31.7.20

Appello per la tutela del Parco regionale Sirente-Velino


“È inaccettabile che in questo momento storico, in cui la riflessione sul concetto di ecologia globale è alla base del necessario e urgente ripensamento antropico e geopolitico mondiale, la Regione Abruzzo voglia ridurre il Parco regionale Sirente Velino. Un Parco che … costituisce un motivo di interesse naturalistico e una prestigiosa e multiforme opportunità sul piano della valorizzazione turistico-ambientale. Un territorio di fondamentale importanza per la biodiversità italiana dove vivono animali come il Lupo, l’Orso marsicano, il Cervo, il Camoscio d’Abruzzo, l’Aquila reale, l’Avvoltoio grifone, la Coturnice e tanti altri”.
Così si apre l’appello che cinquanta autorevoli personalità del mondo della scienza e della cultura hanno indirizzato al Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio per scongiurare il taglio del Parco Sirente Velino: dopo la prima di Fulco Pratesi, fondatore e presidente onorario del WWF Italia, seguono le firme di chi si occupa dello studio di specie e habitat, anche di quelli abruzzesi, come i professori Sandro Pignatti e Sandro Lavori, di chi ha raccontato l’Abruzzo o da questa regione ha tratto ispirazione per le proprie opere come Dacia Maraini e Donatella Di Pietrantonio, e ancora di professori e rettori universitari, giornalisti e i presidenti delle aree protette nazionali presenti in Abruzzo. Tutti uniti contro l’ipotesi di tagliare oltre 8.000 dei 54.000 ettari dell’unico parco regionale, tassello fondamentale della tutela della natura appenninica. Una proposta avanzata dalla Giunta regionale che dovrebbe arrivare in consiglio a breve e che, come ha ben descritto Serena Giannico sul Manifesto di giovedì scorso, sta sollevando una forte resistenza da parte delle associazioni ambientaliste, che hanno già raccolto quasi 85.000 firme in una petizione on-line, e di un comitato di cittadini che venerdì scorso ha organizzato un primo, partecipato sit-in di protesta davanti alla sede del Parco a Rocca di Mezzo (AQ).
Il metodo seguito è ben collaudato: in questi anni il Parco è stato abbandonato dalla politica regionale che ha già tagliato il suo perimetro, lo ha lasciato con pochi fondi e senza guida commissariandolo dal 2015. Ciò ha provocato il malcontento anche tra chi aveva visto nell’area protetta un’occasione per contrastare il drammatico spopolamento di queste montagne. Malcontento che viene ora cavalcato dalla lobby dei cacciatori desiderosa di vedere aumentati i territori di caccia. Ogni scusa è buona per dare la colpa al Parco: i danni dei cinghiali (che guarda caso sono stati immessi nel passato a scopo venatorio), i ritardi della ricostruzione post terremoti, la mancanza di servizi essenziali nei paesi… 
Di fronte ai propri fallimenti, gli amministratori scelgono di non governare, ma di individuare un capro espiatorio nell’area naturale protetta, che nella maggior parte dei casi non ha alcuna competenza per affrontare questi problemi e che comunque gli stessi amministratori hanno lasciato senza guida e senza fondi. E se oggi è la Lega a tagliare, in passato è stato il PD: un gran lavoro di forbici di destra e di sinistra, per quanto questa distinzione assuma ormai una scarsa rilevanza visti i continui cambi di casacca.
Un parco frammentato è un parco debole sul cui territorio potranno riprendere forza anche i progetti più devastanti. “Il Parco Sirente Velino subisce molte altre minacce”, sottolinea Filomena Ricci, delegata del WWF Abruzzo. “La Regione ha già autorizzato la costruzione di 7 nuove piste da sci all’interno del suo territorio dove è presente anche una Zona di Protezione Speciale dell’Unione Europea. I nuovi impianti danneggeranno la copertura erbosa costituita da elementi vegetali protetti e di pregio e metteranno in pericolo specie faunistiche tutelate. Ma il vero nodo è la scelta politica alla base del progetto: si continuano a spendere soldi pubblici per opere che non porteranno reali benefici alle comunità in un territorio che nei prossimi anni sarà sempre meno innevato a causa dei cambiamenti climatici in atto. Il tutto in nome di una visione antica e superata dello sviluppo della montagna”.
Non è un caso che l’appello sottolinei il valore non solo conservazionistico dell’area protetta, ma anche culturale, storico ed economico: su queste montagne si combatte una battaglia tra un passato che ritorna e un futuro che non riesce ad arrivare. 

(articolo originariamente pubblicato il 30 luglio scorso sull'ExtraTerrerestre, supplemento ecologista che esce ogni giovedì con il Manifesto)