22.10.10

Potabilizzare l'acqua del Lago di Campotosto?

Spendere 91 milioni di euro sapendo già che metà dell'acqua trasportata per l'idropotabile andrà persa.
Non paiono proprio esaltanti le performance del più grande progetto idrico che riguarda la nostra regione in discussione in questi giorni al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Abruzzo che prevede, tra l'altro, di dare acqua potabilizzata dal Lago di Campototo agli aquilani sottraendola dal bacino del Vomano.
I principali dati del progetto
L'intervento prevede una captazione dal lago di Campotosto di 550 litri/secondo che verranno deviati verso il bacino dell'Aterno (di cui 290l/s per scopi idropotabili, 171 l/s per uso irriguo e solo 84 l/s per deflusso ambientale).
Ciò implicherebbe la diversione dell'acqua dal bacino del Fiume Vomano nel teramano, con diminuzione della portata di questo fiume a valle di Villa Vomano del 4% secondo gli stessi proponenti. Si avrebbe così, tra l'altro, la perdita netta della produzione energetica rinnovabile del complesso ENEL di Campotosto per ben 18,9 milioni di kwh, nonostante la costruzione di una nuova centralina sul punto di captazione (del costo di 7 milioni di euro).
Il WWF ha calcolato che tale minore produzione da idroelettrico che dovrà essere sostituita in base all’attuale mix di fonti per la produzione elettrica italiana, equivale ad immissioni in atmosfera per 7.333 tonnellate all’anno di anidride carbonica.
Gran parte dell'acqua captata da Campotosto verrà inviata ad un grande potabilizzatore del costo di 21 milioni di euro e della capacità di 600 l/s (per ora potabilizzerà 300 l/s).
Dopo il passaggio nel potabilizzatore, le acque del Lago di Campotosto verranno distribuite agli aquilani, attraverso una rete che perde, per stessa ammissione dei progettisti, il 49% dell'acqua immessa!
Contestualmente si chiuderanno i pozzi di Acqua Oria. Una quota considerevole dell'acqua captata verrà inviata ad un sistema per l'irrigazione a pioggia delle aree agricole nell'alta valle Aterno ed attorno a L'Aquila (secondo i progettisti 1.850 ettari, per una spesa di 23 milioni di euro). Tutte queste cifre sono al netto di IVA e spese di progettazione (quest'ultime ammontano a 5,2 milioni di euro).
Le contestazioni del WWF
L'Associazione ritiene inaccettabile che si punti prima sul “gigantismo ingegneristico” per portare più acqua che si perderà in una rete colabrodo piuttosto che puntare subito sulla diminuzione delle perdite della rete di distribuzione.
Gli stessi progettisti hanno provato a prevenire questa ovvia osservazione evidenziando che vi saranno altri interventi del Commissario che verranno fatti in un futuro non precisato. Questi interventi di riduzione dei consumi e di ricerca delle perdite sono descritti in un'unica paginetta tra le centinaia di pagine del progetto, senza alcun dato oggettivo e con una descrizione del tutto generica del tipo di intervento.
Prima si porta l'acqua con grandi opere e grandi spese, poi si vedrà come evitarne la dispersione in una rete fatiscente.
Ma per il WWF si deve invertire l'ordine degli interventi, puntando prima sulla ricerca delle perdite e sulla ricostruzione delle reti e sugli interventi per il risparmio idrico.
L'Associazione ha, poi, chiede come mai le acque del lago di Campotosto non siano state classificate preliminarmente per il possibile uso idropotabile.
Le analisi allegate al progetto non sono utili per il processo di classificazione perchè sono state usate altre tabelle di riferimento per gli analiti da ricercare e per i relativi limiti rispetto alle analisi necessarie per la valutazione delle acque ai fini della potabilizzazione.
Si tratta di un aspetto da non sottovalutare perchè le tecniche di potabilizzazione dipendono dalla classificazione (classi A1, A2 e A3 del decreto 152/2006) e i costi dell'impianto e della gestione e manutenzione sono strettamente connessi alla qualità di acque da trattare.
Ricordiamo che nell'acqua del Lago di Campotosto, per stessa ammissione dei progettisti, arrivano scarichi civili non trattati e scarichi zootecnici.
Il WWF, inoltre, si chiede come sarà possibile risanare il fiume Vomano, che non rispetta già ora gli obiettivi comunitari di qualità delle acque, se verrà sottratta altra acqua da questo fiume che presenta gravi criticità anche per il trasporto dei sedimenti.
Altro punto che il progetto non chiarisce nei dettagli è quello relativo all'agricoltura e ai suoi bisogni.
Nel progetto non vengono portati dati chiari circa: le quantità di acqua usate attualmente; le quantità che si potrebbero recuperare con un uso più corretto della risorsa e con la diffusione di buone pratiche colturali e con l'uso di varietà e colture meno idroesigenti; la possibilità di attivare sistemi di organizzazione più moderna dei turni di irrigazione, anche mediante sistemi di allerta collegati all'evoluzione meteo (come si fa da tempo in Emilia Romagna, ad esempio) ecc.. Insomma, mancano sia un'approfondita analisi agronomica (tipologia di colture; impatto sulla produzione ecc.) sia un chiaro bilancio idrico relativo all'uso della risorsa in agricoltura.
Dichiara Augusto De Sanctis, referente acque del WWF Abruzzo: “Il progetto rientra in un piano di 100 opere del valore stimato in 590 milioni di euro che il Commissario ha redatto senza alcuna discussione con la società. In particolare il WWF critica alla radice questo intervento perchè a L'Aquila, come nel resto d'Abruzzo, l'acqua di buona qualità già disponibile è di gran lunga sufficiente per soddisfare i bisogni, solo che la metà si perde in rete e altra la sprechiamo in usi scorretti. Invece di attivare la modernizzazione delle reti di traporto e distribuzione colabrodo e di attivare comportamenti responsabili, si butta, è il caso di dirlo, più acqua in un sistema scandalosamente inefficiente. Si vuole usare il bazooka per cacciare una mosca. Come al solito, poi, gli interventi capillari di risparmio, che si dimostrano più efficaci, ma che sono meno costosi, vengono rinviati a data da destinarsi, preferendo usare grandi quantità di cemento e di fondi pubblici. Un aspetto che dovrebbe far riflettere è, poi, quello della comunicazione e partecipazione delle comunità interessate, quella aquilana in primis e poi quella teramana. Si tratta del più grande e costoso intervento nel settore idrico per l'intero Abruzzo e, in un momento così difficile sia per le finanze pubbliche sia per il territorio aquilano, è necessario garantire un'ampia e trasparente comunicazione e la massima partecipazione delle comunità su scelte onerose sotto tutti i punti di vista”.