Le notizie di stampa diffuse nella giornata di ieri in merito alla predazione su un gregge di pecore da parte di lupi in un’area del teramano contengono numerose inesattezze che di certo non aiutano né il lupo, né gli allevatori.
In primo luogo va ribadito che Italia non è mai stato realizzato alcun intervento di reintroduzione di lupi, tanto meno di lupi provenienti dalla Romania o da altri Paesi dell’est Europa. Il lupo, ridotto a solo 100 esemplari e sull’orlo dell’estinzione all’inizio degli Anni ’70, è aumentato di numero a seguito dell’introduzione del divieto di caccia riconquistando naturalmente territori dove era sempre vissuto.
La convivenza tra lupo e attività zootecniche è possibile e ampiamente dimostrata. È necessario però adottare sistemi di prevenzione basati su recinti e cani pastore abruzzesi perfettamente in grado di tutelare le greggi come dimostrano centinaia di esempi nella nostra regione e nel resto d’Italia.
Quando, nonostante i sistemi di protezione messi in atto, si verificano delle predazioni va assicurato un tempestivo esame (anche attraverso analisi genetiche) al fine accertare se ci si trova in presenza di lupi o di cani rinselvatichiti. Accertata l’origine della predazione, agli allevatori danneggiati devono essere riconosciuti rapidi e adeguati indennizzi. Seguendo questi accorgimenti si tutelano sia gli allevatori che il lupo, specie protetta a livello europeo e di cui in Italia ancora oggi vengono uccisi circa 300 esemplari per bracconaggio e incidenti stradali.
La gestione faunistica non si improvvisa e deve essere condotta attraverso esperti.
A Teramo abbiamo la fortuna di avere organismi che lavorano da anni su questo tema. L’Osservatorio di Ecologia Appenninica e il Project Wolf Ethology dell’Università di Teramo, attraverso uno studio di monitoraggio sul territorio a sud-ovest del comprensorio teramano, già dal 2015 hanno potuto verificare la presenza del lupo, anche se gli ultimi monitoraggi condotti dimostrano che non sono presenti in zona branchi stabili di lupi con un numero elevato di soggetti. Nella stessa zona, invece, è stata documentata la presenza costante di un numeroso branco di cani rinselvatichiti che più volte hanno evidenziato comportamenti di predazione del tutto simili a quello degli animali selvatici.
Tenuto conto del potenziale danno per il comparto zootecnico, della necessità di tutelare il lupo e di garantirne la purezza genetica, del rischio di trasmissione di malattie potenzialmente pericolose non solo per gli animali, da anni gli studiosi del Project Wolf Ethology hanno evidenziato che, sono necessari, da parte di tutti i settori competenti in materia, una puntuale azione informativa nei confronti degli allevatori, una maggiore assistenza pratica e burocratica per l’azione di prevenzione, un tempestivo approfondimento diagnostico in caso nei predazioni al fine di rilevare con veridicità i responsabili dei danni. Per quanto concerne quest’ultimo punto in particolare è scientificamente dimostrata la necessità di indagini genetiche approfondite in tempi brevissimi in quanto l’attribuzione della predazione affidata unicamente all’analisi delle lacerazioni ricevute dagli animali può risultare forviante e non esaustiva.
La ricerca ci suggerisce quindi maggiore attenzione e una serie di azioni concrete a vantaggio degli allevatori: si tratta di un reale contributo alla risoluzione dei problemi che affliggono il comporto zootecnico al fine di migliorare la convivenza tra uomo e selvatici con soluzioni efficaci.
Creare invece allarmismi ingiustificati va nella direzione di aumentare la conflittualità con effetti devastanti sulle popolazioni di lupi e sugli allevamenti.