1.10.15

Masterplan per il Sud Italia: dove è finita la mobilità ciclistica?

 
I dati riportati nel compendio statistico sul trasporto in Europa nel 2014, portano ad attribuire al trasporto stradale il 71,9% delle emissioni complessivamente attribuibili ai trasporti. In Italia questo squilibrio è ancora più marcato e insostenibile, con ben l’81% delle emissioni dovute al trasporto su strada (fonte Donati e Petracchini, 2015, Muoversi in città).
A livello nazionale ed europeo è evidente come il traffico motorizzato sia la principale causa delle emissioni di gas serra. La nostra Regione, pur essendo dotata di una norma sulla mobilità ciclistica, non sembra aver ben chiare le potenzialità dell’utilizzo della bicicletta, sia a livello di emissioni, che per gli spostamenti quotidiani, e ancora per il trasporto merci in aree urbane, per non parlare poi del turismo, soprattutto destagionalizzato e in aree marginali.
Le ultime notizie che giungono sulla predisposizione del “masterplan” regionale, che potrebbe addirittura diventare uno strumento di sviluppo per tutto il sud Italia, e sugli accordi con l’ANAS, non citano minimamente la mobilità ciclistica, dimostrando come l’argomento sia strumentale solo a fini comunicativi ma non viene considerato un’opportunità strategica per i nostri territori.
Eppure in Europa il solo cicloturismo muove qualcosa come 44 MILIARDI (si, miliardi) di Euro, e Regioni italiane come il Trentino Alto Adige, che hanno puntato su questa tipologia di turismo sostenibile, a fronte di investimenti di circa 80 milioni di Euro hanno avuto, in un solo anno, ritorni pari a 100 milioni, il che dimostra che ogni euro investito in ciclabilità si ripaga praticamente da subito, autonomamente. Anche i risparmi dovuti a minori emissioni di gas serra, migliore salute dei cittadini (e quindi minori costi per la sanità), vivibilità delle città, ecc., possono essere quantificati in cifre a sei zeri.
Ma, mentre altre Regioni come la Toscana Puglia investono risorse, non solo economiche, per sviluppare reti di mobilità ciclistica, l’Abruzzo pensa che con il completamento di Bike to Coast (con evidenti problemi tra cui la qualità e “fantasiosità” di alcuni progetti che non rispettano le norme minime di legge e l’assoluta mancanza di una segnaletica unificata), abbia esaurito la sua parte e potrà, in futuro, contare sull’indotto di un turismo legato all’uso della bicicletta.
Come associazioni, nei mesi scorsi, abbiamo dato spunti, fornito proposte (molte a bassissimo costo), progetti, esempi virtuosi, dato la disponibilità per collaborare con gli uffici regionali ma, ad oggi, oltre ai buoni propositi e un paio di incontri del tavolo permanente con la promessa di interventi che tardano ad arrivare, nulla è cambiato. E a sentire i discorsi che si tengono nei tavoli “che contano”, visti anche i progetti strategici “seri” che la Regione sta portando avanti, non ci sono molte speranze perché le tematiche relative alla mobilità ciclistica e al cicloturismo entrino nei programmi regionali con pari dignità rispetto ad altre strategie ritenute più importanti.
Anche il Ministro Graziano Delrio, nella sua visita a Pescara l'8 maggio scorso, sollecitò tutti i politici presenti a non credere che la mobilità sia solo un problema di nuove strade, evidenziando che, in Italia, a livello infrastrutturale siamo a livelli più che soddisfacenti. Parlò esplicitamente delle necessità di avere trasporti pubblici più efficienti e piste ciclabili e percorsi protetti per diffondere nelle nostre città mezzi alternativi alle auto.
In fondo la bicicletta è un oggetto semplice, e rimane difficile capirne le enormi potenzialità a livello economico, sociale, ambientale, ecc.. Ma se si vuole cambiare passo a questa Regione forse è il caso di occuparsene in maniera seria e professionale, alla pari di altri argomenti considerati importanti e strategici.
Noi, come sempre, continuiamo a fare la nostra parte con passione e impegno, in attesa che la Regione imprima una vera svolta culturale e quindi operativa che, ad oggi, tarda ad arrivare.