Capitale Naturale” ammonta a più di 2,2 miliardi di euro. E già nel 2014 il rapporto “L’economia reale nei parchi nazionali e nelle aree naturali protette”, di Unioncamere e Ministero, certificava che il valore prodotto dalle attività agricole, commerciali e turistiche era doppio all'interno delle aree protette, rispetto a quanto realizzato dalle stesse attività all'esterno, con un tasso di ritorno fino a 25 euro per ogni euro investito.
In questo particolare momento, poi, Parchi e Riserve sono attrattori strategici per la ripartenza del nostro turismo in quanto serbatoi di qualità di vita e salute, itinerari ideali per il turismo attivo sostenibile ed esperenziale e risposta ideale al desiderio di spazi aperti, salubri e sicuri. E come tali devono essere parte di una pianificazione strategica complessiva che tiene dentro le azioni di tutela, accessibilità e fruizione sostenibile e promozione turistica integrata di concerto con le strutture regionali e territoriali preposte. Senza dimenticare il ruolo educativo e formativo che esercitano in sinergia con i Centri di Educazione Ambientale e la rete regionale INFEA, purtroppo depotenziata nelle risorse negli ultimi anni ma oggi nuovamente strategica, non solo per continuare ad accompagnare la formazione delle scolaresche ma soprattutto nel contribuire a ricostruire nella società corretti stili di vita funzionali alla corretta ripartenza post pandemia. Attività che nei mesi di marzo, aprile e maggio hanno subito e continueranno a subire ingenti perdite economiche (riferimento alle 11 aree protette e 13 CEA coordinati da Legambiente e IAAP-WWF).
«La mobilità turistica e l’accessibilità delle aree interne - sottolinea Giuseppe Di Marco, presidente regionale di Legambiente - va accelerata con formule sostenibili che partano da trasporto pubblico, bici, ciclabili e sharing mobility elettrica, anche attraverso accordi con imprese territoriali (vedi esperienza Taumat in Val di Sangro) e mantenuti e potenziati progetti come TrabocchiMob, relativo alla Via Verde che vede la sinergia di diversi attori (RFI, Trenitalia, Camera di commercio, Regione, Gal, Polo della Mobilità, ecc.). Le stesse aree protette e CEA sono pronti a diventare green hub di mobilità e servizi e costituiscono di fatto punti di interconnessione tra costa e montagna».
Un momento eccezionale come quello che stiamo vivendo ha bisogno di risposte altrettanto eccezionali e dovremo arrivare pronti all’appuntamento delle prossime settimane con una risposta di sistema. Dobbiamo tutti lavorare insieme, a partire dal mondo delle aree protette, uscendo dalla logica di una mera ripartizione delle risorse per metterle invece in collegamento in modo da sviluppare interventi mirati e funzionali alle proposte, sfruttando le esperienze pilota dei territori e la loro forza per trainare la ripartenza di quelli più deboli.
In questa ripartenza, che non sarà uno scatto ma una maratona, andranno risolte le criticità che ci attanagliavano nella gestione quotidiana delle aree protette regionali, dalla necessità di una programmazione pluriennale alla definizione di standard minimi omogenei per la gestione, al rafforzamento della progettazione di rete. Bene le risorse ordinarie stanziate che vanno poste subito a disposizione dei Comuni, in modo da mettere in moto le attività ordinarie. Pensiamo, però, anche allo straordinario e rafforziamo la rete a supporto di questi interventi a partire da una specifica azione coordinata dell’intero governo regionale con il coinvolgimento di tutta la classe politica e dirigenziale e dei diversi attori territoriali interessati, al fine di concentrare risorse e impegno in un momento storico fuori dal comune. «Legambiente e WWF - ribadiscono Ricci e Di Marco - sono pronti a fare la loro parte, in collaborazione con tutti gli attori».

15.4.20

Salvafratino Abruzzo: grazie alla Guardia costiera volontari in azione

Per quanto possibile, anche in questa fase così complicata, i volontari del Progetto Salvafratino Abruzzo, promosso dall’Area Marina Protetta “Torre del Cerrano” e dal WWF Abruzzo per la tutela del Fratino sulla costa regionale, svolgono attività a tutela di questa specie a rischio estinzione.
Nei giorni scorsi, grazie alla sensibilità e alla disponibilità dell’Ufficio circondariale della Guardia costiera di Giulianova, in particolare del Comandate Claudio Bernetti, e dei vari uffici costieri coinvolti, è stato possibile per alcuni volontari del WWF e delle Guide del Borsacchio affiancare gli operatori della Guardia costiera impegnati nelle normali operazioni di controllo della spiaggia. In questo modo a Giulianova, Pineto, Roseto degli Abruzzi e Tortoreto è stato effettuato un monitoraggio che ha permesso di individuare alcuni nidi di Fratino che sono stati subito segnalati ai Comuni competenti. I controlli sono stati effettuati rapidamente e in condizione di sicurezza coinvolgendo uno o due volontari al massimo per volta.
Nel frattempo la Presidente del WWF Italia, Donatella Bianchi, aveva inviato una nota all’Ammiraglio Giovanni Pettorino, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, ringraziandolo per il lavoro che il Corpo sta svolgendo in questo periodo e chiedendo un impegno sempre maggiore nel controllo delle spiagge proprio per salvaguardare specie e habitat che, alla ripresa delle attività, potrebbero essere danneggiati qualora non vengano adottate preventive misure di controllo. Nel contempo il WWF Abruzzo ha inviato una nota alla Direzione Marittima e alle Capitanerie della Regione, con le quali si è instaurato un ottimo rapporto di collaborazione, oltre che alle aree protette interessate dalla nidificazione della specie, proprio per sollecitare la massima attenzione per il Fratino.
I monitoraggi in questo periodo sono fondamentali perché siamo in piena fase riproduttiva e il limitato disturbo antropico sulle spiagge legato all’emergenza Coronavirus ha creato le condizioni per la presenza di numerosi nidi che potrebbero essere distrutti qualora si avviassero le pulizie meccaniche senza prima effettuare opportune verifiche.


“Come abbiamo sottolineato in più occasioni, ci rendiamo conto delle difficoltà in cui tutti, comuni, forze dell’ordine e operatori turistici, si trovano a operare in questa fase”, dichiara Filomena Ricci, delegato WWF Abruzzo. “Fermo restando l’obiettivo principale di garantire la salute di tutti, con un minimo di collaborazione e di attenzione è possibile compiere le attività necessarie all’avvio della stagione balneare senza distruggere i nidi di una specie-simbolo della costa abruzzese che rischia di scomparire per sempre. Come volontari siamo disponibili a mettere in campo la nostra esperienza e ci auguriamo che si possano effettivamente ripetere su tutto il litorale abruzzese iniziative come quella dei giorni scorsi. Contiamo sulla collaborazione in particolar modo delle amministrazioni comunali che possono consentire brevi turni di controllo al fine di individuare le coppie e i nidi già presenti sul loro territorio”.

Gestione dei boschi: la Regione dica no a tagli posticipati del ceduo


L’ultimo decreto del Governo per far fronte all’emergenza Covid-19 prevede, tra gli altri provvedimenti, la possibilità di ripresa delle attività selvicolturali. In conseguenza di questa decisione, come si apprende dagli organi d’informazione e dai siti web delle organizzazioni interessate, sarebbero in corso pressioni affinché siano concesse deroghe ai termini dei periodi di taglio del ceduo stabiliti dalla normativa in vigore. Una scelta che, semmai incautamente attuata, sarebbe rovinosa. Il periodo per il taglio del bosco ceduo non è determinato dal capriccio di chi ha varato regolamenti e prescrizioni, ma è imposto per non danneggiare gli alberi in quanto le piante, per beneficiare della rinnovazione da ricacci polloniferi, devono essere tagliate durante il riposo vegetativo autunnale e invernale e non già in primavera. Meno che mai quest’anno, dopo un inverno che, come dimostrano i dati provenienti dai centri di ricerca sul clima (es. ISAC-CNR), è stato particolarmente mite e arido: una situazione climatica che ha prodotto una anticipata ripresa vegetativa primaverile, tant’è vero che a inizio anno alcune province italiane avevano saggiamente anticipato la scadenza dell’epoca di taglio per soprassuoli sotto i 700 m s.l.m..
Il WWF è decisamente contrario all’eventuale posticipazione della data di cessazione delle attività di utilizzazione previste dalle normative in vigore. E ha per questo scritto una nota ufficiale, indirizzata al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio e ai dipartimenti “Territorio e Ambiente” e “Politiche dello Sviluppo Rurale e della Pesca”, nella quale chiede appunto di respingere ogni richiesta di deroghe alle regole sui periodi di taglio dei cedui.
«Tagliare le piante legnose nella loro fase di vita annuale più intensa dal punto di vista biologico – spiega Filomena Ricci, delegato Abruzzo del WWF Italia - espone il bosco a gravi rischi che vanno dal danneggiamento dei germogli appena ricacciati all’aumento di mortalità legato all’indebolimento delle ceppaie e quindi alla degradazione, che in molti casi è già presente per cause varie, compresa la gestione scriteriata. Tutelare adeguatamente i boschi è invece importantissimo per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, per la biodiversità e per minimizzare gli effetti di frane e allagamenti che spesso colpiscono le comunità a valle».

10.4.20

Salvafratino Abruzzo: non si ferma l'azione a tutela del simbolo della nostra costa


I volontari del WWF Abruzzo non abbassano la guardia sulla tutela del Fratino nemmeno durante l’emergenza. Diversi i fronti aperti nei giorni scorsi: dopo aver inviato una nota alle capitanerie di porto e alle aree protette costiere per chiedere attenzione nella fase successiva di riapertura al pubblico delle spiagge, si è intervenuti su altre due situazioni che mettono a rischio la specie.
Si è appreso dalla stampa che la Regione Abruzzo si appresta ad emanare un’ordinanza nella quale intende consentire a breve l’avvio delle operazioni di pulizia delle spiagge in vista di un eventuale riavvio della stagione balneare post emergenza CoViD-19. Comprendiamo la necessità di garantire lo svolgersi della stagione balneare non appena ve ne saranno le condizioni, ma non possiamo tacere di fronte a quella che potrebbe essere una strage per il Fratino, se non verranno adottate alcune misure atte ad evitare che le pulizie meccaniche delle spiagge possano comportare la distruzione di decine e decine di nidi.
È molto probabile che questo piccolo trampoliere stia avendo quest’anno un maggiore successo riproduttivo con conseguente diffusione anche in aree dove solitamente la sua presenza è ostacolata dalle normali attività antropiche. L’improvviso avvio delle operazioni di pulizia con mezzi meccanici comporterà quindi la distruzione dei nidi e delle uova presenti sul litorale.
Il WWF Abruzzo ha inviato una nota alla Regione Abruzzo e al Ministero dell’Ambiente per allertare su questa situazione, chiedendo che nella fase delle pulizie delle spiagge vengano rispettate le indicazioni delle linee guida per la tutela del Fratino.
Dichiara Filomena Ricci, Delegato WWF Abruzzo: “Nonostante le protezioni normative il Fratino registra da anni una consistente diminuzione in Italia e in Europa. Secondo i dati del Progetto “Salvafratino Abruzzo”, promosso dall’Area Marina Protetta “Torre del Cerrano” e dal WWF Abruzzo, nella nostra regione le nidificazioni sono attualmente circa 50 a stagione e non tutte hanno successo: un numero così esiguo da mettere a rischio la stessa presenza della specie nel nostro territorio. Non possiamo assistere senza reagire a interventi, anche da parte delle pubbliche amministrazioni che mettano a rischio tale patrimonio naturalistico. Noi siamo pronti a fare la nostra parte con i volontari che come ogni anno si mettono a disposizione per la salvaguardia della specie, ma ci aspettiamo che anche le Istituzioni lavorino per lo stesso obiettivo”.
E proprio da una pubblica amministrazione arriva un “attacco” al Fratino!
Il Comune di Ortona con una recente deliberazione (n. 43 del 19/3/2020) ha individuato le aree demaniali da mettere a bando e affidare per la stagione 2020 nell’area Postilli-Riccio, nel numero di 5 concessioni.
Quest’area, come confermano i dati rilevati nelle ultime tre stagioni dal Progetto Salvafratino, in particolare per quanto attiene all'anno 2019, è quella a più alto numero di siti di nidificazione per le quali non sono utilizzate unicamente la zona afferente al “Parco Comunale Le Dune” (peraltro non ancora delimitato e segnalato a dovere), ma anche altre aree di cui sono state fornite negli anni le localizzazioni e la battigia dove trova nutrimento. Alle concessioni viene data, inoltre, la possibilità di allargare il fronte laterale fino a un massimo di 100 m, andando così a restringere l’area destinata alla spiaggia libera.
“Non c’è alcuna argomentazione che possa giustificare l’estensione delle concessioni, oltre a quelle presenti lì da anni in aree dove non ci sono habitat dunali e nidificazioni del fratino, soprattutto in considerazione del fatto che il Piano demaniale Comunale, è in via di approvazione allineandosi alle direttive del Piano Demaniale Regionale del 2015”, dichiara Fabrizia Arduini, presidente del WWF Costa Teatina e Zona Frentana.
A peggiorare la situazione la delibera prevede di mettere a bando anche la gestione delle foci dei fiumi comprese nell'area nord del Comune di Ortona, nonché le concessioni “Bau beach” e lo stesso Parco comunale. Tutte attività che andrebbero irrimediabilmente a interferire con il ciclo vitale del Fratino e degli ambienti dunali e che non possono essere programmate senza un’adeguata Valutazione di Incidenza Ambientale, prevista dalla legge quando le azioni messe in campo possono ledere, come in questo caso, specie e habitat tutelati.
Il WWF Abruzzo ha invitato il Comune di Ortona a ritirare la deliberazione in autotutela, anche per evitare successive azioni legali. Ha, inoltre, invitato l’Amministrazione ad aprire un tavolo di lavoro per definire come operare nell’area interessata, anche alla luce di quanto definisce il Life Calliope, che ha come obiettivo proprio quello di tutelare le dune, a redigere uno studio perla valutazione dell'incidenza delle attività individuate e a tabellare e delimitare in modo idoneo il “Parco Comunale Le Dune”. La stessa nota è stata inviata anche alla Regione Abruzzo.

7.4.20

Salvafratino Abruzzo 2020: riprendono le attività con richieste di attivazione per Capitanerie di Porto, Comuni e Aree naturali protette


La stagione riproduttiva del Fratino si è ormai avviata anche sulla costa abruzzese. Il Fratino, Charadrius alexandrinus, è un piccolo uccello trampoliere che nidifica sulle spiagge di tutta Italia da fine marzo a tutto luglio (i periodi variano a seconda delle regioni e dell’andamento stagionale). Una specie purtroppo in fortissimo decremento, nel nostro Paese come in tanti altri, a causa soprattutto dell’occupazione pressoché totale del litorale durante la stagione balneare, delle pulizie meccaniche delle spiagge che distruggono nidi e uova e del disturbo da parte di cani e gatti vaganti che si aggiungono ai predatori naturali.
Secondo i dati del Progetto Salvafratino Abruzzo, portato avanti da anni dall’Area Marina Protetta “Torre del Cerrano” e dal WWF Abruzzo, le nidificazioni sono attualmente circa 50 a stagione e non tutte hanno successo: un numero così esiguo da mettere a rischio la stessa presenza della specie nella nostra regione.
«Sicuramente sarà una stagione particolare perché per la prima volta da decenni le spiagge, fino a quando vi sarà il blocco delle attività per l’emergenza legata al Coronavirus, saranno libere e con un disturbo antropico fortemente ridotto - dichiara Filomena Ricci, delegata del WWF Abruzzo. - Ci rendiamo perfettamente conto che questa emergenza sta avendo e avrà ripercussioni molto pesanti su tutta la filiera del turismo, così importante per l’economia regionale. Siamo per questo vicini agli operatori del settore e alle loro famiglie e ci uniamo a quanti stanno chiedendo aiuti concreti per tutte le categorie che stanno vivendo un’emergenza economica accanto a quella sanitaria».
Lo stop forzato che purtroppo le attività umane stanno subendo per garantire la tutela della salute pubblica e la stessa tenuta del sistema sanitario, consentirà comunque di verificare le reazioni della natura, libera di riprendersi spazi di solito preclusi. È per questo importante, sul piano scientifico, cercare di raccogliere i dati sulle nidificazioni per avere informazioni utili anche per i prossimi anni. D’altra parte è altrettanto importante essere pronti a tutelare le coppie che potrebbero essere ancora nella fase riproduttiva al riavvio delle attività di pulizia delle spiagge e della posa degli ombrelloni. Non appena sarà possibile tornare sulle spiagge, se ci saranno ancora nidi uova e piccoli di Fratino, sarà necessario fare tutto il possibile per evitare che sia inferto un colpo mortale alla residua popolazione presente sulla costa abruzzese.
«Sappiamo – spiega Filomena Ricci - che di fronte all’emergenza che stiamo vivendo tutto passa in secondo piano, ma alcune azioni possono essere svolte anche in questo periodo. Stiamo contattando le aree protette litoranee, la Guardia Costiera e i Comuni affinché siano preparati a dare disposizioni per la tutela non appena si potrà tornare alla gestione ordinaria. Le attività di ricerca scientifica possono intanto continuare laddove ve ne sia necessità e sia possibile ai sensi dei decreti in vigore. Ovviamente in questo momento ci sono altre priorità, soprattutto per i Comuni. Proprio per questo come Progetto Salvafratino Abruzzo siamo disposti a dare la nostra collaborazione nei modi e nei tempi previsti dalle norme. Sarebbe imperdonabile non adottare quelle piccole accortezze che potranno garantire la tutela di una specie a rischio di estinzione sulle nostre coste. Da questa pandemia possiamo venir fuori un po’ migliorati anche attraverso un nuovo approccio verso la biodiversità che ci circonda e da cui, ora lo sappiamo ancor meglio, dipende la nostra stessa vita».

6.4.20

Malattie trasmissibili e cambiamento climatico


All’origine di pandemie come quella attuale possono contribuire, direttamente o indirettamente, numerose azioni umane. Tra esse, il cambiamento climatico causato dall’uomo può favorire la diffusione di patogeni e l’insorgere di nuove epidemie, influendo fortemente il funzionamento degli ecosistemi e delle specie che veicolano infezioni e altre malattie trasmissibili. 
Contrastare il cambiamento climatico, favorendo al contempo la conservazione degli ecosistemi integri e restaurando quelli deteriorati dall’uomo, costituisce un approccio lungimirante per tutelare la salute e il benessere delle comunità umane e per prevenire future pandemie.
È quanto emerge dal report elaborato dal WWF dal titolo "Malattie trasmissibili e cambiamento climatico, Come la crisi climatica incide su zoonosi e salute umana", che attraverso una rilettura di numerosi studi scientifici mette in relazione gli effetti diretti e indiretti dei cambiamenti climatici sulla salute umana. Numerose ricerche indicano infatti che molte zoonosi (ovvero le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, anche tramite vettori quali zecche e zanzare), sono fortemente influenzati dal cambiamento climatico indotto dall’uomo, attraverso tre meccanismi principali:
  1. espansione degli areali delle specie serbatoio o vettori, come nel caso di Morbo di Lyme e West Nile Virus;
  2. alterazioni nelle temperature e nel regime delle precipitazioni che favoriscono ad esempio malaria e Chikungunya;
  3. rilascio di patogeni in aree precedentemente ghiacciate, come nel caso dell’antrace.
Questi meccanismi, al momento, non pare stiano invece influenzando la diffusione del CoViD19, favorito invece dal traffico non controllato di specie.
Nel report gli esperti del WWF si sono soffermati sulle malattie trasmissibili, ma in generale il riscaldamento globale potrebbe rendere alcune aree del pianeta inadatte alla stessa esistenza umana, interferendo per esempio con i sistemi di termoregolazione mediante l’aumento dei giorni di temperatura estrema.
È sempre più evidente, quindi, come la nostra salute e il nostro benessere dipendano strettamente dal nostro rapporto con il pianeta che ci ospita, così come evidenziato da innumerevoli fonti scientifiche. Il nostro destino è strettamente connesso a quello degli ecosistemi, del clima e delle loro complicate, ma cruciali relazioni ecologiche.

LO SCENARIO CLIMATICO. 
I record negativi sul cambiamento climatico in atto continuano ad accumularsi e con essi anche gli eventi estremi correlati.
L’inverno appena trascorso è stato il più caldo di sempre in Europa dal 1880 (anno a partire dal quale si sono cominciate a registrare in maniera sistematica le temperature) ad oggi e, in media, 3.4°C più caldo del trentennio 1981-2010. 
Il 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, con un aumento medio della temperatura globale di circa 1,1°C rispetto all’era preindustriale. 
Dagli Anni ‘80, ogni decennio successivo è stato più caldo di tutti i precedenti, a partire dal 1880. Il ghiaccio artico è in calo a un tasso del 12,85% per decennio, in riferimento al periodo 1981-2010. Anche le calotte di ghiaccio, che ricoprono le terre emerse in Groenlandia e Antartide, hanno subito un massiccio declino, a una media annua di 283 Gigatonnellate in Groenlandia e 145 Gigatonnellate in Antartide (una gigatonnellata equivale ad un miliardo di tonnellate). 
Tra i tanti eventi significativi dal punto di vista climatico nel 2019, ricordiamo l’ondata di calore peggiore mai registrata in Australia - temperatura record di 49,9°C registrata a Nullarbor, Australia Meridionale, il 19 dicembre - accompagnata e seguita da incendi di enormi proporzioni in alcune, vaste aree del Paese, con distruzione diretta e indiretta di specie, habitat, insediamenti e vite umane. Anche l’Europa ha registrato numerose ondate di calore, con temperature record in Francia (46°C) e in molti Paesi del Nord Europa, mentre il Giappone è stato flagellato da due ondate di calore. In molti Paesi si sono registrate siccità eccezionali, da Singapore al Laos. Tutto questo mentre l’umanità è flagellata da una pandemia che sta causando migliaia di morti e mettendo in crisi interi Paesi. 
Mentre per il CoViD-19 non sono state identificate correlazioni con i cambiamenti climatici, per molte altre malattie ci sono evidenze scientifiche sulle influenze negative della crisi climatica globale in atto.

LE ZOONOSI E IL CLIMA. 
Il 75% delle malattie infettive umane fino ad oggi conosciute deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti è stata trasmessa da animali selvatici. In termini tecnici queste malattie vengono definite zoonosi e ogni anno causano circa 1 miliardo di casi e milioni di morti (Morse et al., 2012. Prediction and prevention of the next pandemic zoonosis. Lancet, 380, 1956-1965). Le zoonosi conosciute sono molto numerose - oltre 200 secondo l’OMS - e il loro studio costituisce uno dei settori di maggior interesse della medicina umana e veterinaria. Sono zoonosi la rabbia, la leptospirosi, l’antrace, la SARS (inclusa la nuova pandemia provocata dal virus SARS-CoV-2), la MERS, la febbre gialla, la Dengue, l’HIV, l’Ebola, la Chikungunya e il CoViD-19, il morbo di Lyme, ma anche la più diffusa influenza, solo per citarne alcune.
Tra tutte le malattie emergenti, le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale. Gli effetti diretti o indiretti del cambiamento climatico possono influenzare il rischio di diffusione e trasmissione di queste patologie, ipotizzandone i possibili risvolti per la salute umana. Il riscaldamento climatico incide significativamente sulle caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui le specie si trovano a vivere, sia in termini di variazioni di temperatura sia di disponibilità idrica e di altri fattori, influenzando il metabolismo, la riproduzione, la possibilità di sopravvivenza e, quindi, la distribuzione nel tempo e nello spazio.
Il cambiamento climatico, inoltre, può avere un impatto significativo anche su quelle specie che ospitano patogeni (specie serbatoio) o che li trasportano (specie vettori), e pertanto può influenzare la loro possibilità di infettare altre specie, incluso l’uomo.
Il clima nelle regioni settentrionali sta cambiando più velocemente della media globale, facilitando la diffusione di malattie infettive sensibili al clima (Climate-Sensitive Infections) rilevanti per gli animali selvatici e per l’uomo. 
Sono state identificate 37 potenziali malattie infettive clima-sensibili per le regioni del Nord.
Malattie veicolate da zecche. Modifiche dell’areale geografico e altitudinale di alcune specie vettori causate dal riscaldamento climatico sono state documentate in Europa per le zecche della specie Ixodes ricinus, vettore di patologie quali il morbo di Lyme e l’encefalite mediata da zecche (TBE); tali modifiche sono state associate con nuovi focolai e una maggiore incidenza di TBE. In maniera simile, spostamenti verso nord sono stati osservati anche in Nord America per la zecca Ixodes scapularis, specie vettore di morbo di Lyme e babesiosi.
Malattie veicolate da zanzare. Condizioni climatiche più calde rendono in genere più rapido il ciclo vitale delle zanzare, diminuendone la longevità ma facendone aumentare significativamente l’abbondanza primaverile in Europa meridionale e quella complessiva in Europa settentrionale: oltre ad estenderne la stagione di attività e quindi la probabilità di trasmissione all’uomo. Ma al contempo, anche le popolazioni sorgente di uccelli più adattate a climi miti ora hanno esteso i loro areali estivi verso nord, favorendo l’espansione di virus in zone che prima non ne erano affette. L’areale della zanzara tigre (Aedes albopictus) appare in espansione in America, Europa e Cina a causa del cambiamento climatico, e con esso le patologie di cui è vettore, quali Dengue e Chikungunya. Anche l’espansione della zanzara Aedes aegypti, che può diffondere Dengue, Chikungunya, Zika, febbre gialla e altri agenti patogeni, favorita dai cambiamenti climatici e dall’agricoltura industriale, continua ad invadere gli habitat naturali degradati.

FOCUS ITALIA.
L’Italia ha attraversato il decennio più caldo della sua storia. Questo non solo ha comportato la crescente fusione dei nostri ghiacciai e minacce alla sopravvivenza di specie vegetali e animali, ma la crisi climatica in corso è certamente un rischio per la salute pubblica. In particolare, il cambiamento climatico sta causando nel nostro Paese un aumento degli eventi meteorologici estremi come ondate di calore, piogge intense e allagamenti costieri, un'espansione di nuove specie di vettori di malattia, un peggioramento della qualità dell’aria e del rischio incendi aggravato dalla siccità. Sempre in conseguenza del cambiamento climatico, nel nostro Paese si assiste anche alla ricomparsa o recrudescenza di agenti infettivi precedentemente endemici (tra i quali il poliovirus, presente in paesi limitrofi, e il bacillo della tubercolosi) e all’arrivo di nuove malattie esotiche trasmissibili, come Dengue, Chikungunya, Zika, Febbre del Congo-Crimea, West Nile Disease. Negli ultimi anni in diverse regioni italiane si sono verificati focolai di Chikungunya e la presenza dei vettori di questi virus è ormai stabilmente segnalata in molte regioni del Mediterraneo. Un dato significativo è che la capacità di acquisire virus e trasmetterli ad un ospite suscettibile, per esempio i virus responsabili della febbre Dengue da parte della zanzara Aedes albopictus, è aumentata del 50% in quasi 40 anni. Questo vuol dire che l’idoneità climatica per il virus sta aumentando in Italia dove trova un ambiente sempre più adatto per trasmettere la malattia. In alcune regioni dell’Italia settentrionale sono stati registrati casi di encefalite virale da zecche (TBE, Tick-Borne Encephalitis) mai riscontrati prima in Italia. In varie regioni italiane si sono verificati numerosi casi di meningiti o encefaliti virali. In centro Italia, si è diffuso il poco conosciuto virus Toscana (TOSV), che prende il nome della regione in cui è stato isolato all’inizio degli Anni ’70, e viene trasmesso da 2 specie di pappataci (Phlebotomus perniciosus e P. perfiliewi) ed è stato associato a casi di meningite e di meningoencefalite nell’uomo.
Ma gli effetti avversi del cambiamento climatico in atto possono incidere anche sulla qualità dell’aria (per esempio favorendo la stagnazione della circolazione atmosferica che impedisce agli inquinanti di disperdersi verso l’alto o determinano la formazione di inquinanti secondari, come l’ozono e le polveri fini) aggravando i livelli di inquinamento già troppo elevati, in particolare nei contesti urbani. L’Italia ha ancora il triste primato in Europa di morti premature (45.600 nel 2016) da esposizione alle polveri sottili PM2.5. Infine, a fronte di un aumento di 1°C, anche patologie psicologiche di media entità, come depressione, stati di ansia, insonnia, paure, malesseri psichici generalizzati, salgono mediamente del 2%.