18.11.12

Un anno di Monti: la pagella in ambiente del WWF


Riduzioni dei fondi per le politiche ambientali, sottovalutazione di rischio idrogeologico e tutela dell’ambiente restano, dopo un anno alla guida del nostro Paese, il tallone d’Achille del Governo Monti che non esce con una “buona pagella” dal suo primo anno di Governo.
Lo confermano, tra l’altro, proprio alcune questioni cruciali in discussione in questi giorni: una legge ad hoc per un piano di adattamento ai cambiamenti climatici, annunciata dopo l’ennesima “emergenza maltempo” ed i tragici eventi provocati dalle alluvioni di questi giorni, e il dibattito sull’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) dell’Ilva di Taranto, una “ferita nel territorio” aperta da anni su cui si è iniziato a pensare di mettere la parola fine solo a seguito di un nuovo intervento della magistratura.
Tutela ambientale, dissesto idrogeologico, clima ed energia, inquinamento industriale, aree protette, biodiversità, agricoltura, paesaggio e territorio e consumo del suolo: sono le “materie” della “pagella” che il WWF Italia ha predisposto sulle politiche ambientali del Governo Monti, in occasione del suo “compleanno” del 16 novembre.
Tutela ambientale: bocciato. Minima la capacità di intervento in campo ambientale: i finanziamenti dedicati agli interventi per la tutela ambientale (difesa del mare, aree protette, ISPRA, convenzione internazionale sulle specie animali a rischio) sono stati nelle Manovre 2012 e 2013 poco più di 50 milioni di euro l’anno, tra lo 0,9% e lo 0,2% dell’ammontare complessivo degli stanziamenti inscritti nelle Leggi di Stabilità. Risultato: un Ministero dell’Ambiente ridotto al lumicino, che presenta nel 2013 un bilancio di 450 milioni di euro a fronte di 1,6 miliardi di euro nel 2008 e 1,2 miliardi nel 2009. Una sottovalutazione dell’attuale e permanente “emergenza dissesto idrogeologico”: la Legge di Stabilità 2013 ha stanziato, come unica cifra certa, 73 milioni di euro alla Protezione Civile, mentre si vagheggia di piani pluriennali di messa in sicurezza del territorio per 40 miliardi di euro, che a questo ritmo sarebbero realizzati in 54 anni.
Ben diverso l’ammontare delle risorse che vengono stanziate per “infrastrutture strategiche”, di elevatissimo impatto sul territorio e di aleatoria fattibilità economico-finanziaria, con 1,5 miliardi di euro nel 2012 e 2,7 miliardi di euro previsti nel 2013 (il 23% delle risorse complessive previste dalla Legge di Stabilità 2013, che mobilita 11,6 miliardi di euro). Decisamente da bocciare il passo indietro sul Ponte sullo Stretto di Messina: anziché cestinare definitivamente il progetto irrealizzabile da un punto di vista tecnico ed insostenibile da un punto di vista ambientale e finanziario, il Governo Monti, con il decreto legge n. 187/2012, in vigore dallo scorso 2 novembre, ha in effetti messo in stand-by, prevedendo di dilazionare per un periodo massimo di due anni le verifiche tecniche sul progetto definitivo e sulla sua fattibilità economico-finanziaria. Lo stesso decreto consentirebbe al CIPE di chiudere la vicenda in pochi mesi, una volta verificata la insostenibilità economico-finanziaria del ponte. Il Governo avrebbe un’ottima occasione di uscire dal gioco ambiguo di una dilazione tutta politica, “liberando” risorse per 8,5 miliardi di euro, più di mezzo punto di PIL, che potrebbero essere meglio impiegate per lo sviluppo del Sud.
Dissesto idrogeologico: insufficiente. La stima di 40 miliardi di euro fatta dal Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, per la messa in sicurezza del territorio, attualizzando quella di circa 35 miliardi di euro fatta dall’allora Ministro Matteoli, riguarda l’intero assetto idrogeologico nazionale. Dovendo stabilire delle priorità occorre innanzitutto stanziare subito i circa 10 miliardi di euro (1/4 della cifra citata da Clini) per realizzare i 4.454 interventi urgenti già definiti, considerando soprattutto che in Italia sui 5.581 comuni a rischio idrogeologico sono 1.173 i comuni “a rischio molto elevato” e 2.498 quelli “a rischio elevato”.
Ci sono poi una serie di “misure a costo zero” da attuare subito: vincoli di inedificabilità assoluta nelle pertinenze fluviali a rischio esondazione; la rimozione obbligatoria di tutti i manufatti realizzati nelle aree esondabili senza autorizzazione e senza il parere delle Autorità di Bacino (oggi Autorità di Distretto Idrico). Un ulteriore passo, più complesso, ma fondamentale, è quello del rafforzamento e ripristino di una rete naturale che possa servire ad individuare “aree cuscinetto” (anche da destinarsi all’agricoltura), in grado di permettere un’espansione controllata dei corsi d’acqua in caso di piena. Questa definizione dovrà avvenire applicando la Strategia Nazionale sulla Biodiversità che purtroppo, pur essendo approvata da un paio d’anni, non è ancora decollata.
Clima ed energia: alti e bassi. Il Governo Monti sulle tematiche Clima ed Energia ha dato segnali contrastanti: occorre rilevare che, nell’Unione Europea, il nostro Governo ha finalmente, in parte, allineato le proprie posizioni a quelle degli altri grandi stati europei, riconoscendo l’emergenza climatica, ma questo non ha ancora prodotto chiare prese di posizione, per esempio, di supporto all’aumento del target di taglio delle emissioni al 2020 (l’attuale obiettivo, -20% rispetto al 1990, è sottostimato dal momento che verrà raggiunto entro massimo due anni, non fornendo quindi il necessario stimolo al cambiamento e all’innovazione). Germania, Francia e Gran Bretagna, invece, si sono espresse a favore di un innalzamento di tale target al -30%. Inoltre, il Governo ha portato all’esaurimento gli incentivi al fotovoltaico, non procedendo a una seria revisione del conto energia che modulasse il sostegno economico sull’esigenza di mantenere una forte spinta al settore; va riconosciuto come positiva, invece, l’approvazione di un conto energia di incentivazione delle fonti rinnovabili termiche.
Positivo che si sia definita una bozza di Strategia Energetica Nazionale, più volte annunciata, ma mai stilata dai precedenti Governi: il testo, però, si limita a mettere insieme obiettivi eterogenei in un arco di tempo limitato (8 anni), non operando una seria scelta a favore delle rinnovabili, non definendo un percorso di chiusura delle centrali più inquinanti (già oggi la capacità di produzione elettrica è enormemente sovrastimata rispetto alla domanda effettiva), non definendo strumenti seri per dar corpo alla riduzione dei consumi e all’efficienza energetica, affermando che l’Italia deve diventare un hub del gas senza una seria analisi della effettiva necessità e compatibilità ambientale di tale scelta, rilanciando la ricerca di idrocarburi nel territorio nazionale laddove tali (eventuali) riserve sono ben poca cosa rispetto alla domanda.
Inquinamento industriale: bocciato. Il Governo Monti sui siti industriali, con una riforma delle norme, ha fatto passare come “bonifica” quella che in realtà è una semplice “messa in sicurezza operativa”: inizialmente prevista solo per quelle aree industriali ancora attive, la messa in sicurezza prevista è stata estesa anche per i siti abbandonati come ad esempio alcuni aree del sito industriale di Porto Marghera, di Bagnoli e di Crotone. Questa riforma è un vero e proprio “condono” poiché consente di poter rinviare la vera propria bonifica e quindi il risanamento ambientale e sanitario a tempo indeterminato. Sul caso Ilva, in particolare, il Governo non deve cedere ai ricatti dell’azienda: su tutta la vicenda il Governo Monti è sembrato titubante e ancora oggi non ha preso decisioni determinanti per la tutela della salute pubblica e dell’ambiente. In particolare il WWF Italia evidenzia come l’accordo di programma promosso dal Governo a luglio si è rivelato un atto senza impegni concreti poiché non ha aggiunto nulla di nuovo rispetto alle misure precedentemente introdotte. Ingiustificabile ed imperdonabile è stata la sottovalutazione dei dati scientifici che hanno documentato i danni sulla salute nelle aree più colpite dall’inquinamento dell’ILVA prodotte nell’ambito del progetto di ricerca Sentieri dall’Istituto Superiore di Sanità.
Aree protette: luci e ombre. Nel concreto del governo quotidiano delle aree naturali protette non sono mancate luci ed ombre. Nominati complessivamente i Presidenti di 8 Parchi Nazionali (Gargano, Alta Murgia, Val d’Agri Appennino Lucano, Maiella, Appennino Tosco Emiliano, Cinque Terre, Arcipelago Toscano, Pollino) evitando i lunghi commissariamenti del passato. Insolute le nomine di altri Parchi importanti come il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Circeo, Sibillini e Foreste Casentinesi per la mancanza dell’intesa con le Regioni competenti (per i primi due Parchi il Ministero ha provveduto alla nomina dei commissari nelle persone dei presidenti uscenti). Ancora senza soluzione il rinnovo dei Consigli direttivi di alcuni Parchi (il Gran Sasso Monti della Laga attende ormai da 6 anni il rinnovo del suo principale organo di gestione).
È rimasta una costante la logica dei tagli delle risorse finanziarie per gli investimenti e del personale (nell’ambito delle manovre generali per il contenimento della spesa pubblica) che solo in parte hanno tenuto conto dei tagli precedenti ai capitoli di bilancio del Ministero dell’Ambiente. Lodevole il tentativo del Ministero dell’Ambiente di ridurre al minimo i danni dell’applicazione del taglio del 10% del personale degli Enti Parco previsto dalla spending review, ma resta grande incertezza per le decisioni finali che competono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Confermata la copertura per le spese obbligatorie per la gestione dei Parchi nazionali mentre è ulteriormente peggiorata la situazione della gestione delle aree protette marine. È stata avviata, per la prima volta, una analisi della contabilità ambientale dei Parchi Nazionali che dovrebbe evidenziare l’entità e funzionalità del patrimonio naturale conservato dal nostro sistema di aree protette nazionali.
Biodiversità: risultato mediocre. È stata avviata l’attuazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità attraverso le riunioni del Comitato paritetico ed dell’Osservatorio nazionale biodiversità e la prima riunione del tavolo di consultazione delle Associazioni ed attori sociali ed economici. Mentre resta senza soluzione la definizione di un piano di azione che identifichi priorità e responsabilità dei diversi soggetti istituzionali nell’implementazione della Strategia Nazionale, la Direzione Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente ha attivato una relazione con altri Ministeri che ha prodotto due importanti risultati: la redazione del documento sulla stima delle risorse impegnate dal nostro Paese per la conservazione della Biodiversità richiesto dal Segretariato della CBD e presentato in occasione della COP 11 dell’ottobre 2012 in India, e la presentazione di un progetto LIFE per la definizione dei PAF (strumento di Programmazione dei fondi comunitari 2014 – 2020 per la gestione di Natura 2000). L’importanza di queste due iniziative è il tentativo di introdurre il tema della conservazione della biodiversità nei diversi settori, come previsto dall’art.6 della CBD e dalla stessa Strategia Nazionale, attraverso un attivo coinvolgimento di altri Ministeri (Agricoltura, Sviluppo Economico, Esteri, Lavoro) e delle Regioni.
Agricoltura: rasenta la sufficienza. L’impegno più importante assunto dal Ministro delle Politiche Agricole, Catania, è stata la gestione del negoziato europeo sulla riforma della Politica Agricola Comune (PAC), il principale strumento economico finanziario per l’agricoltura italiana. Il nodo principale resta l’attribuzione delle risorse nel bilancio dell’Unione Europea (previsto al 2020 un taglio del 12% delle risorse per l’agricoltura) e la ridistribuzione delle risorse tra i 27 Paesi membri che vedrebbe nella proposta della Commissione Europea maggiormente penalizzata l’Italia con un taglio del 18% dei finanziamenti. Il Ministro Catania è un tecnico competente che ha sempre gestito i negoziati sulla PAC ed ha risolto il grave problema della sostanziale assenza dell’Italia al tavolo del negoziato europeo. In questo anno di Governo Monti sono stati presentati alcuni provvedimenti per la semplificazione delle procedure burocratiche che gravano sulle aziende agricole, con alcune criticità come la modifica della definizione di “bosco” prevista da uno dei Decreto Semplificazioni che ha introdotto anche la possibilità di compromettere risultati importanti nel miglioramento degli agroecosistemi ottenuti con l’applicazione delle misure agroambientali finanziate negli anni attraverso la PAC. Altro provvedimento proposto dal Governo, e migliorato dalla discussione parlamentare, è la vendita o l’affitto dei terreni agricoli di proprietà dello Stato da destinare prioritariamente alla nascita di nuove imprese agricole da parte dei giovani, un provvedimento rimasto ad oggi inapplicato per i tempi lunghi nella definizione degli strumenti attuativi.
Paesaggio e territorio: rimandato. Tra i provvedimenti solo annunciati, ma non ancora formalmente presentati dall’Esecutivo, si segnala che, nella prima bozza al disegno di legge Semplificazioni, il Governo ha previsto due interventi in materia di autorizzazione paesaggistica: il primo sull’eliminazione del silenzio-rifiuto per le autorizzazioni ambientali, paesaggistiche e culturali; il secondo sull’iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Eliminata, invece, l’attuale previsione che attribuisce un automatico valore di assenso al mancato rilascio del parere obbligatorio da parte del sovrintendente. La nuova norma, se confermata, ridurrebbe i termini per il rilascio del parere dagli attuali 90 giorni a 45.
Consumo del suolo: promosso. Si valuta positivamente il “Disegno di legge quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo di suolo” proposto dal Ministro delle Politiche Agricole e che lo scorso 30 ottobre ha ricevuto il parere favorevole da parte della Conferenza Unificata. Il ddl appare pienamente condivisibile nei suoi punti essenziali: 1. la fissazione di un tetto alla “estensione” massima di superficie agricola edificabile; 2. esclusione della utilizzabilità da parte dei Comuni degli oneri di urbanizzazione per il finanziamento della spesa corrente; 3. il vincolo decennale di destinazione d’uso peri terreni agricoli che abbiano ricevuto aiuti di Stato o comunitari. Un segnale positivo è anche il parere negativo al disegno di legge (AS 3134), presentato dal Senatore Palma e altri, per la riapertura dei termini del condono edilizio del 2003.