13.9.11

Strumenti ed approcci sostenibili per la difesa del suolo



I numeri del dissesto in Italia sono spaventosi: 485.000 frane mappate; 6,9% del territorio nazionale a rischio frana; 5.708 comuni a rischio idrogeologico di cui 2.940 a rischio molto elevato. Il 21,1% dei comuni ha nel proprio territorio aree franabili, il 15,8% aree alluvionabili e il 32,0% aree a dissesto misto (aree franabili+aree alluvionabili). Ben 992.403 italiani sono direttamente esposti al rischio frane. Il 30% dei suoli ha un rischio di erosione superiore alla soglia di tollerabilità.
In Abruzzo quasi 17.000 siti sono a rischio con oltre 1.500 kmq di superficie con dissesti. Passando alla cementificazione del suolo in Italia le superfici coperte in maniera permanente con materiali impermeabili sono passate dal 2,38% al 6,34%, con un incessante consumo di suolo (quasi 100 ettari al giorno tra il 1999 e il 2006).
D'altro lato in Italia esistono tantissimi geositi, aree di estremo interesse scientifico e paesaggistico collegate ad emergenze geologiche peculiari e rare, come i Calanchi di Atri.
Nella Banca dati dell'ISPRA sono stati censiti 3.000 geositi: una ricchezza notevole per il Paese, che a volte è stata valorizzata da circuiti turistici internazionali.
L'Italia è in Europa uno dei paesi con maggiori problemi di dissesto idrogeologico. La stessa provincia di Teramo ha subito pesantissimi danni alcuni mesi fa dimostrando la vulnerabilità di territori ormai troppo urbanizzati.
Per questo l'Oasi WWF dei Calanchi di Atri (TE) ha organizzato il convegno “Strumenti ed approcci sostenibili per la difesa del suolo” con relatori di organismi nazionali ed internazionali il prossimo 16 e 17 settembre al Teatro Comunale di Atri (TE).
Dichiara Cesare Crocetti, responsabile del Progetto Geomorfologico dell'Oasi WWF Calanchi di Atri: “I Calanchi di Atri sono fenomeni erosivi conosciuti in tutto il mondo, una peculiarità naturalistica e paesaggistica oggi tutelata dall'Oasi del WWF. Studiosi di vari Paesi si sono interessati a quest'area e tanti turisti la visitano ogni anno. L'area protetta ha attivato da tempo il Progetto Geomorfologico, la cui prima fase si chiude con questo convegno scientifico. Abbiamo coinvolto scuole e agricoltori per spiegare come mitigare il rischio frana, abbiamo realizzato due cantieri didattici durante altrettanti corsi rivolti a tecnici del settore per divulgare le metodologie di gestione del rischio con l'ingegneria naturalistica. Con la produzione di video e pubblicazioni e un sito web dedicato abbiamo cercato di divulgare le conoscenze circa le migliori tecniche da utilizzare per prevenire e gestire i rischi. Ora abbiamo invitato ospiti nazionali e stranieri che illustreranno lo stato dell'arte riguardo non solo il rischio idrogeologico ma anche le opportunità di valorizzazione dei meravigliosi ed unici geositi italiani”.
Per Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF Italia, servono politiche ed azioni adeguate: “I dati dell'ISPRA che abbiamo citato sono ormai abbastanza noti, ma non si vedono azioni conseguenti. L'Europa nel 2007 ha promulgato la Direttiva 60 sulla Valutazione e Gestione del Rischio Alluvioni. Il WWF richiede da anni che la gestione di queste emergenze e la prevenzione sia effettuata cambiando l'approccio culturale e tecnologico. In primo luogo le persone che usano a vario titolo il territorio devono farlo con consapevolezza. Ad esempio, tecniche agricole scorrette, come l'aratura in profondità o il sovrapascolo, possono esacerbare i dissesti. In questo caso bisogna formare i cittadini e cambiare comportamenti rischiosi. Per i dissesti già in atto l'ingegneria naturalistica in moltissimi casi può risolvere situazioni rischiose senza provocare ulteriori danni ambientali, come accade frequentemente in Abruzzo ed in Italia con sconsiderati lavori di “pulizia” dei letti dei fiumi che alla fine peggiorano anche i rischi. Continuano però i tentativi per costruire in aree in cui il rischio è ormai accertato. Basti pensare al nuovo progetto per la realizzazione di enormi complessi commerciali sul fiume Pescara a Chieti, in cui una parte consistente è all'interno di una zona classificata a rischio esondazione, oppure alla nuova strada statale 17 proposta dall'ANAS in piena area a rischio alluvione del fiume Aterno a L'Aquila. Lo stesso vale per l'occupazione del suolo: i piani regolatori di tutti i comuni abruzzesi continuano a contenere previsioni edificatorie immense, del tutto insostenibili. Serve un cambio di rotta radicale in un paese ad enorme rischio”.