6.11.14

Le Associazioni abruzzesi alla Regione: sullo (s)blocca Italia ci vogliono fatti!

Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo, Massimo Lucà Dazio, presidente FAI Abruzzo e Molise, Amina Hammad, coordinatrice Greenpeace Abruzzo, e Giuseppe Di Marco, presidente Legambiente Abruzzo, intervengono sul Decreto (s)blocca Italia, varato a colpi di fiducia dal governo Renzi.
Si tratta di un provvedimento che ignora gli enormi progressi della green economy e rappresenta un ritorno al passato. E per l’Abruzzo sono enormi i rischi ambientali ed economici.
"Il Decreto (s)blocca Italia dopo la fiducia del Senato è legge. È legge quindi anche la norma che autorizza almeno 100 concessioni per trivellare l'Italia. Scelte che sono in netto contrasto con una cultura verde in grado di tutelare l'ambiente e garantire un futuro di sviluppo sostenibile per il Paese". Questo il primo commento delle Associazioni FAI, Greenpeace, Legambiente e WWF abruzzesi dopo l'approvazione del contestato decreto che, in particolare nell’articolo 38, dà il via libera alle trivellazioni snellendo iter autorizzativi e favorendo una nuova assurda e antieconomica colonizzazione del territorio e dei mari da parte dell’industria petrolifera, invece di difendere l’interesse pubblico a uno sviluppo sostenibile.
“Contro il decreto – annunciano le quattro associazioni – la lotta continua. A livello nazionale stiamo predisponendo una lettera, che sarà inviata domani, a tutti i presidenti delle Giunte e dei Consigli regionali interessati per sollecitare ricorsi contro una norma che lede il diritto dei cittadini a scegliere in sede locale il proprio futuro. In Abruzzo c’è già stata una votazione unanime del Consiglio, pienamente confermata dal presidente D’Alfonso in un incontro con i responsabili di WWF e Legambiente. Ora ci aspettiamo che il ricorso venga predisposto e presentato nei tempi previsti dalla legge perché la Corte Costituzionale possa cancellare questa palese violazione attuata con assurda insistenza e a colpi di voti di fiducia dal Governo Renzi”.
Il decreto, tra l’altro, non tiene in alcun conto i dati sulla crescita della green economy italiana.
A confermare questo andamento sono i dati del recentissimo rapporto GreenItaly 2014: più di un’impresa su cinque dall’inizio della crisi ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza. Sono infatti ben 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie verdi per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Un orientamento che si rivela strategico, tanto che proprio alla nostra green economy si devono 101 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,2% dell’economia nazionale.
L’economia verde produce anche lavoro: già oggi in Italia ci sono 3 milioni di green jobs, ossia occupati che applicano competenze ‘verdi’. Una cifra destinata a salire ancora nel corso del 2014.
Dalle realtà della green Italy infatti arriveranno quest’anno 234 mila assunzioni: ben il 61% della domanda di lavoro! “Lo sviluppo verde - sottolineano WWF, Greenpeace, Legambiente e FAI - crea occupazione; lo sfruttamento selvaggio del petrolio crea solo desolazione. La cultura verde è l’orientamento che sta progressivamente conquistando i nostri territori. Gli abruzzesi stanno tra l’altro già dimostrando grandi capacità anche nel proporre un diverso tipo di made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva e certamente vincente.
“Se vogliamo davvero rilanciare il sistema Paese - concludono le quattro associazioni - è da qui che dobbiamo ripartire: da questa green Italy che rappresenta una delle punte più avanzate del Paese. Un’Italia innovativa, competitiva e sostenibile da incoraggiare e sostenere, non da rottamare. Lo (s)blocca Italia può rivelarsi un boomerang per l'esecutivo. Tantissimi cittadini si stanno mobilitando e continueranno a lottare contro questo attacco finale alla salute, alla qualità dell'ambiente e all'economia diffusa basata su turismo, accoglienza e enogastronomia”.